Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13096 del 15/06/2011

Cassazione civile sez. II, 15/06/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 15/06/2011), n.13096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CONSULTUM DI CHIAVINI & NASSI SNC IN PERSONA DEL SOCIO

AMMINISTRATORE

E LEGALE RAPPRESENTANTE DOTT. C.L. P.I. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso

lo studio dell’avvocato BAUZULLI FILIPPO, rappresentata e difesa

dall’avvocato DEPRETIS FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

REG UMBRIA;

– intimata –

sul ricorso 25673-2005 proposto da:

REG UMBRIA IN PERSONA DEL PRESIDENTE PRO-TEMPORE DELLA GIUNTA

REGIONALE DOTT.SSA L.M.R. P.I. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo

studio dell’avvocato GOBBI GOFFREDO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MANUALI PAOLA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

CONSULTUM DI CHIAVINI & NASSI SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 258/2004 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 27/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato De Pretis Francesco difensore della ricorrente che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del

resto;

udito l’Avv. Goffredo Gobbi con delega depositata in udienza

dell’Avv. Manuali Paola difensore della resistente che ha chiesto il

rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso

incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Consultum, di Chiavini e Nassi s.n.c. agiva innanzi al Tribunale di Perugia per ottenere la condanna della Regione Umbria, con la quale aveva stipulato un contratto d’opera avente ad oggetto la redazione di un piano turistico recettivo, al pagamento della somma di L. 54.000.000, corrispondente alla penale trattenuta per l’asserito ritardo nell’esecuzione della prestazione, nonchè alla corresponsione degli interessi legali e al maggior danno ai sensi dell’art. 1224. cpv. c.c. La Regione Umbria resisteva alla domanda sostenendo che la penale era stata incamerata per il ritardo nel corredare il piano della cartografia, del modello di controllo e della relazione di accompagnamento.

Il Tribunale accoglieva la domanda, condannando la Regione al pagamento della somma di L. 54.000.000, oltre interessi al saldo legale sulla somma di L. 76.900.000 dal 4 luglio 1994 al 21.9.1994.

Sull’impugnazione principale della Regione e incidentale della Consultum, la Corte d’appello di Perugia riformava la sentenza di primo grado, rigettando la domanda di restituzione della penale e riconoscendo alla Consultum Euro 300,00 a titolo di maggior danno ex art. 1224 cpv. c.c. La Corte territoriale riteneva fondata l’eccezione di ritardo nell’adempimento limitatamente alla questione della mancanza della cartografia. Osservava, al riguardo, che lo stesso Tribunale aveva rilevato che l’originaria pattuizione faceva riferimento ad una “mappa degli insediamenti”, e che la parola “mappa”, utilizzata dalle parti, era (al contrario di quanto ritenuto dal giudice di primo grado) priva di connotati di equivocità, essendole proprio, invece, il significato di rappresentazione cartografica, sicchè non era dubitabile che la società avesse assunto ab origine l’obbligo di predisporre, appunto, una rappresentazione cartografica dei siti rilevanti nel progetto del piano turistico. Legittimamente, pertanto, la Regione Umbria aveva incamerato la penale per il ritardo di 108 gg. nella consegna dell’elaborato completo.

Infine, quanto al maggior danno, osservava che dagli estratti conto del periodo in contestazione risultava effettivamente che la Consultum si era trovata in passivo per una somma variabile tra L. 11 e 27 milioni, sopportando interessi passivi del 19% circa, per cui il danno differenziale poteva essere liquidato in Euro 300,00.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Consultum, con un unico motivo di annullamento.

Resiste con controricorso la Regione Umbria, che propone altresì ricorso incidentale, articolato su due motivi, di cui uno condizionato.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti, siccome proposti avverso la stessa sentenza.

1. – Con l’unico mezzo di annullamento la società ricorrente denuncia l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonchè la violazione dell’art. 1362 c.c., commi 1 e 2.

Richiamata e condivisa la motivazione della sentenza di primo grado, per la quale le intese contrattuali, per la loro genericità sul punto, non erano tali da far ritenere che la mappa dovesse esprimersi anche in veste cartografica, secondo le aspettative della Regione, parte ricorrente deduce, in ordine alla presentazione della cartografia, che la Corte d’appello si è limitata ad un’affermazione apodittica circa la pretesa univocità di significato del termine “mappa”, quale equivalente di rappresentazione cartografica, senza tener conto della corretta argomentazione di segno opposto del giudice di primo grado, il quale aveva concluso che le originarie pattuizioni non includevano siffatta rappresentazione dei siti, argomentando dalla circostanza, documentalmente provata e pacifica in causa, che l’esigenza della Regione di ottenere un supporto cartografico era emersa solo in una riunione del 26.4.1993, successiva alla stipula del contratto (concluso nel 1991).

La conclusione della Corte d’appello, prosegue parte ricorrente, si fonda su di un assunto erroneo a livello sia meramente terminologico, perchè la parola mappa non ha solo il significato di “rappresentazione cartografica”, ma anche quello di “descrizione minuta, corredata da grafici, di un fenomeno sociale”, ovvero di “rappresentazione schematica di una data situazione”, sia del comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto, quale emerso dalla riunione del 26.4.1993, sia della varia documentazione da cui si ricava che nell’accordo originario la mappa degli insediamenti turistici non poteva che consistere in una rappresentazione soltanto discorsiva, e che la redazione di un corredo cartografico era stata concordata solo successivamente.

La Corte d’appello non ha esaminato e preso in considerazione, conclude il ricorrente, tali documenti decisivi e violando l’art. 1362 c.c., comma 1 non ha operato alcuna indagine su quale fosse la comune intenzione delle parti in ordine al significato della locuzione “mappa degli insediamenti”.

1.1. – Il motivo è infondato sotto entrambi i profili prospettati.

1.2. – In tema di interpretazione del contratto, l’art. 1362 c.c. pone come criterio ermeneutico principale quello del senso letterale delle parole adoperate dai contraenti, di guisa che solo allorquando non sia possibile un’esegesi appagante del testo, confrontando l’una clausola con le altre, il giudice deve ricorrere ai criteri sussidiali indicati dallo stesso art. 1362 c.c. e dagli articoli seguenti (cfr. Cass. n. 9786/10). Tale attività interpretativa è compito del giudice di merito, il cui accertamento, se congruamente e logicamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità (cfr.

Cass. n. 8713/04).

1.2.1. – Nello specifico, parte ricorrente fonda la propria critica su due censure tra loro interagenti, ossia il carattere non univoco del concetto di mappa, e la condotta successiva delle parti, che solo in un incontro successivo alla stipulazione del contratto avrebbero concordato, fra l’altro, la redazione di una cartografia dei siti degli insediamenti turistici.

1.2.1.1. – Quanto al significato del lemma “mappa”, la soluzione accolta dalla Corte perugina, che rettamente procede da un’interpretazione letterale, appare immune da vizi logico-giuridici, perchè basata sul senso corrente e primario della parola, intesa quale cartografia, sicchè la controargomentazione di parte Consultum, che osserva come il medesimo termine possa avere anche una valenza sinonimica rispetto a sostantivi ed espressioni figurate, quali “descrizione minuta” o “rappresentazione schematica”, non vale ad inficiare il corretto impiego del criterio interpretativo letterale, ma soltanto a proporre esiti altrettanto possibili dell’uso della medesima tecnica ermeneutica, esiti che, per di più, appaiono meno plausibili, perchè necessitanti, a loro volta, di ulteriore interpretazione per nulla escludente rappresentazioni e descrizioni non solo verbali, ma anche grafiche.

1.2.1.2. – La circostanza che in un incontro successivo alla conclusione del contratto le parti avrebbero concordato la redazione anche di una cartografia dei luoghi, è, poi, un fatto che nè contraddice la validità del criterio interpretativo utilizzato dalla Corte territoriale, nè può formare oggetto della pure prospettata carenza motivazionale, perchè non è dato apprezzarne il requisito di decisività. Infatti, l’esistenza di un incontro del 26.4.1993 in cui la Regione avrebbe rappresentato la necessità che la mappa degli insediamenti avesse anche veste cartografica, non dimostra che la relativa obbligazione tragga la propria fonte da tale autonomo e successivo accordo, piuttosto che dal primigenio contenuto del contratto stipulato già nel 1991, ove si consideri che la stessa parte ricorrente non indica alcun diverso elemento di prova che escludendo tale possibilità accrediti come unico significato possibile dell’incontro quello di modificare, integrandolo, l’originario programma obbligatorio.

2. – Con l’unico motivo del ricorso incidentale non condizionato la Regione Umbria impugna il capo della sentenza d’appello che l’ha condannata al pagamento della somma di L. 300.000 (rectius, Euro 300,00) per il maggior danno ai sensi dell’art. 1224, cpv. c.c., che la Consultum avrebbe subito sostenendo maggiori interessi bancari nel periodo di mora debendi, e denuncia la violazione dell’art. 180 c.p.c., dell’art. 190 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c., comma 3, per aver il giudice di secondo grado deciso, ammettendo nuovi mezzi di prova, su di una domanda nuova, siccome proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni all’esito del giudizio di primo grado.

2.1. – Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

La sentenza della Corte territoriale ha accolto il motivo d’appello con il quale la società Consultum aveva impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui era stato ritenuto tardivo il riferimento ai tassi bancari, riferimento che, sosteneva detta società, era già contenuto nella citazione di primo grado.

Accogliendo tale motivo di gravame, la Corte d’appello ha implicitamente ritenuto che la domanda di risarcimento del maggior danno ex art. 1224, cpv. c.c. non fosse tardiva, per cui sarebbe stato onere della parte ricorrente in via incidentale controdedurre al riguardo, contestando specificamente siffatta statuizione del giudice di secondo grado.

3. – Il rigetto dell’impugnazione principale non consente l’esame del motivo del ricorso incidentale condizionato, col quale è stata dedotta l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza d’appello in punto di esclusione di altri inadempimenti della Consultum.

4. – In conclusione, vanno respinti sia il ricorso principale, sia quello incidentale.

5. – La prevalente soccombenza della società Consultum impone la condanna di quest’ultima alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, rigetta sia quello principale che quello incidentale e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.900,00, di cui 200,00 per spese vive, oltre spese generali di studio, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011

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