Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13094 del 24/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 24/06/2016, (ud. 10/06/2015, dep. 24/06/2016), n.13094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.M., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco

D’Ayala Valva, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma

al viale Parioli n. 93;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma in Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 37/21/08, depositata il 15 aprile 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10

giugno 2015 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

udito l’avv. Francesco D’Ayala Valva per il ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.M. propone ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone l’appello, ha confermato la fondatezza della pretesa avanzata con l’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF per il 1998, relativa al reddito di partecipazione, nella misura del 50%, alla srl IT Service, nei confronti della quale era stato accertato un maggior reddito sociale.

Il giudice d’appello, ha osservato, con riguardo alla doglianza relativa alla mancata allegazione dell’avviso di accertamento riguardante la società di capitali partecipata all’atto impositivo impugnato, che il contribuente, date le caratteristiche della società, era stato messo in condizione di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, e che avrebbe potato esercitare sulla base delle indicazioni contenute nell’avviso notificatogli, il proprio diritto di accesso agli atti, in base al principio generale relativo a tutti gli atti della pubblica amministrazione; che l’eccepire nullità della notificazione dell’avviso era insussistente, avendo raggiunto l’atto il suo effetto, in quanto, come attestato dal messo notificatore nella relata, esso risultava notificato al coniuge del contribuente che aveva dichiarato di essere coniuge convivente; che la presunzione di distribuzione degli utili non dichiarati da una società di capitali era legittima, in quanto il fatto noto sul quale essa si basa è costituito dalla ristrettezza della base proprietaria che caratterizza la struttura della società, che è composta da due soli soci. L’accertamento emesso nei confronti della srl IT Service, infine, si era reso definitivo per notata impugnazione, e quindi non costituiva più una presunzione ma un dato acquisito.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi quattro motivi, il contribuente denuncia, rispettivamente, violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in combinata lettura con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42; violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, in relazione all’art. 24 Cost.; omessa motivazione in ordine all’idoneità della motivazione dell’avviso impugnato per relationem; omessa motivazione in ordine alla mancata conoscenza dell’atto impositivo emesso nei confronti della società.

I motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.

Nell’accertamento delle imposte sui redditi, infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “l’obbligo di porre il contribuente in condizione di conoscere le ragioni dalle quali deriva la pretesa fiscale, sancito dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, come modificato del D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 1, è soddisfatto dall’avviso di accertamento dei redditi del socio che rinvia “per relationem” a quella riguardante i redditi della società, ancorchè solo a quest’ultina notificato, in quanto, da un lato, l’obbligo di motivazione è assolto anche mediante il riferimento ad elementi di fatto offerti da atti nella conoscibilità del destinatario e, dall’altro, il socio, ex art. 2261 c.c., ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione dell’accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi” (Cass. n. 5695 e 25296 del 2014, n. 8107 del 2002).

Con il quinto ed il sesto motivo denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. e l’omessa motivazione, con riguardo alla dedotta nullità della notificazione dell’avviso di accertamento.

I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto legati, sono infondati.

La notificazione è, infatti, una mera condizione di efficacia e non un elemento dell’atto di imposizione fiscale, sicchè la sua nullità è sanata, a norma dell’art. 156 c.p.c., comma 2, per effetto del raggiungimento dello scopo, il quale, postulando che alla notifica invalida sia comunque seguita la conoscenza dell’albo da parte del destinatario, può desumersi anche dalla tempestiva impugnazione, ad opera di quest’ultimo, dell’otto invalidamente notificato (ex multis, Cass. n. 5057 del 2015, n. 2272 del 2011).

Con il settimo motivo, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 24 Cost., assume che la definitività dell’accertamento nei confronti della società di capitali non debba in alcun modo influire sulla piena tutela giurisdizionale della posizione sostanziale e processuale del socio.

La censura non coglie la ratio decidendi della sentenza, la quale si è prima correttamente pronunciata sulla presunzione di distribuzione di utili non dichiarati da una società di capitali, ed ha quindi precisato che, essendo l’atto impositivo relativo al reddito della società divenuto definitivo, il relativo accertamento non costituiva più una presunzione, ma un dato acquisito.

In proposito, questa Corte ha ripetutamente affermato che “in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci, che, in tal caso, caratterizza, normalmente, la gestione sociale” (Cass. n. 25271 del 2014).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 8.500 per compensi di avvocato, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2015.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2016

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