Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13106 del 24/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 24/06/2016, (ud. 26/02/2016, dep. 24/06/2016), n.13106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6927/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VTA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.D., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA

DELL’OROLOGIO 7, presso lo studio dell’avvocato PAOLA MORESCHINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato BRUNO RARBATO MASTRANDREA

giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 95/2008 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 02/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/02/2016 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

M.D. presentava, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, dichiarazione per la definizione degli anni pregressi dal 1997 al 2002, omettendo tuttavia di includere in detta dichiarazione l’imposta sostitutiva relativa all’anno 2000 e l’Ufficio, ritenendo invalida la suddetta dichiarazione, negava il richiesto condono.

L’impugnazione del diniego veniva accolta dalla C.T.P. di Bologna e la relativa decisione è stata confermata dalla C.T.R. dell’Emilia Romagna che, con la sentenza n. 95/03/08 impugnata in questa sede, ha respinto l’appello dell’Ufficio, in particolare evidenziando, per quanto ancora di rilievo, che: il principio della conservazione degli effetti giuridici degli atti, sancito dall’art. 1367 c.c., è applicabile anche al diritto tributario; la dichiarazione integrativa finalizzata al condono tombale è dichiarazione di volontà, sicchè da un errore materiale non può conseguire la nullità; la contribuente si era attivata versando l’imposta e presentando una integrazione al condono, pertanto nessun danno era stato arrecato all’Erario, risultando peraltro evidente l’involontarietà dell’errore materiale commesso nonchè l’intenzione della contribuente di chiedere la definizione automatica per tutti i periodi di imposta; la riapertura dei termini per l’adesione ai condoni, stabilita con D.L. n. 143 del 2003, permetteva comunque ai contribuenti di correggere eventuali errori commessi.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Con l’unico motivo di ricorso, deducendo violazione dell’art. 1367 c.c., L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 1, D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2, convertito in L. n. 212 del 2003, l’Agenzia ricorrente si duole del fatto che i giudici d’appello abbiano annullato il diniego di condono sulla base del principio di conservazione degli atti giuridici espressamente previsto solo per i negozi di diritto privato – nonchè sul rilievo che l’omissione poteva considerarsi errore scusabile – mentre, atteso il chiaro disposto dell’art. 9 citato, l’errore poteva essere evitato con la normale diligenza-, aggiungendo che l’omissione della contribuente non poteva ritenersi sanata D.L. n. 143 citato, ex art. 1, perchè, a fronte della riapertura dei termini di sanatoria, il contribuente non aveva presentato alcuna dichiarazione integrativa ma solo una mera istanza di autoliquidazione del maggior importo dovuto comunicata all’Ufficio nel luglio 2005.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi sulle questioni oggi in esame affemando che le “dichiarazioni integrative”, diversamente dalle ordinarie dichiarazioni fiscali, non hanno natura di mera dichiarazione di scienza e di giudizio ma integrano un vero e proprio atto volontario, frutto di libera scelta e autodeterminazione di ciascun contribuente, i cui effetti giuridici non sono però rimessi alla volontà negoziale del singolo ma sono già previsti dalla legge come conseguenza della perfetta osservanza delle specifiche norme che reggono ciascuna scelta. Nella specie il legislatore, al citato art. 9, prevede espressamente “a pena di nullità” l’operatività del condono solo nell’ipotesi in cui la dichiarazione indichi “tutti i periodi di imposta per i quali i termini per la presentazione delle relative dichiarazioni sono scaduti entro il 31 ottobre 2002” e venga richiesta “la definizione automatica per tutte le imposte di cui al comma 2, lett. a)”, configurando perciò chiaramente una ipotesi di nullità del condono l’omessa indicazione di un periodo di imposta e/o la mancata richiesta di definizione per una imposta, con conseguente irrilevanza di eventuali errori materiali in ipotesi dedotti (nella specie, in relazione alla omissione della indicazione dell’imposta sostitutiva per l’anno 2000 nel quadro “QC”), senza che peraltro possano rilevare, in senso contrario, nè il principio di conservazione degli effetti giuridici degli atti (a tacer d’altro perchè logicamente incompatibile con l’espressa previsione di nullità) nè l’affermata divergenza tra l’effettiva intenzione del contribuente e quanto oggettivamente risultante dalla dichiarazione, i cui effetti (come sopra precisato) sono determinati specificatamente dalla legge – che, ripetesi, prevede la condonabilità solo se nella dichiarazione si faccia riferimento a tutti i periodi di imposta e la richiesta riguardi tutte le imposte (sul punto cfr. in termini Cass. n. 10757 del 2014).

Quanto, infine, alla “sanatoria” prevista dal D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2, citata in sentenza, si tratta di previsione che consente non una “sanabilità” a 360 gradi senza limiti e termini, bensi solo la possibilità di provvedere agli adempimenti ed agli obblighi tributari di cui (per quanto nella specie rileva) alla L. n. 289 del 2002, art. 9, entro il termine del 16.10.2003 laddove nella sentenza si fa un generico accenno alla prevista sanabilità ed al pagamento da parte della contribuente di quanto dovuto per imposta, sanzioni e interessi, ma non si precisa se la contribuente abbia effettivamente provveduto alla integrazione sia dei pagamenti che della dichiarazione e lo abbia fatto nel termine previsto, circostanza peraltro contestata dalla attuale ricorrente, secondo la quale la contribuente non aveva presentato alcuna dichiarazione integrativa ma solo una istanza di autoliquidazione di maggior importo, peraltro comunicata all’Ufficio solo il 30.07.2005.

Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito col rigetto del ricorso introduttivo.

Considerato che la giurisprudenza sopra richiamata è successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, si ritiene di compensare tra le parti le spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Compensate spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2016

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