Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13107 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. I, 28/05/2010, (ud. 05/05/2010, dep. 28/05/2010), n.13107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BANCA TOSCANA S.P.A. (p.i. (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS)), gia’

Nuova Banca Toscana spa, in persona dei Quadri Direttivi pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA

9/10, presso l’avvocato MANNOCCHI MASSIMO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato VETTORI n GIUSEPPE, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.B. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ORAZIO 12, presso l’avvocato TORTORICI

GIOVANNI, rappresentato e difeso dall’avvocato MANDARANO FRANCESCO,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

B.M.L.;

– intimato –

e sul ricorso n. 12345/2005 proposto da:

B.M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ALBERICO II 35, presso l’avvocato CELESTI VALERIO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ANTONIO FUSILLO, giusta procura

speciale per Notaio Dott. MARCELLO FOCOSI di FIRENZE Rep. n. 6.912

del 21.4.2010;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

BANCA TOSCANA S.P.A., gia’ Nuova Banca Toscana spa, in persona dei

Quadri Direttivi pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA 9/10, presso l’avvocato MANNOCCHI

MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VETTORI

GIUSEPPE, giusta procura in calce al controricorso al ricorso

incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 660/2004 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 07/05/2004;

preliminarmente l’Avv. FUSILLO ANTONIO deposita procura notarile Rep.

n. 6912 del 21.4.2010 per B.M.L.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2010 dal Consigliere Dott. RORDORF Renato;

uditi, per la ricorrente, gli Avvocati VETTORI e MANNOCCHI che hanno

chiesto l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso

incidentale;

uditi, per il controricorrente e ricorrente incidentale, gli Avvocati

CELESTI e FUSILLO ANTONIO che hanno chiesto il rigetto del ricorso

principale, accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per:

preliminarmente si voglia dichiarare l’inammissibilita’ della memoria

R. perche’ irrituale, nel merito che venga cassata la sentenza

impugnata, accolti i motivi da uno a cinque assorbiti i motivi da sei

a undici e rigetto del ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 21 novembre 1980 il presidente del Tribunale di Firenze, accogliendo un ricorso depositato il giorno prima dalla Banca Toscana s.p.a., emise un decreto ingiuntivo nei confronti del sig. B. M.L., cui ordino’ di pagare la somma di L. 4.759.665 (oltre agli accessori ed alle spese) avendo egli prestato fideiussione per i debiti bancari di una societa’ rimasta insolvente.

Il decreto ingiuntivo fu dichiarato provvisoriamente esecutivo, a norma dell’art. 642 c.p.c., e nei giorni immediatamente successivi la banca creditrice fece iscrivere ipoteche su alcuni beni immobili dell’ingiunto.

Quest’ultimo, dopo aver provveduto al pagamento della somma indicata nel decreto, propose tempestiva opposizione lamentando sia l’insussistenza dei requisiti per il ricorso alla procedura monitoria, sia il difetto delle condizioni necessarie alla concessione della provvisoria esecuzione del decreto, sia l’eccessivita’ delle eseguite iscrizioni ipotecarie. Chiese percio’ che la banca fosse condannata al risarcimento dei danni per responsabilita’ processuale aggravata.

Con sentenza emessa il 15 febbraio 2002 il tribunale revoco’ l’esecutivita’ del decreto ingiuntivo e condanno’ la Banca Toscana a risarcire i danni subiti dall’opponente in conseguenza delle anzidette iscrizioni ipotecarie; danni che liquido’ in Euro 516.456,90, con rivalutazione a far data dal 25 novembre 1980 ed interessi legali dal giorno della sentenza.

La Banca Toscana impugno’ la sentenza e, nel giudizio di secondo grado, intervenne anche il sig. B.B. lamentando di non essere stato chiamato a partecipare sin da principio alla causa, cui era interessato in quanto comproprietario dei beni ipotecati e compartecipe delle attivita’ imprenditoriali del sig. B. M.L..

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza resa pubblica il 7 maggio 2004, dopo aver dichiarato inammissibile l’intervento del sig. B.B., revoco’ il decreto ingiuntivo opposto dal sig. B.M.L. perche’ ritenne che non fosse dimostrata l’esigibilita’ del credito al momento della proposizione del ricorso monitorio, ne’ comunque il periculum in mora giustificativo della provvisoria esecutivita’. Essendo tuttavia incontestato, ed ormai gia’ pagato, il credito per il quale il decreto ingiuntivo era stato emesso, la Banca Toscana fu condannata, per questo primo titolo, a restituire solo i maggiori interessi e le spese della procedura ingiuntiva, pari a complessivi Euro 366,80. La medesima banca fu pero’ ritenuta anche responsabile, a norma dell’art. 96 c.p.c., comma 2 per aver posto in esecuzione il decreto iscrivendo ipoteche sui beni del debitore in misura sproporzionata all’entita’ del credito.

L’entita’ del danno subito dal sig. B. fu tuttavia valutata dalla corte territoriale in misura minore rispetto al primo grado, onde la condanna della Banca Toscana, per questo secondo titolo, fu ridotta ad Euro 280.952,55, con interessi e rivalutazione monetaria a partire dal 25 novembre 1980 ed ulteriori interessi legali sulla somma annualmente rivalutata. La banca fu infine condannata al pagamento in favore dell’appellato dei due terzi delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito, con compensazione del restante terzo, ed il sig. B.B. fu condannato al pagamento delle spese processuali in favore delle altre parti.

Per la cassazione di tale sentenza la Banca Toscana ha proposto ricorso, articolato in undici motivi.

Il sig. B.M.L. si e’ difeso con controricorso ed ha formulato un motivo di ricorso incidentale, al quale la Banca Toscana ha replicato depositando a propria volta un controricorso illustrato poi con memoria.

Altro separato controricorso e’ stato depositato dal sig. B. B., al quale il ricorso principale era stato notificato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi proposti avverso la medesima sentenza debbono preliminarmente esser riuniti, come dispone l’art. 335 c.p.c..

2. Ancora in via preliminare deve essere rilevata l’inammissibilita’ degli atti difensivi e della documentazione depositata nella cancelleria di questa corte direttamente dal sig. B.M. L. dopo la proposizione del ricorso e del controricorso. Non e’ infatti consentita, nel nostro ordinamento, la difesa personale della parte nel giudizio di legittimita’, ne’ comunque in tale giudizio e’ ammessa la produzione di documenti nuovi, al di fuori della specifica ipotesi contemplata dall’art. 372 c.p.c. che qui non ricorre.

3. Prima di entrare nel merito delle questioni dibattute nel ricorso principale ed in quello incidentale, occorre rilevare l’inammissibilita’ del ricorso proposto nei riguardi del sig. B.B.. L’intervento in causa da quest’ultimo spiegato e’ stato infatti dichiarato inammissibile dalla corte d’appello e tale statuizione non e’ investita da impugnazione alcuna, di talche’ lo stesso sig. B.B., essendo stato definitivamente estromesso dalla causa, non ha titolo per partecipare al presente giudizio di legittimita’.

Avendo egli, nondimeno, depositato un controricorso nel quale, lungi dal rilevare il proprio difetto di legittimazione, ha inteso prendere posizione sui temi oggetto di lite tra le altre parti, appare equo compensare nei suoi riguardi le spese processuali del giudizio di legittimita’.

4. I numerosi motivi del ricorso principale ed il ricorso incidentale pongono una serie di questioni che conviene esaminare in ordine logico, avendo riguardo al modo in cui la sentenza impugnata le ha decise.

4.1. La prima di tali questioni attiene alla sorte del decreto ingiuntivo opposto, sul quale il tribunale non si era espressamente pronunciato (limitandosi a revocarne l’esecutivita’) e che e’ stato poi invece revocato dalla corte d’appello sul presupposto della non esigibilita’ del credito, al momento della proposizione del ricorso monitorio (20 novembre 1980). In conseguenza di cio’, la stessa corte d’appello, dando atto che il credito era stato comunque estinto, poiche’ il debitore aveva provveduto al pagamento della somma ingiunta sin dal 3 dicembre 1980, ha condannato la banca a restituire le spese del procedimento monitorio e gli interessi decorsi tra la data dell’ingiunzione e quella del pagamento.

Tale statuizione e’ investita, sotto diversi profili, dal primo e dal terzo motivo del ricorso principale, con i quali la banca ricorrente, lamentando vizi di motivazione della sentenza impugnata e la violazione di molteplici articoli del codice civile e di procedura civile, per un verso nega che il credito azionato in via monitoria non fosse sin da principio esigibile e, per altro verso, contesta che la revoca del decreto ingiuntivo potesse implicare la condanna al pagamento delle relative spese processuali indipendentemente dall’esito del successivo giudizio vertente sull’esistenza del credito che aveva formato oggetto dell’ingiunzione.

4.1.1. E’ opportuno premettere che la pronuncia di revoca del decreto ingiuntivo all’esito del giudizio di opposizione non puo’ essere messa in discussione.

E’ infatti principio dei tutto consolidato quello per cui il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non e’ limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilita’ e validita’ del decreto, ma si estende anche all’accertamento dei fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto in contestazione, da valutare con riferimento alla situazione esistente al momento della sentenza. Ne consegue che la cessazione della materia del contendere, verificatasi successivamente alla notifica del decreto per avvenuto pagamento della somma ingiunta, travolge anche il medesimo decreto, il quale deve percio’ essere revocato senza che rilevi, in contrario, l’eventuale posteriorita’ dell’accertato fatto estintivo rispetto al momento di emissione dell’ingiunzione (cfr., ex multis, Cass. 13085 del 2008).

Nel presente caso la discussione investe pero’ non tanto la revoca del decreto, in se’ considerata, quanto piuttosto le sue cause e le sue conseguenze. E’ censurata, infatti, la statuizione con cui la corte territoriale, avendo escluso che il credito portato dall’ingiunzione fosse esigibile al momento del ricorso, ha negato il diritto della banca creditrice a trattenere gli interessi maturati dopo l’emissione dell’ingiunzione medesima e le spese del procedimento monitorio.

Tale decisione e’ stata motivata dalla corte fiorentina movendo dal presupposto che l’ingiunto era tenuto al pagamento di un debito altrui, in forza di fideiussione prestata in favore della banca, ma che, per espressa previsione del contratto, la fideiussione era azionabile solo a seguito di espressa messa in mora da parte del creditore. Non era stata pero’ raggiunta, secondo la medesima corte, la prova dell’avvenuta messa in mora in data anteriore al 20 novembre 1980, quando il decreto ingiuntivo era stato richiesto, giacche’ l’intimazione di pagamento era stata inviata all’ingiunto solo il 19 novembre 1980, ne’ poteva aversi riguardo a precedenti richieste di pagamento per singole frazioni di credito, non richiamate nel ricorso monitorio. In ogni caso – si osserva conclusivamente nell’impugnata sentenza mancava nel ricorso l’indicazione di elementi idonei a giustificare l’immediata esecutivita’ del decreto.

Senonche’, come correttamente fa rilevare la difesa di parte ricorrente, quest’ultima affermazione attiene alla diversa questione se il decreto ingiuntivo potesse o meno essere corredato dalla clausola di provvisoria esecuzione, ma non appare affatto pertinente rispetto al tema dell’esigibilita’ del credito e della conseguente sussistenza delle condizioni per l’emanazione del decreto ingiuntivo.

Tali condizioni – al pari di tutte quelle cui la legge subordina la possibilita’ di accoglimento di una pretesa giudiziale – non necessariamente debbono esser presenti sin dal momento della proposizione della domanda di parte, occorrendo solo che sussistano all’atto della pronuncia del giudice.

Ne consegue che l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui l’atto di messa in mora non era stato ricevuto dal fideiussore prima del 20 novembre 1980 non e’ idonea a fondare la conclusione dell’inesigibilita’ del credito alla data del 21 novembre 1980, quando il decreto ingiuntivo fu emesso.

Poiche’, dunque, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, le condizioni per l’emissione del decreto esistevano, al tempo della sua pronuncia da parte del giudice, la decisione della corte d’appello che ha condannato la banca a restituire gli interessi e le spese processuali inerenti alla fase monitoria deve essere cassata (restando in cio’ assorbito l’esame degli ulteriori profili di doglianza formulati a tale riguardo nei due riferiti motivi di ricorso) anche alla luce del principio, gia’ espresso in precedenti occasioni da questa corte, secondo cui, quando il debito si estingua per un adempimento successivo alla data di emissione del decreto ingiuntivo, anche se questo venga revocato, devono porsi a carico dell’ingiunto le spese del procedimento (cfr., tra le altre, Cass. n. 7526 del 2007).

4.2. La seconda questione da mettere a tema riguarda la possibilita’ di riconoscere una responsabilita’ processuale aggravata, a carico della banca ricorrente, per aver chiesto la provvisoria esecutivita’ del decreto ingiuntivo in difetto di reali esigenze cautelari che la giustificassero ed, una volta ottenutala, per aver iscritto ipoteche sui beni dell’ingiunto in misura esorbitante rispetto all’entita’ del credito ed all’effettiva necessita’ di garantirne l’adempimento.

L’impugnata sentenza ha ravvisato gli estremi di siffatta responsabilita’ aggravata facendo specificamente riferimento alla previsione del secondo comma dell’art. 96 c.p.c., e su questa statuizione si appuntano le critiche contenute nel secondo, quarto e quinto motivo del ricorso principale, con cui vengono nuovamente denunciati sia vizi di motivazione sia violazione di norme di diritto sostanziale e processuale.

4.2.1. A tal riguardo e’ anzitutto opportuno rilevare che, potendo la responsabilita’ aggravata di cui al citato art. 96 c.p.c., comma 2 esser configurata solo nel caso in cui il diritto per il quale si e’ proceduto sia risultato inesistente, il mero fatto che un decreto ingiuntivo sia stato eventualmente munito di clausola esecutiva senza che ricorressero adeguate esigenze di cautela non puo’ in alcun caso implicare una siffatta ipotesi di responsabilita’. Non e’ il preteso difetto del pericum in mora, ma solo l’inesistenza del diritto per il quale si e’ agito, che puo’ dar corpo all’ipotesi di responsabilita’ aggravata di cui alla norma in esame: ragion per la quale e’ affatto inutile, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo conclusosi con la conferma dell’esistenza del credito azionato in via monitoria, soffermarsi a discutere delle ragioni che avevano indotto a dichiarare il decreto provvisoriamente esecutivo ab initio ai sensi dell’art. 642 c.p.c..

Fermo quanto precede, resta pero’ da valutare se la suaccennata responsabilita’ processuale aggravata possa trovare fondamento nelle modalita’ esorbitanti con le quali si assume che il titolo esecutivo e’ stato adoperato nell’iscrivere ipoteche sui beni del debitore a garanzia di un credito d’importo assai inferiore a quello dei beni ipotecati.

A questo proposito il giudice d’appello ha supportato la propria decisione con il richiamo ad una non recentissima sentenza di questa corte – la sentenza n. 1037 del 1994 – nella quale fu affermato che la nozione d’inesistenza del diritto cui fa riferimento il citato art. 96 c.p.c., comma 2, e’ comprensiva anche della notevole sproporzione fra il quantum accertato e quello per cui sono state sollecitate misure cautelari, avuto riguardo alla differenza fra tali importi.

Tuttavia, va considerato che il caso esaminato dalla citata sentenza del 1994 si riferiva ad un’ipotesi di sequestro ante causam concesso in relazione ad un credito poi rivelatosi di importo minore di quello prospettato dalla parte, onde questa corte affermo’ che “l’accertamento di una diversa o minore entita’ del credito del sequestrante non afferisce soltanto ad una mera delimitazione quantitativa del relativo diritto – e cosi a procedere all’esecuzione cautelare – ma, investendo tale diritto, ne rivela sia pure “in parte qua” l’inesistenza, cioe’ la mancanza dello stesso diritto di credito sul quel denaro o sue quelle cose fungibili su cui si e’ preteso infondatamente di attuarne la tutela cautelare. Un’analoga affermazione non potrebbe invece esser fatta in un caso, come quello ora in esame, in cui e’ stata accertata l’esistenza integrale del credito per il quale si e’ proceduto: onde neppure e’ configurabile una soccombenza parziale del creditore, il quale non incontra alcun limite quantitativo nella sua possibilita’ d’iscrivere ipoteca sui beni costituenti il patrimonio del debitore, che risponde con tutti detti beni dell’adempimento delle sue obbligazioni (art. 2740 c.c.).

Proprio per tale ragione, del resto, in epoca piu’ recente questa stessa corte ha escluso che, nell’ipotesi di pignoramento eseguito in modo da sottoporvi beni di valore eccedente il credito per cui si procede, sia possibile ravvisare un caso di esercizio dell’azione esecutiva per un credito inesistente (Cass. n. 3952 del 2006), essendo il mezzo per dolersi di tale eccesso non gia’ una domanda da proporsi al giudice della cognizione bensi’ una domanda di riduzione da presentare al giudice dell’esecuzione (Cass. n. 10998 del 2003), ed ha ribadito che, quando non si sia in presenza dell’esercizio di azione esecutiva in assenza di credito, non risulta configurabile una responsabilita’ processuale aggravata per colpa, in base al secondo comma del citato art. 96 c.p.c. (Cass. 18533 del 2007), potendosi al piu’ discutere di responsabilita’ ai sensi del comma 1 di detto articolo dinanzi al giudice dell’esecuzione chiamato a provvedere sulla domanda di riduzione.

Alla stregua di tali principi, cui qui si intende dare continuita’ ed ai quali invece la corte territoriale non si e’ attenuta, l’impugnata sentenza deve essere cassata, restando assorbita ogni ulteriore doglianza, ivi comprese quelle espresse nel ricorso incidentale.

5. Non rendendosi necessari ulteriori accertamenti, la causa puo’ essere decisa gia’ in questa sede nel merito alla stregua dei principi di diritto sopra richiamati, con il rigetto delle domande proposte dal sig. B.M.L. e la sua condanna al pagamento delle spese processuali dei diversi gradi, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE 1) riunisce i ricorsi;

2) dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del sig. B.B.;

3) accoglie i primi cinque motivi del ricorso principale, con assorbimento degli altri motivi di detto ricorso, nonche’ del ricorso incidentale;

4) cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti;

5) decidendo nel merito, ferma la revoca del decreto ingiuntivo opposto per essere cessata la materia del contendere in ordine all’esistenza del credito oggetto dell’ingiunzione, rigetta ogni altra domanda dell’opponente sig. B.M.L.;

6) compensa le spese del giudizio di legittimita’ nei rapporti tra il sig. B.B. e le altre parti;

7) condanna il sig. B.M.L. al rimborso, in favore della Banca Toscana s.p.a, delle spese dei due gradi del giudizio di merito e del giudizio di legittimita’, che liquida (sempre con l’aggiunta delle spese generali e degli accessori di legge), quanto al primo grado in Euro 25.500,00 (di cui Euro 20.000,00 per onorari ed Euro 5.000,00 per diritti), quanto al secondo grado in Euro 30.700,00 (di cui Euro 25.000,00 per onorari ed Euro 5.200,00 per diritti) e quanto al giudizio di legittimita’ in Euro 15.200,00 (di cui 15.000,00 per onorari).

Cosi’ deciso in Roma, il 5 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

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