Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13099 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 14/05/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 14/05/2021), n.13099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1149-2020 proposto da:

J.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 19,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI PAMPHILI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE GIURATRABOCCHETTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ope legis in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 2534 del TRIBUNALE di POTENZA, depositato il

21/11/2019 R.G.N. 1548/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Potenza ha rigettato il ricorso proposto da J.B. cittadino del (OMISSIS) di etnia (OMISSIS) e di religione (OMISSIS) fuggito alle minacce di una setta religiosa dedita a sacrifici umani, che aveva chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero la protezione sussidiaria o umanitaria – tutele già negategli in via amministrativa dalla Commissione territoriale di Salerno.

1.1. Il giudice ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato osservando che la vicenda narrata dal richiedente, per le ripetute contraddizioni in cui era caduto il richiedente nel riferirla prima alla Commissione e poi al giudice, non era credibile. Ad avviso del Tribunale la profonda diversità delle due versioni rese non consentiva neppure di riconoscere il beneficio del dubbio ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

1.2. Inoltre ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non avendo ravvisato per il richiedente, in caso di rientro nel paese di origine, il rischio di essere esposto a pena di morte, a tortura, a trattamenti degradanti. Ha escluso l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della tutela in base all’art. 14, lett. c) D.Lgs. citato osservando che la situazione geopolitica del (OMISSIS), ed anche della regione di provenienza del richiedente, si era normalizzata dal 2017 con il sopravvento del Presidente B. e che di tale progressiva pacificazione davano atto i Report internazionali esaminati.

1.3. Quanto alla protezione umanitaria – pur esclusa l’applicazione alla fattispecie del D.L. n. 113 del 2018 conv. in L. n. 132 del 2018 sopravvenuto alla proposizione della domanda di protezione internazionale – ha ritenuto che non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento di tale misura, aggiuntiva ed atipica rispetto alle precedenti, evidenziando che non era risultato provato né il pericolo di violenza e tortura da parte di membri del suo villaggio né , in generale, una situazione critica di violenza terroristica e di guerriglia nel paese.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il J.B. affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno si é costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. Il primo motivo di ricorso, con il quale é denunciata la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 é inammissibile poiché la censura formulata in termini di violazione di legge si sostanzia nella denuncia di contraddizioni della motivazione che sarebbero superate da una corretta applicazione dei parametri di valutazione indicati dall’art. 3, comma 5 ricordato.

3.1. La deduzione del ricorrente di aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda va a censurare l’apprezzamento dei fatti demandato in via esclusiva al giudice del merito che vi ha provveduto esaminandoli e motivando le ragioni per le quali non ha ritenuto credibile il racconto attenendosi ai parametri dettati dalla norma e sottolineando le contraddizioni emerse.

3.2. Va ribadito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto é censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che é stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340). Come detto, nel caso in esame il ricorrente non ha sollevato alcuna di tali censure ma ha formulato rilievi con cui, genericamente, ha deplorato il giudizio di non credibilità espresso dal giudice del merito: nel corpo del motivo si é infatti limitato a contestare le contraddizioni in cui, ad avviso del Tribunale, egli sarebbe incorso, opponendo la coerenza della propria narrazione con riguardo agli eventi occorsi e alle motivazioni che lo avevano spinto a fuggire dal paese di origine. D’altro canto, “la riferibilità soggettiva e individuale del rischio

di subire persecuzioni o danni gravi rappresenta un elemento costitutivo del rifugio politico e della protezione sussidiaria art. 14, ex lett. a) e b) escluso il quale dal punto di vista dell’attendibilità soggettiva, non può riconoscersi il relativo status” (Cass. 17 giugno 2018, n. 16925, in motivazione). In altri termini, ove vengano in questione le ipotesi del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b), in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. 20 marzo 2014, n. 6503; Cass. 20 giugno 2018, n. 16275; cfr. pure Cass. 19 giugno 2020, n. 11936), non vi é ragione di attivare poteri di istruzione officiosa finalizzati alla verifica di fatti, situazioni, o condizioni giuridiche che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, devono reputarsi estranei alla vicenda personale di questo” (cfr. Cass. 11/12/2020 n. 28324).

4. Anche il secondo motivo di ricorso – con il quale é denunciata la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, 5,6,7 e 8 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 e si lamenta che il Tribunale avrebbe dovuto verificare d’ufficio che le istituzioni del (OMISSIS) apprestano tutele per persecuzioni quale quella denunciata dal richiedente asilo (rischio di essere sottoposto a atti di violenza e sacrificio corporale da parte di aderenti a setta religiosa) – non può essere accolto.

4.1. Questa Corte ha chiarito che “l’inattendibilità soggettiva del richiedente é ostativa a qualsiasi approfondimento istruttorio d’ufficio, al fine della concessione del rifugio e della protezione sussidiaria (quanto meno con riferimento alle ipotesi di cui all’art. 14 D.Lgs. cit., lett. (a) e (b) a fortiori quella inattendibilità soggettiva renderà superflua la c.d. “cooperazione istruttoria” officiosa del giudice, al fine del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari; a fortiori, pertanto, l’inattendibilità del richiedente osta a qualsiasi approfondimento istruttorio officioso in merito alla sussistenza dei fatti posti a fondamento della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari: sarebbe infatti contrario ad elementari canoni di logica deduttiva ritenere che l’inattendibilità del richiedente asilo, che é ostativa all’accertamento officioso con riferimento alla richiesta di protezione maggiore, divenga irrilevante quando si tratti di accordare la forma di protezione più tenue. Anche con riferimento al riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie deve pertanto affermarsi che, in assenza di prove del racconto dell’interessato ed in difetto di sollecitazioni ad acquisizioni documentali, il giudice non dovrà procedere ad alcuna attività istruttoria officiosa, quando ritenga non credibile il racconto dell’istante (ex multis, Sez. 1, Ordinanza n. 21128 del 7.8.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 16465 del 19.6.2019).” (cfr. Cass. 10/07/2020 n. 14824).

5. Analoghe considerazioni valgono a rigettare il terzo motivo di ricorso che denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 con riguardo al riconoscimento della protezione sussidiaria.

6. Con l’ultimo motivo, infine, ancora con riguardo al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie e all’applicazione del principio di non refoulment, é denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 5 e 9 CEDU, degli artt. 2, 3, 10, 13,19 e 32 Cost., del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed infine del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,27 e 32.

6.1. Sostiene il ricorrente che il Tribunale avrebbe dovuto considerare la situazione personale del ricorrente; tenere conto dei rischi a cui era esposto in caso di rientro in patria; dell’esistenza di diffuse malattie infettive e di un sistema sanitario carente e conseguentemente valutare sia la vulnerabilità sanitaria del ricorrente che la sua giovane età, indice questa di una maggiore capacità di integrazione in Italia ed in Europa ed applicare il principio di non refoulement.

7. E’ inammissibile anche la censura riferita alla prospettata violazione del principio di non respingimento previsto – oltre che dall’art. 3 CEDU, art. 33 Convenzione di Ginevra, richiamati – dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 oltre che dalla direttiva 2008/115/CE.

7.1. Al riguardo va precisato che la disciplina della protezione internazionale – diretta a garantire la protezione di ogni condizione di vulnerabilità rilevante in base ai pertinenti obblighi costituzionali, UE o internazionali – nel diritto interno ha la sua base nell’art. 10 Cost., comma 3, che riconosce il diritto di asilo, diritto che é da considerare interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa dettata dal D.Lgs. n. 251 del 2007 (di attuazione della direttiva 2004/83/CE) come modificato dal D.Lgs. n. 18 del 2014 (di attuazione della direttiva 2011/95/UE, la quale ha sostituito la precedente, in sede di rifusione) nonché dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (nei limiti della sua residua applicabilità), cosicché non v’é più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3 (tra le tante Cass. Cass. 26 giugno 2012, n. 10686; Cass. 15 settembre 2020, n. 19176). Invece, il generale principio di non respingimento invocato dall’attuale ricorrente, é inserito nel diverso contesto dell’opposizione alla misura espulsiva, che impone al richiedente di prospettare il concreto pericolo di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani e/o degradanti in caso di rimpatrio nel Paese di origine (Cass. 17 febbraio 2011, n. 3898; Cass. 8 aprile 2019, n 9762; Cass. 17 febbraio 2020, n. 3875; Cass. 31 dicembre 2020, n. 29971; Cass. 3 febbraio 2021, n. 2432).

7.2. Questo porta all’inammissibilità della censura in quanto é fermo l’orientamento di questa Corte secondo cui anche il vizio di violazione di legge deve, per regola generale, essere “decisivo”, ossia tale da comportare, se sussistente, una decisione diversa, favorevole al ricorrente, sicché l’invocazione di una norma inapplicabile esclude tale decisività della censura e, dunque, lo stesso interesse a proporla (vedi, per tutte: Cass. 13 agosto 2019, n. 21377; Cass. 21 gennaio 2004, n. 886; Cass. 5 giugno 2007, n. 13184; Cass. 5 maggio 1995, n. 4923).

8. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio atteso che il Ministero si é costituito tardivamente e non ha svolto alcuna attività difensiva. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA