Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13109 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. I, 28/05/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 28/05/2010), n.13109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.N.D., elettivamente domiciliato in ROMA, via Verona 9,

presso l’avvocato Granozio Romano che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Stefano Arrigo di Treviso giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, via Pietro

Mascagni 7, presso l’avvocato Ferri Ferdinando che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Enrico Travaini di Treviso giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 285 della Corte d’Appello di Venezia del

16.2.2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11.5.2010 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato R. Granozio che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 15.9.2005 il Tribunale di Treviso dichiarò la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato da D.N. D. e A.M.R., disponendo l’assegnazione alla moglie della casa coniugale, la erogazione a carico del marito di contribuito per il mantenimento del figlio non autonomo pari ad Euro 400,00 mensili e la corresponsione di un assegno divorzile a favore della A. pari ad Euro 150 mensili.

La Corte di Appello di Venezia, adita con appello principale del D. N. (che deduceva la autonomia economica della A., la assenza di pregresse richieste di assegno e il beneficio rappresentato dalla assegnazione dell’immobile) e con impugnazione incidentale della A. (che invocava un congruo aumento dell’assegno), con sentenza 16.2.2006 ha respinto i gravami affermando, a sostegno della condivisa soluzione data dai primi giudici: che il D.N. aveva una pensione di circa Euro 2.000,00 mensili, che aveva percepito un consistente TFR, che riceveva reddito da investimenti immobiliari e mobiliari effettuati anche in virtù del lavoro della moglie ed ha di contro osservato che la A. era percettrice di un reddito pari ad Euro 1.000,00 mensili, che non percepiva entrate da immobili e che doveva ancora accudire alle esigenze dei figli maggiorenni.

Per la cassazione di tale sentenza il D.N. ha proposto ricorso il 26.9.2006 con quattro motivi al quale si è opposta la A. con controricorso del 9.11.2006.

Il ricorrente ha anche depositato memoria finale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato, posto che le argomentazioni in diritto e le valutazioni in fatto contenute nella sentenza impugnata resistono alle censure articolate nei quattro motivi, tutte ed esclusivamente appuntate sul capo della pronunzia confermativo della statuizione di determinazione a carico del D.N. di assegno divorzile dell’importo di Euro 150,00 mensili.

Con il primo motivo viene censurata la omessa valutazione del fatto che nulla agli atti emergeva in ordine al tenore di vita dei coniugi in costanza di matrimonio, tenore di vita che sarebbe stato onere della richiedente l’assegno dedurre e provare. La censura è priva di fondamento, posto che la Corte di merito per la individuazione del tenore di vita goduto in costanza di coniugio ha correttamente fatto capo ai dati certi costituiti dalle potenzialità economiche dei coniugi, espresse attraverso i rispettivi dati reddituali, desumendone la evidente inadeguatezza dei mezzi a disposizione della A.. La affermazione è in diritto conforme all’indirizzo di questa Corte (da ultimo Cass. n. 4764 e n. 15610 del 2007) ed è in fatto congruamente motivata.

Con il secondo motivo si censura per violazione di legge e carenza di motivazione da un canto l’apodittica affermazione della condizione di disagio e necessità di assistenza da parte della A. e, dall’altro canto, la apoditticità ed indimostratezza dei pretesi redditi immobiliari e mobiliari del D.N., tali affermazioni essendo fondate su dati frettolosamente affermati. Le sintetizzate censure sono inammissibili per la loro genericità e carenza di autosufficienza e per la loro prospettazione di critiche di mero fatto. Se, da un canto, non viene contestato l’ammontare del trattamento pensionistico in godimento del D.N. (circa Euro 2.000,00 netti mensili) e viene affermato che l’ammontare del TFR percepito è “inferiore” ai 100.000,00 Euro indicati dal giudice del merito, solo un generico diniego si frappone alla precisa affermazione (pag. 6 sentenza) della esistenza di suoi redditi da investimenti immobiliari e mobiliari. Di converso neanche vengono contestati i dati afferenti la modestia del reddito da lavoro della A. (Euro 1.000,00 mensili), insuscettibile di incremento stante la permanente cura dei figli conviventi incombente sulla donna (nata nel 1951). Nè tampoco le critiche si correlano al fatto che l’assegno ritenuto congruo allo svolgimento nel concreto della funzione assistenziale è stato determinato in soli Euro 150 al mese.

Con il terzo motivo si censura per erroneità l’affermazione di indisponibilità di redditi da immobili da parte della A., ella avendo la comproprietà di una consistente proprietà immobiliare suscettibile di produrre rilevanti redditi. Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza. Si lamenta infatti che la Corte di merito abbia liquidato con una affermazione di “non produttività reddituale” la richiesta di valutazione della comproprietà immobiliare in capo alla A.: ebbene si omette totalmente di indicare in quale atto del processo sia stato esattamente indicato detto immobile (descritto per ubicazione e natura ) e la sua condizione giuridica e se ne omette la descrizione anche solo in questa sede, risultando soltanto dalla impugnata sentenza che al proposito venne formulata una esplorativa richiesta di CTU. Pertanto alla sintetica formula della sentenza di aredditualità non corrisponde la necessaria specifica censura, idonea a rendere rilevante la omessa motivazione.

Con il quarto motivo si lamenta infine la violazione commessa respingendo immotivatamente la richiesta di CTU sulle proprietà immobiliari e sulle disponibilità bancarie della A.. La censura è priva di fondamento(dovendosi ritenere che la implicita decisione di rigetto del giudice del merito è affatto conforme all’indirizzo di questa Corte per il quale, in tema di determinazione dell’assegno di mantenimento, l’esercizio del potere di disporre indagini patrimoniali avvalendosi della polizia tributaria, costituente una deroga alle regole generali sull’onere della prova, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, sì che la omissione di motivazione sul diniego di esercizio del relativo potere non è censurabile in sede di legittimità, ove, come nella specie per implicito, tale diniego sia logicamente collegabile ad una valutazione sulla superfluità dell’iniziativa per ritenuta sufficienza dei dati istruttori acquisiti (in tal senso Cass. n. 16575 del 2008 e n. 10344 del 2005).

Le spese del giudizio si regolano secondo la soccombenza ed in relazione al valore della causa; si provvede ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente D.N.D. a corrispondere a A.M.R. per spese di giudizio la somma di Euro 800,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre a spese generali e ad accessori di legge. Dispone in caso di diffusione del provvedimento l’omissione, imposta dalla legge, delle generalità di D.N.D. e di A.M.R..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

 

 

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