Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13096 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13096 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 3788-2013 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580 in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende, ope legis;
– ricorrente contro
LONERO VITO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIULIA
DI COLLOREDO 46/48, presso lo studio dell’avvocato DE PAOLA

Data pubblicazione: 10/06/2014

GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura alle liti in
calce al controricorso;
– controricorrente –

avverso il decreto nel procedimento R.G. 221/2012 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN
GIORGIO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che ha concluso per il rigetto dei primi due
motivi del ricorso, disapplicando l’art. 54 del D.L. 112/2008,
convertito con L. n. 33/2008 e successive modifiche (S.U. sent.
25807/2005) e l’accoglimento degli altri 3 motivi del ricorso; in
subordine, con riferimento ai primi 2 motivi, previa delibazione della
non manifesta infondatezza e della rilevanza della questione,
sospensione del giudizio e trasmissione degli atti alla Corte
Costituzionale, perché esamini la compatibilità della citata disposizione
con gli artt. 111, 2° e 117 Cost., nonché 6 e 13 CEDU.

Ric. 2013 n. 03788 sez. M2 – ud. 26-11-2013
-2-

D’APPELLO di GENOVA del 19.4.2012, depositato il 27/07/2012;

i-t

R.g. 3788/2013
Rilevato in fatto
1. – Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ricorre sulla base di cinque motivi per la
cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova, depositato in data 27 luglio 2012,
con il quale, rigettata la eccezione di improponibilità — sollevata, per mancato deposito
della istanza di prelievo nel procedimento presupposto, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del

risultante dalle modificazioni di cui all’art. 3, comma 23, dell’allegato 4 al d.lgs.n. 104 del
2010 – del ricorso ex art. 2 della legge n. 89 del 2001, proposto in data 14 marzo 2012 da
Vito Lonero in relazione alla durata di un procedimento di appello innanzi al Consiglio
di Stato, introdotto con atto notificato il 16 luglio 2005 e definito con sentenza
depositata il 27 gennaio 2012, è stato liquidato a favore dello stesso Lonero, a fronte
della ritenuta irragionevolezza della protrazione del giudizio per cinque anni, un
indennizzo di euro 4500,00, oltre agli interessi legali dalla domanda.
2. – Resiste con controricorso il Lonero.
Considerato in diritto
1. – Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.
2. — Deve, preliminarmente, essere esaminata la eccezione di inammissibilità del ricorso,
sollevata dal controricorrente per asserita violazione del principio di autosufficienza
sotto il profilo della mancata esposizione dei fatti di causa.
3. — La eccezione non è meritevole di accoglimento.
Il requisito, imposto dall’art. 366, primo comma, n. 3, cod.proc.civ. per l’ammissibilità
del ricorso per cassazione, della esposizione sommaria dei fatti di causa, deve reputarsi
sussistente quando, nel contesto dell’atto di impugnazione, si rinvengano gli elementi
indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia,
dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, senza necessità di
ricorso ad altre fonti (v., ex multis, Cass., sent. n. 76 del 2010): nella specie, il relativo
onere risulta compiutamente adempiuto, emergendo dal tenore del ricorso sia il
riferimento alle ragioni della domanda rivolta dall’attuale controticorrente alla Corte
d’appello di Genova, sia il richiamo alle eccezione del Ministero dell’Economia e delle
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d.l.n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge n. 133 del 2008, nel testo

Finanze, sia, infine, la sintetica enunciazione della ratio decidendi posta a fondamento della
statuizione impugnata.
4. — Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 54,
comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., nella legge n. 133 del 2008, nel
testo risultante dalle modificazioni intervenute con l’art. 3, comma 23, allegato 4 al d.lgs.
n. 104 del 2010, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ. Secondo

improponibilità della domanda del Lonero – sollevata alla stregua della richiamata
disposizione per non avere lo stesso proposto istanza di prelievo nel procedimento
presupposto — richiamandosi all’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo
il quale la mancanza di tale istanza non incide sulla proponibilità della domanda di equa
riparazione, ma solo sul “quantum debeatutv
5. – La censura coglie nel segno.
5.1. – Questa Corte ha statuito che la mancata presentazione dell’istanza di prelievo – la
quale ha da tempo assunto la funzione di segnalare al giudice il permanente interesse
della parte alla definizione del giudizio, sovente venuto meno per circostanze
sopravvenute alla sua instaurazione (quali atti di autotutela o sanatoria) o per
l’acquiescenza al provvedimento di concessione o di diniego della richiesta tutela
cautelare – rende improponibile la domanda di equa riparazione nella parte concernente
la durata del giudizio presupposto successiva alla data (del 25 giugno 2008) di entrata in
vigore del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, il quale ha configurato la suddetta istanza di
prelievo come “presupposto processuale” della domanda di equa riparazione (Sez. 6- 1,

l’Amministrazione ricorrente avrebbe errato la Corte ligure nel rigettare la eccezione di

13 aprile 2012, n. 5914; Sez. 6-1, 24 maggio 2012, n. 8266).
Si è altresì chiarito che l’omessa presentazione dell’istanza di prelievo non determina la
vanificazione del diritto all’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo con
riferimento al periodo precedente al 25 giugno 2008 (Sez. 6-1, 4 marzo 2011, n. 5317).
A tale conclusione questa Corte è pervenuta, in mancanza di una disciplina transitoria o
di esplicite previsioni contrarie, in applicazione del principio tempus regit actum, e sulla
base del rilievo che, altrimenti opinando, l’introduzione del suddetto presupposto
processuale si risolverebbe in un mero espediente legislativo per cancellare la
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responsabilità dello Stato per l’irragionevole durata del processo ed il corrispondente
diritto all’equa riparazione del cittadino, riconosciuto e garantito dall’art. 6, par. 1, della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla L. n. 89 del
2001, art. 2.
5.2. – Tale principio riguarda l’interpretazione del testo originario del D.L. n. 112 del
2008, art. 54, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione n. 133

pronunce di questa Corte), avente il seguente tenore: .
Tuttavia, successivamente il quadro normativo di riferimento è mutato, giacché l’art. 3,
comma 23, dell’Allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione della L. 18 giugno
2009, n. 69, art. 44 recante delega al Governo per il riordino del processo
amministrativo) – in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito che, al D.L. n. 112 del
2008, art. 54, comma 2, le parole sono sostituite dalle seguenti: .
5.3. – Il nuovo testo dell’art. 54, prevede, dunque, che .
Pertanto, con riferimento alle istanze di equa riparazione per processi amministrativi
pendenti alla data del 16 settembre 2010, il nuovo testo del D.L. n. 112 del 2008, art. 54,
comma 2, condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo, anche per il periodo
anteriore, alla presentazione, nell’ambito del giudizio presupposto, dell’istanza di
prelievo.

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del 2008 (applicabile, ratione temporis, nei giudizi che hanno dato luogo alle citate

In sostanza – per effetto del nuovo testo del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2,
conseguente alle modifiche apportate dal decreto legislativo recante l’approvazione del
codice del processo amministrativo, in vigore dal 16 settembre 2010 – per i processi —
come quello di cui si tratta nella specie – pendenti, a quella data, davanti al giudice
amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione del diritto alla ragionevole
durata, la domanda di equa riparazione, ai sensi della L. n. 89 del 2001, non è proponibile

possibile operare una distinzione tra porzioni di durata dell’unico processo
amministrativo in ragione del momento di entrata in vigore del testo originario del citato
art. 54 o delle sue modifiche (v., in tal senso, Cass., Sez. 6-2, 15 febbraio 2013, n. 3740).
5.4. — Manifestamente infondata risulta la questione di legittimità costituzionale,
sollevata in udienza dal P.G., della norma richiamata, per asserito vulnus all’art. 117 della
Costituzione in relazione all’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il criterio adottato dal legislatore italiano – vincolante per il giudice nazionale — con
riferimento alla improponibilità della domanda di equa riparazione da irragionevole
durata del processo amministrativo in caso di mancata presentazione, in tale processo,
della istanza di prelievo, istituto tipico del sistema processuale amministrativo italiano,
non tocca la complessiva attitudine della citata legge n. 89 del 2001 ad assicurare
l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo
e, dunque, non autorizza dubbi sulla sua compatibilità con gli impegni internazionale
assunti dalla Repubblica italiana mediante la ratifica della Convenzione europea e con il
pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, paragrafo
1, della Convenzione medesima (art. 111, secondo comma, Cost., nel testo fissato dalla
legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2).
Detta istanza, in effetti, manifesta l’interesse della parte ad una rapida definizione della
domanda di giustizia e la norma in questione non determina perciò lesione alcuna del
principio del giusto processo (v. Cass., Sez. 2, sent. n. 26262 del 2013).
6. Per effetto dell’accoglimento del primo motivo resta assorbito l’esame degli ulteriori
mezzi, con i quali si lamenta la violazione del predetto art. 54, comma 2, del d.l. n. 112

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se, nel giudizio presupposto, non sia stata presentata l’istanza di prelievo, senza che sia

del 2008 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., e, in subordine, la
quantificazione dell’indennizzo disposto dalla Corte territoriale.
7. — In definitiva, deve essere accolto il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, e,
conseguentemente, il decreto impugnato deve essere cassato. Non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto, per
improponibilità, della domanda di equa riparazione, avanzata con ricorso del 14 marzo

alcuna istanza di prelievo, era ancora in corso alla data del 16 settembre 2010, essendo
questo stato definito con sentenza depositata il 27 gennaio 2012.
La novità, all’epoca della presentazione del ricorso innanzi alla Corte d’appello di
Genova e di quello innanzi a questa Corte, del principio di diritto qui affermato giustifica
l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio, di merito e di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa il decreto
impugnato e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta ex legge n. 89 del 2001
da Lonero Vito, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese del giudizio, di
merito e di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta — II Sezione civile della Corte
Suprema s Cassazione, il 26 novembre 2013.

2012, e ciò in quanto il giudizio dinanzi al TAR, dinanzi al quale non è stata presentata

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