Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13096 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 14/05/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 14/05/2021), n.13096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1044-2020 proposto da:

Z.Y.H.Z., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARTINO BENZONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – DIPARTIMENTO PER LE LIBERTA’ CIVILI E

L’IMMIGRAZIONE UNITA’ DUBLINO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis, dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI

12;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 3101/2019 del TRIBUNALE di TRIESTE, depositato

il 21/10/2019 R.G.N. 1536/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con decreto del Tribunale di Trieste è stato rigettato il ricorso proposto da Z.Y.H.Z., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento di trasferimento in Svezia n. (OMISSIS) sul rilievo che questi aveva già presentato domanda di protezione in Belgio, Germania e Svezia, tutte rigettate, e che non sussistevano i presupposti per applicare la clausola di sovranità atteso che nei tre Paese citati erano state recepite le direttive dell’Unione Europea e non vi erano carenze sistemiche delle procedure di asilo e di accoglienza sicchè il ricorrente era stato posto nelle condizioni di ricevere adeguata tutela giudiziaria effettiva.

2. Per la cassazione del provvedimento ha proposto ricorso Z.Y.H.Z. con due motivi ai quali ha opposto difese con controricorso il Ministero dell’Interno. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE

3. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la erronea e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 3 quinquies e degli artt. 4, 26 e 27 del regolamento UE n. 604 del 2013 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10.

3.1. Sostiene il ricorrente che il Tribunale nell’affermare che il giudizio avverso il provvedimento di trasferimento ai sensi del Regolamento UE n. 604 del 2013 ha ad oggetto solo la determinazione del Paese dove eseguirlo, con esclusione di ogni altra valutazione, ha reso inapplicabile sia l’art. 17 del Regolamento n. 604 del 2013 che gli artt. 41 e 47 della Carta fondamentale dei diritti della UE.

3.2. Ad avviso del ricorrente, al contrario, il Tribunale era tenuto a valutare in primo luogo la legittimità formale e sostanziale dell’atto impugnato ed il rispetto dei diritti della persona nei cui confronti era stato emesso ai sensi del citato Regolamento. Inoltre avrebbe dovuto verificare se, a mente dell’art. 20 del regolamento e nel rispetto della gerarchia dei criteri di determinazione dello stato competente ai sensi dell’art. 7 dello stesso, era stato correttamente determinato il paese dove avrebbe dovuto essere trasferito ed a tal fine il Tribunale avrebbe dovuto acquisire la documentazione esaminata nella fase amministrativa, sulla quale era stato fondato il provvedimento di trasferimento che l’Amministrazione costituendosi a mezzo del suo funzionario avrebbe trascurato di depositare così incorrendo nella denunciata violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 3 quinquies che avrebbe comportato l’errata individuazione del paese dove avrebbe dovuto essere trasferito.

3.3. Inoltre rileva che il giudice avrebbe dovuto verificare se erano stati rispettati i diritti partecipativi alla procedura ex art. 4 del Regolamento n. 604 del 2013 e art. 16 bis del Regolamento n. 1560 del 2003. Deduce che era onere dell’Amministrazione dimostrare che erano stati rispettati gli obblighi informativi di cui agli artt. 4 e 5 del citato Regolamento n. 604 del 2013 che solo con l’acquisizione del fascicolo amministrativo avrebbero potuto essere accertati.

4. Con il secondo motivo di ricorso è denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e nello specifico è dedotto che il Tribunale avrebbe trascurato di considerare che era stato allegato che il provvedimento del Giudice svedese di rigetto delle istanze di protezione internazionale avanzate era divenuto definitivo.

5. Il ricorso non può essere accolto.

5.1. Va in via generale rammentato che con riguardo alla c.d. “clausola discrezionale”, ai sensi dell’art. 17 Reg. UE n. 604 del 2013 – di cui l’odierno ricorrente lamenta la sostanziale disapplicazione – spetta allo Stato membro interessato determinare le circostanze in cui intende far uso della clausola, ed il giudice non può esercitare un potere politico anche se con finalità umanitaria, in assenza di un atto legislativo statuale ad hoc (cfr. Cass. sez. U. n. 8044 del 2018 e Cass. n. 31675 de12018). La Corte di giustizia, con due note pronunzie (CGUE 23/01/2019 causa C- 661/17 e CGUE 04/10/2018) ha chiarito che la c.d. clausola discrezionale è intesa a consentire a ciascuno Stato membro di decidere in piena sovranità, in base a considerazioni di tipo politico, umanitario o pragmatico, di accettare l’esame di una domanda di protezione internazionale, anche se esso non è competente in applicazione dei suddetti criteri. La portata del potere discrezionale in tal modo accordato agli Stati membri fa sì che spetti esclusivamente alle autorità statali determinare le circostanze in cui lo Stato membro intenda far uso della facoltà conferita dalla clausola discrezionale prevista dall’art. 17, par. 1, del regolamento di Dublino e accettare di esaminare direttamente una domanda di protezione internazionale per la quale non è competente in forza dei criteri definiti dal regolamento stesso. L’esercizio di tale facoltà non è soggetto a condizioni particolari ed è volto a consentire a ciascuno Stato membro di decidere in piena sovranità, determinando le circostanze in cui intende far uso della facoltà conferita dalla clausola discrezionale in base a considerazioni di tipo politico, umanitario o pragmatico. Tale attribuzione, nel nostro ordinamento compete all’Unità di Dublino operante presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, in base al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 3 e, per le ragioni esposte, non può essere direttamente esercitata dal Giudice (cfr. Cass. n. 23727 del 2020 e n. 31675 del 2018). Ciò non significa, come ha chiarito la medesima Corte di Giustizia (C-661/17 M.A., S.A., A.Z/Ireland, punti 77, 78 e 79), che l’esercizio di tale facoltà, per quanto discrezionale, rimanga al di fuori di qualsiasi controllo e il rifiuto illegittimo dell’amministrazione di farne uso, risolvendosi necessariamente nell’adozione di una decisione di trasferimento, potrà, eventualmente, essere oggetto di contestazione in sede di ricorso giurisdizionale, al pari della sua impropria utilizzazione. Un simile ricorso non risulterà finalizzato a sostituire la discrezionalità del giudicante alla discrezionalità dell’amministrazione competente, ma piuttosto a verificare se l’esercizio di quest’ultima sia eventualmente avvenuto in violazione dei diritti soggettivi riconosciuti al richiedente asilo dal Reg. CE 604/2013 e, più in generale, dall’impianto normativo del diritto dell’Unione o dalla CEDU. Deve essere anche precisato che avverso i provvedimenti dello Stato indicato come competente che siano contrari alle norme del Sistema Europeo comune di asilo o della Carta dei diritti fondamentali UE è riconosciuto all’interessato il diritto di ricorrere alla Corte di giustizia UE (anche in sede di PPU – procedimento pregiudiziale d’urgenza, come si è verificato nella causa C578/16) oppure alla Corte EDU, per far valere violazioni della CEDU (sul tema recentemente v. Cass. n. 23724, n. 23727 e n. 26603 del 2020. In tal senso anche la pronuncia di questa Corte del 23/12/2020 n. 29447).

5.2. Alla luce di tale condivisa ricostruzione ritiene il Collegio che il Tribunale di Trieste non sia incorso nelle denunciate violazioni di legge atteso che il Tribunale ha esattamente posto in evidenza che oggetto del procedimento era la determinazione della competenza dello Stato a decidere sulla domanda di protezione internazionale. Del pari ha verificato che i paesi presso i quali erano state presentate domande di protezione internazionale (Belgio, Svezia e Germania) avevano recepito le direttive dell’Unione Europea e non presentavano carenze sistemiche che avrebbero potuto giustificare l’applicazione della clausola di sovranità.

5.3. Nè d’altra parte nel ricorso è precisato in maniera specifica e autosufficiente quali sarebbero gli elementi del fascicolo amministrativo che se acquisiti avrebbero potuto orientare diversamente il giudice e far ritenere sussistenti i presupposti per una diversa decisione sulla competenza.

6. Quanto al secondo motivo di ricorso va rilevato che la censura appare diretta a censurare il diniego della sospensione del provvedimento di trasferimento che è atto per sua natura provvisorio destinato ad essere sostituito dalla decisione di rigetto del ricorso con il decreto del Tribunale. Quest’ultimo peraltro applicando i criteri sulla competenza dettati dal Regolamento n. 604 del 2013 dà atto che le condizioni del Paese presso il quale la domanda di protezione era già stata presentata erano tali da assicurare una tutela giurisdizionale effettiva, che è quello che rileva ai fini della identificazione dello Stato competente.

7. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. I rilevanti profili di novità delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità e di quello di merito, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2 e art. 385 c.p.c., comma 2. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, va dato atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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