Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13105 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13105 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 4081-2013 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580 in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende, ope legis;
– ricorrente contro
BRIGNONE SANDRA, DE ANGELIS CHIARA, VACCHINA
SILVIA, ALBERTO MARINA, SEIMANDI FABIO, VENERE
GIORGIO, COMETTO FRANCESCO, FORIN MARCO,

92isei
13

Data pubblicazione: 10/06/2014

GIACOS_A GRAZIELLA, VACCHINA FRANCO, elettivamente
domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL POPOL0,18, presso lo studio
dell’avvocato FRISANI PIETRO L., che li rappresenta e difende,
giuste procure speciali in calce al controricorso;

avverso il decreto nel procedimento R.G. 729/2012 della CORTE
D’APPELLO di MILANO del 25.10.2012, depositato il 31/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN
GIORGIO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che ha concluso per il rigetto del ricorso,
disapplicando l’art. 54 del D.L. 112/2008 convertito con L. 133/2008
e successive modifiche (S.U. sent. 25807/2005); in subordine, previa
delibazione della non manifesta infondatezza e della rilevanza della
questione, sospensione del giudizio e trasmissione degli atti alla Corte
Costituzionale, perché esamini la compatibilità della citata disposizione
con gli artt. 111, 2° e 117 Cost., nonché 6 e 13 CEDU.

Ric. 2013 n. 04081 sez. M2 – ud. 26-11-2013
-2-

– controricorrenti –

R.g. 4081/2013
Rilevato in fatto
1. – Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ricorre sulla base di un unico motivo per
la cassazione del decreto della Corte d’appello di Milano, depositato in data 31 ottobre o
2012, con il quale è stato condannato al pagamento dell’importo di euro 1350,00 a
favore di ciascuno dei ricorrenti Marina Alberto, Sandra Brignone, Francesco Cometto,

Vacchina, e Giorgio Venere, a titolo di equa riparazione per la irragionevole durata del
procedimento introdotto dagli stessi con ricorso depositato 1’8 febbraio 2002 innanzi al
TAR Piemonte, in materia di variante urbanistica, e deciso, in assenza di istanze di
prelievo, con decreto del 10 aprile 2012, dichiarativo della perenzione del medesimo
ricorso.
2. – Resiste con controricorso il Lonero.
Considerato in diritto
1. – Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.
2. — Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 54,
comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., nella legge n. 133 del 2008.
Secondo l’Amministrazione ricorrente avrebbe errato la Corte ambrosiana nell’accogliere
il ricorso, ignorando la richiamata disposizione, che prevede la improponibilità della
domanda ex legge n. 89 del 2001 ove gli istanti non abbiano proposto istanza di prelievo
nel procedimento presupposto. Tale disposizione, che non trova applicazione con
riguardo ai giudizi amministrativi definiti prima della sua entrata in vigore (25 giugno
2008), si applicherebbe, invece, con riferimento ai giudizi ancora pendenti a tale data,
come quello di cui si tratta.
3. – La censura coglie nel segno.
La tesi del ricorrente trova, in effetti, conferma nella nuova formulazione dell’art. 54,
comma 2, del D.L. n. 112 del 2008, risultante dall’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4 al
D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44 recante
delega al Governo per il riordino del processo amministrativo) – in vigore dal 16
settembre 2010 -, il quale ha stabilito che, al D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, le
1

Chiara De Angelis, Marco Fiorin, Graziella Giacosa, Fabio Seimandi, Franco e Silvia

parole sono
sostituite dalle seguenti: .
Il nuovo testo dell’art. 54, prevede, dunque, che .
Pertanto, con riferimento alle istanze di equa riparazione per processi amministrativi
pendenti alla data del 16 settembre 2010, il nuovo testo del D.L. n. 112 del 2008, art. 54,
comma 2, condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo, anche per il periodo
anteriore, alla presentazione, nell’ambito del giudizio presupposto, dell’istanza di
prelievo.
In sostanza – per effetto del nuovo testo del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2,
conseguente alle modifiche apportate dal decreto legislativo recante l’approvazione del
codice del processo amministrativo, in vigore dal 16 settembre 2010 – per i processi —
come quello di cui si tratta nella specie – pendenti, a quella data, davanti al giudice
amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione del diritto alla ragionevole
durata, la domanda di equa riparazione, ai sensi della L. n. 89 del 2001, non è proponibile
se, nel giudizio presupposto, non sia stata presentata l’istanza di prelievo, senza che sia
possibile operare una distinzione tra porzioni di durata dell’unico processo
amministrativo in ragione del momento di entrata in vigore del testo originario del citato
art. 54 o delle sue modifiche (v., in tal senso, Cass., Sez. 6-2, 15 febbraio 2013, n. 3740).
3.4. — Manifestamente infondata risulta la questione di legittimità costituzionale,
sollevata in udienza dal P.G., della norma richiamata, per asserito vulnus all’art. 117 della
Costituzione in relazione all’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il criterio adottato dal legislatore italiano – vincolante per il giudice nazionale — con
riferimento alla improponibilità della domanda di equa riparazione da irragionevole
durata del processo amministrativo in caso di mancata presentazione, in tale processo,
della istanza di prelievo, istituto tipico del sistema processuale amministrativo italiano,
2

presentata l’istanza di prelievo di cui all’art. 81, comma 2, del codice del processo

non tocca la complessiva attitudine della citata legge n. 89 del 2001 ad assicurare
l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo
e, dunque, non autorizza dubbi sulla sua compatibilità con gli impegni internazionale
assunti dalla Repubblica italiana mediante la ratifica della Convenzione europea e con il
pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, paragrafo
1, della Convenzione medesima (art. 111, secondo comma, Cost., nel testo fissato dalla

Detta istanza, in effetti, manifesta l’interesse della parte ad una rapida definizione della
domanda di giustizia e la norma in questione non determina perciò lesione alcuna del
principio del giusto processo (v. Cass., Sez. 2, sent. n. 26262 del 2013).
4. — In definitiva, deve essere accolto il ricorso, e, conseguentemente, il decreto
impugnato deve essere cassato. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito con il rigetto, per improponibilità, della domanda di
equa riparazione.
La novità, all’epoca della presentazione del ricorso innanzi alla Corte d’appello di
Genova e di quello innanzi a questa Corte, del principio di diritto qui affermato giustifica
l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio, di merito e di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, rigetta la
domanda. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio, di merito
e di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta — II Sezione civile della Corte
Suprema di Cassazione, il 26 novembre 2013.

legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2).

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