Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13094 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 14/05/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 14/05/2021), n.13094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 683-2020 proposto da:

O.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato IVANA CALCOPIETRO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, anche per la COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CROTONE (già C.T.

di CROTONE – SEZIONE DI REGGIO CALABRIA), presso la PREFETTURA UTG

DI CROTONE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui

Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA, depositato il

22/10/2019 R.G.N. 4401/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato il ricorso proposto da O.M., cittadino della (OMISSIS), che aveva esposto di essere espatriato per paura di essere ucciso dopo che lo zio – autista che aveva trasportato sostenitori del FPI in occasione di comizi durante la campagna elettorale del 2010 e con il quale il ricorrente aveva collaborato – era stato assassinato da sostenitori dell’allora presidente Ou.. Il ricorrente, successivamente al rigetto di una prima domanda di protezione internazionale, aveva presentato in data 18.4.2018 una domanda di riesame con la quale aveva reiterato la richiesta di asilo, protezione sussidiaria e umanitaria.

1.1. Il Tribunale ha ritenuto in primo luogo di non poter nuovamente esaminare la domanda del 2015, già rigettata dalla Commissione e oggetto di esame da parte di un altro giudice. Ha quindi preso in considerazione i fatti nuovi allegati dal ricorrente con riguardo al deterioramento della situazione generale in (OMISSIS) (dove il richiedente, pur cittadino del (OMISSIS), era tuttavia sempre vissuto fino al suo espatrio) e la situazione di integrazione in Italia caratterizzata da attività lavorativa e di studio e dall’esistenza di una fitta rete di legami affettivi.

1.2. Sulla base degli elementi posti a fondamento della domanda reiterata, ha escluso che potesse essere accolta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato ed anche quella di protezione sussidiaria evidenziando che non era stato neppure prospettato il timore di persecuzioni per motivi di razza, nazionalità, religione, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale e che non si evinceva alcun rischio per la vita o l’incolumità fisica in caso di rimpatrio.

1.3. Ha poi esaminato la situazione geopolitica del Paese di provenienza ed ha accertato che sulla base dei report internazionali si registrava una relativa stabilizzazione socio economica e dei movimenti della popolazione.

1.4. Con riguardo alla protezione umanitaria, pure richiesta, ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno evidenziando che il semplice inserimento nel contesto economico sociale e anche lavorativo del Paese di accoglienza non ne giustificava di per sè il rilascio in un caso, come quello esaminato, in cui mancavano quegli elementi di vulnerabilità soggettiva nel Paese di origine che avrebbero consentito di ritenere che ricorresse nella specie quell’incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituisce presupposto indispensabile di una vita dignitosa.

1.5. A tal fine ha precisato che le attività svolte dal richiedente asilo nelle more della definizione della domanda non costituivano prova di una condizione di radicamento poichè da riferirsi al sistema di accoglienza medio termine posto in essere.

1.6. Ha escluso infine che sussistessero spazi per una residuale applicazione dell’art. 10 Cost. che ha trovato piena attuazione con i diversi sistemi di protezione internazionale disciplinati dalla normativa di attuazione della direttiva del Consiglio di Europa n. 83 del 2004.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso O.M. affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, degli artt. 2 e 10 Cost. e artt. 112,115 e 116 c.p.c., dell’art. 111Cost., dell’art. 132c.p.c., n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

3.1. Deduce il ricorrente che il Tribunale avrebbe trascurato di esaminare la documentazione e le dichiarazioni acquisite in giudizio che dimostravano il suo radicato inserimento in Italia sia da un punto di vista organizzativo che da un punto di vista degli affetti.

3.2. Osserva poi che il Tribunale non aveva affatto tenuto conto delle circostanze allegate sin dall’introduzione del giudizio da cui desumere la vulnerabilità soggettiva del ricorrente; aveva trascurato di prendere in esame elementi di fatto che dimostravano il suo inserimento sociale lavorativo e affettivo in Italia; non aveva proceduto, come avrebbe dovuto, ad una valutazione complessiva della situazione di sicurezza nel paese di provenienza.

4. Con il secondo motivo di ricorso, poi, denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11 e degli artt. 10-16 della direttiva 2013/32/UE già 2005/85/CE oltre che del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, artt. 14,27. Deduce inoltre che il ricorrente non sarebbe stato sentito nel corso del giudizio ed osserva al riguardo che era stato chiesto di sentirlo in sede di libero interrogatorio per consentirgli di puntualizzare la sua posizione personale che non era stata correttamente approfondita in sede di audizione davanti alla Commissione territoriale. Lamenta, infine, la violazione del dovere di cooperazione e approfondimento istruttorio al quale si deve improntare l’attività del giudice.

5. Le censure da esaminare congiuntamente sono fondate nei termini di seguito esposti.

5.1. In via generale va rammentato che nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni sociopolitiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso ed aggiornate al momento dell’adozione della decisione. Ne consegue che il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche nè gli è consentito di omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte. In tale ipotesi la motivazione può risultarne apparente (20/05/2020 n. 9230, 22/05/2019 n. 13897) e, conseguentemente, vizia la decisione autorizzandone la cassazione.

5.2. Peraltro laddove sia denunciata una specifica situazione di rischio e risulti indicata l’esistenza di fonti aggiornate che ne avrebbero dato conto, il giudice è tenuto a procedere ad approfondimenti che tengano conto della specificità del caso sottoposto al suo esame, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, cooperando nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Per poter ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (cfr. Cass. 26/04/2019 n. 11312). Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato infatti nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione.

5.3. Nel caso in esame la Corte territoriale non ha assolto a tale onere che su di lei incombeva e si è limitata a richiamare fonti non pertinenti rispetto alla specifica situazione denunciata ed in concreto da accertare riferendo di aver utilizzato fonti dalle quali emergeva una sostanziale stabilizzazione della situazione generale di violenza ma senza dare conto della persistenza di possibili violenze e ritorsioni collegate all’aver preso specifiche posizioni politiche.

5.4. Del pari la Corte ha del tutto trascurato di prendere in esame le specifiche allegazioni del ricorrente a testimonianza del suo progressivo e positivo inserimento nella comunità sociale non solo sotto il profilo lavorativo ma anche sotto il profilo personale. Circostanze queste allegate alla nuova domanda di protezione presentata e supportate da documentazione a cui la Corte non fa alcun cenno e rispetto alle quali neppure risulta che sia stata disposta l’audizione del richiedente, strumento essenziale per verificare, anche in relazione a tali nuove allegazioni, la coerenza e la plausibilità del racconto, quali presupposti per attivare se del caso il dovere di cooperazione istruttoria (cfr. Cass. 0 7/10/2020 n. 21584, 13/10/2020 n. 22049 e 23/10/2019 n. 27073). 6. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata e rinviata alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

 

 

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