Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13103 del 15/06/2011

Cassazione civile sez. II, 15/06/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 15/06/2011), n.13103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26267/2005 proposto da:

S.M.G. C.F. (OMISSIS), S.

M.P. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato GUCCIONE Rosario;

– ricorrenti –

contro

COM SUTERA;

– intimato –

sul ricorso 30028/2005 proposto da:

S.M.G., S.M.P., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato GUCCIONE ROSARIO;

– ricorrenti –

contro

COM SUTERA;

– intimato –

sul ricorso 32156/2005 proposto da:

COM SUTERA P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL SINDACO E LEGALE

RAPPRESENTANTE PRO TEMPORE DOTT. D.F.C.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MORDINI 14, presso lo studio

dell’avvocato BELARDINI STEFANO, rappresentato e difeso dall’avvocato

LIMUTI OSVALDO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.M.G., S.M.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 85/2004 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 21/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

06/04/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale con rinvio, assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il comune di Sutera proponeva opposizione al Decreto ing. n. 5/1997 con il quale il tribunale di Caltanisetta aveva ad esso ingiunto, in favore dei ricorrenti ingegneri S.M.P. e S.G.M., il pagamento di una somma dovuta in forza dell’incarico loro affidato per la progettazione di lavori da eseguirsi nella (OMISSIS) dello stesso comune di Sutera. L’ente opponente eccepiva, in via preliminare, la prescrizione del credito ex art. 2956 c.c., ed in subordine deduceva di nulla dovere in forza della condizione inserita nel contratto di cui trattasi, per la quale, in caso di mancato finanziamento dell’opera – come nella fattispecie si era poi verificato – sarebbe scattata la rinunzia al compenso da parte degli stessi professionisti. Si costituivano questi ultimi resistendo all’avversaria domanda e l’adito tribunale di Caltanissetta con la sentenza n. 109/2002, rigettava l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo opposto e condannando il Comune al pagamento delle spese processuali.

Avverso la predetta sentenza formulava appello il comune di Sutera, riproponendo l’eccezione di prescrizione di cui all’art. 2956 c.c. e deducendo: l’inidoneità del parere di congruità dell’Ordine degli ingegneri ai fini del ricorso monitorio; che le somme richieste per onorario potevano essere pagate solo dopo l’approvazione del progetto, di fatto mai approvato, anche in relazione al fatto che lo stesso progetto non era esecutivo ed era stato infine tardivamente presentato. Si costituivano gli appellati chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

L’adita Corte d’Appello di Caltanissetta con la sentenza n. 85/04 depos. in data 21.9.2004 in accoglimento dell’impugnazione ed in riforma delle sentenza appellata, accoglieva l’opposizione al provvedimento monitorio in questione, compensando interamente le spese dei doppio grado. La corte territoriale dopo avere dichiarato inammissibili, siccome nuovi, alcuni dei motivi d’impugnazione proposti dal Comune a sostegno del gravame e ritenuto infondato il motivo concernente la prescrizione presuntiva del diritto conteso, accoglieva l’appello per un motivo diverso, non proposto dalla parte e cioè per la nullità – rilevabile d’ufficio – della delibera d’incarico della progettazione per violazione della norma imperativa di cui al R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 284. Invero la delibera in questione non aveva previsto nè l’esatto ammontare del compenso professionale, nè aveva indicato i mezzi economici per farvi fronte, per cui andava dichiarato nullo anche il contratto stipulato con i professionisti in questione, dovendosi ritenere privo di uno dei requisiti essenziali ex art. 1325 c.c..

Avverso la predetta sentenze gli ingegneri S.M.P. e S.G.M. propongono ricorso per cassazione fondato su 2 mezzi, illustrati da successiva memoria ex art. 378 c.p.c.; l’amministrazione intimata resiste con controricorso e formula ricorso incidentale basato su 3 censure.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c., riguardando gli stessi la medesima sentenza.

Passando all’esame del ricorso principale, con il 1^ motivo gli esponenti denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 342 c.p.c.. Deducono che la corte d’appello non poteva rilevare d’ufficio la nuilità della delibera d’incarico e quindi del contratto del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, ex art. 284, perchè si era formato un giudicato interno in punto validità del contratto, che copriva ogni altra questione anche quelle rilevabili d’ufficio;

rimaneva quindi fissato il dictum del tribunale che in sostanza aveva ritenuto valido il contratto rigettando l’opposizione e confermando il provvedimento monitorio opposto.

La doglianza è fondata.

Non v’è dubbio che nella fattispecie si è verificato il giudicato interno per quanto concerne la validità del contratto di cui trattasi. Invero il comune nell’atto di opposizione al provvedimento monitorio, non ha eccepito l’esistenza o la regolarità de contratto, ma solo la prescrizione del credito ed il mancato avveramento della condizione del finanziamento ed il primo giudice (tribunale) aveva rigettato l’opposizione riconoscendo infondate proprio le predette censure. Il tribunale, quindi, nel ritenere esplicitamente valido il contratto d’opera ha risolto implicitamente, per così dire, la questione della norma imperativa che la Corte d’Appello ha ritenuto violata. E’ pacifico al riguardo che la sentenza è stata impugnata dal comune per ragioni non attinenti alla validità del rapporto contrattuale, comunque diverse dall’unico motivo che sarà sollevato d’ufficio dalla corte siciliana, così palesando sul punto una tacita accettazione ed acquiescenza alla sentenza del tribunale. Tutto ciò comporta che non poteva sollevarsi d’ufficio la questione de qua proprio perchè il giudicato copre il dedotto ed il deducibile. Tale conclusione è conforme alla giurisprudenza costante di questa Corte, secondo cui il giudice d’appello non può rilevare d’ufficio la nullità in esame in quanto così facendo violerebbe l’art. 112 c.p.c.: “Infatti il principio della rilevabilità d’ufficio del contratto o di una sua clausola va sempre coordinato con le regole fondamentali del processo, tra cui quello del giudicato interno, per cui il predetto principio non può essere applicato quando vi sia stata pronuncia di primo grado non impugnata sulla sussistenza della nullità” (Cass. N. 18540 del 20.8.2009; Cass. N. 23674 15.9.2008;

Cass. N. 22107 del 23.11.04; Cass. 13438/02; Cass. 6050/95.). In conclusione il motivo è fondato ed il suo accoglimento comporta l’assorbimento del 2^ motivo (violazione e falsa applicazione del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 284 e dell’art. 1358 c.c., nonchè difetto di motivazione che attiene alla problematica del c.d.

contratto sottoposto a condizione potestativa mista ed al comportamento in buona fede dell’ente locale contraente in pendenza della condizione).

Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo il Comune di Sutera denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., nonchè la motivazione insufficiente; deduce che i motivi d’appello non potevano ritenersi domande nuove in quanto già proposte in precedenza. La Corte aveva infatti affermato che erano domande nuove quelle relative al parere di congruità espresso dall’Ordine degli ingegneri di Caltanissetta sulla parcella, la domanda d’inesigibilità del credito per mancata formale approvazione del progetto e l’eccepita tardività di consegna dello stesso oltre ai termini di cui all’art. 4 dei disciplinare d’incarico. Secondo l’esponente invece “.., tale situazione non risulta assolutamente rispondente agli atti ed al vero, essendo a tal fine sufficiente visionare l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, per avere scienza e coscienza delle richieste formulate ab origine dal comune”. Aggiunge ancora li ricorrente che “…nell’atto di citazione in opposizione e nei con seguenti scritti difensivi, diffusamente motivati nella comparsa conclusionale, veniva rilevata ed eccepita…la mancanza di formale approvazione de progetto…”.

La doglianza è inammissibile, non essendo conforme ai requisito di autosufficienza del ricorso per cassazione, trattandosi in buona sostanza di un mero rinvio “per relationem” agli atti della fase di merito, come tale non consentito nel giudizio di legittimità (Cass. n. 6361 del 19.3.2007). A questo riguardo – ed in conformità con l’indirizzo giurisprudenziale di questa S.C. – non può ritenersi sufficiente il mero richiamo alla citazione o ad altri atti difensivi (peraltro non meglio indicati) essendo invece necessario riportare il preciso contenuto di tali atti nel punto in cui le predette domande sarebbero state formulate, indicando le espressioni con cui le stesse sono state proposte (Cass. n. 10605 del 30/04/2010). Hanno infatti puntualizzato a questo riguardo le S.U., con riferimento al vizio di omessa pronuncia, che le domande o eccezioni che si assumono pretermesse, devono essere “riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività” (Cass. Sez. U, n. 15781 de 28/07/2005).

Con il 2^ motivo l’esponente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 232 c.p.c., deducendo la mancata valutazione da parte del giudice del rifiuto degli ingegneri di rendere l’interrogatorio formale, per cui i fatti con esso dedotti avrebbero dovuto ritenersi per ammessi.

La doglianza non ha pregio attesa la sua genericità in contrasto con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stato trascritto il contenuto dell’interrogatorio formale ritualmente deferito. Si tratta comunque in definitiva di una censura che attiene nella sostanza alla valutazione delle prove, come tale non consentita in questa sede di legittimità, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito ritenere per ammessi, ai sensi dell’art. 232 c.p.c., i fatti dedotti nell’interrogatorio formale valutato ogni altro elemento di prova.

Infine con il 3^ motivo l’esponente denunzia la violazione e falsa applicazione artt. 163 e 342 c.p.c., deducendo la questione dell’inidoneità del parere di congruità dell’Ordine professionale sulla parcella posta a base del decreto ing.. Tale doglianza è inammissibile riferendosi ad una domanda ritenuta nuova dalla Corte siciliana, richiamandosi a riguardo le considerazioni svolte sub il motivo n. 1 del ricorso incidentale.

Conclusivamente dev’essere accolto il 1^ motivo del ricorso principale, assorbito il 2^ motivo e rigettato il ricorso incidentale; va cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e la causa rinviata, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Palermo, la quale si pronunzierà sulla base dei principi sopra indicati.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il 1 motivo del ricorso principale, assorbito il 2^; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Palermo.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011

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