Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13091 del 24/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 13091 Anno 2015
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 29458-2010 proposto da:
COMPAGNIA TIRRENA DI ASSICURAZIONI S.P.A. IN
LIQUIDAZIONE

COATTA

AMMINISTRATIVA

(c.f.

00409030582), in persona del Commissario
Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA FLAMINIA 318, presso l’avvocato DIEGO
2015
964

CORAPI, che la rappresenta e difende, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 24/06/2015

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, già MINISTERO
DELL’INDUSTRIA, DEL COMMERCIO E DELL’ARTIGIANATO,
poi MINISTERO DELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE, in
persona del Ministro pro tempore, domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

ope legis;

controricossente

avverso la sentenza n. 4064/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 12/05/2015 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato CAPPUCCILLI
VITTORIO, con delega, che si riporta e chiede
l’accoglimento (deposita “Deduzioni di udienza”);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende

I

e

2

Svolgimento del processo
Con sentenza del 5/11/2003, il Tribunale di Roma ammetteva
il Ministero delle Attività Produttive al passivo della
L.C.A. della Tirrena di Assicurazioni s.p.a. per il credito

della polizza fideiussoria, stipulata il 16/1/1986 dalla
Soc. coop. a r.l. Maestri d’Arte Ceramica a garanzia della
restituzione delle anticipazioni concesse quale
beneficiaria delle agevolazioni ex 1. 219/81.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 24/919/10/2009, ha accolto per quanto di ragione l’appello
della L.C.A. della Tirrena, escludendo dall’ammissione al
passivo gli interessi, ed ha compensato per un terzo le
spese del grado, condannando la Procedura alla
corresponsione a favore del Ministero delle Attività
Produttive della residua frazione delle spese.
La Corte territoriale ha nello specifico ritenuto:
che la polizza fideiussoria garantiva non solo la
realizzazione dello stabilimento,

ma

anche

l’avvio

dell’attività dell’ opificio ed il mantenimento dello
standard occupazionale per un decennio, come previsto dal
decreto ministeriale di concessione del contributo e dalle
disposizioni del disciplinare di fruizione dello stesso,
richiamati espressamente
oggetto della garanzia;

a

pag. 2 della polizza quale

di euro 1.246.726,96, oltre interessi e spese, in forza

che nella specie, la cooperativa beneficiaria, dopo avere
realizzato parte dello stabilimento, era fallita, non
avendo completato le opere né iniziato l’attività, per cui
la garanzia poteva essere azionata dall’Amministrazione;

contributo

(ricostruzione

del

tessuto

che, stante la ragione di fondo della concessione del
produttivo,

mantenimento o incremento del livello occupazionale nella
zona del “cratere” del sisma del novembre 1980), sarebbe
stato illogico ancorare l’azionabilità della polizza
all’entità delle opere non realizzate;
che non sussisteva il vizio di extrapetizione della
sentenza appellata per le argomentazioni addotte per
respingere le eccezioni della L.C.A., per trattarsi di
argomenti del Tribunale sulla natura e sui limiti della
polizza.
Ricorre avverso detta sentenza la L.C.A. sulla base di tre
motivi.
Si difende l’Amministrazione con controricorso.
Ambedue le parti hanno depositato le memorie ex art.378
c.p.c.; la ricorrente ha depositato osservazioni sulle
conclusioni del P.M., ex art. 379 c.p.c.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo mezzo, la L.C.A. si duole del vizio di
s

violazione e falsa applicazione degli artt.1362 e 1363
c.c.; secondo l’interpretazione letterale degli artt.2, 3 e

1

6 del disciplinare dell’11/7/1985, al quale la polizza
rinvia per l’individuazione dell’oggetto, risulta che la
polizza stessa è stata rilasciata a garanzia
dell’obbligazione di realizzazione dello stabilimento e non

anche per farlo entrare in funzione e conservare gli
standard occupazionali; in particolare, l’art. 6,3 ° e 40
coma del disciplinare, prevedeva la riduzione della
garanzia prestata in relazione all’erogazione della prima
rata del contributo a seguito dei collaudi parziali e,
quindi, in correlazione con il progredire dei lavori, e
l’estinzione della fideiussione a seguito del collaudo
finale dei lavori.
Secondo la ricorrente, inoltre, la Corte d’appello ha anche
violato

e

falsamente

applicato

il

criterio

di

interpretazione fissato dall’art.1363 c.c., non
considerando che l’interpretazione secondo la quale la
polizza garantiva esclusivamente la costruzione dello
stabilimento è confermata dalle premesse e dall’art.2 della
polizza, nonché dall’art.12 del disciplinare,che collegava
la liberazione della polizza all’esecuzione dei collaudi
parziali e del collaudo finale ed alla presentazione di una
serie di documenti espressamente indicati, non relativi
alla messa in opera dell’opificio ed al mantenimento dei
livelli occupazionali.

I,

La ricorrente conclude rilevando che l’interpretazione data
dalla Corte del merito pone nel nulla le clausole sulla
progressiva riduzione della polizza e sulla liberazione
della stessa.

Va in prima battuta rilevato che la ricorrente ha assolto
all’onere di cui all’art.366, 1 0 comma n.6 c.p.c., come
novellato dal d.lgs.40/2006, avendo indicato, sia pure
nella parte in fatto del ricorso, la sede processuale di
produzione del disciplinare e della polizza fideiussoria,
quali documenti posti a base della censura.
Ciò posto, si deve peraltro ritenere l’inammissibilità del
motivo per quanto di seguito esposto.
La ricorrente, in tesi, fa valere la violazione dei criteri
di interpretazione dei contratti, di cui agli artt.
1362(nella priorità attribuita al senso letterale delle
parole e delle espressioni adoperate nel contratto, al fine
di ricercare la comune intenzione dei contraenti) e 1363
c.c.( nell’esigenza di avere riguardo alle premesse ed
all’art.2 della polizza nonché all’art.12 del disciplinare,
deponenti per la prestazione della fideiussione a garanzia
della sola costruzione dello stabilimento).
Come reso evidente dalla sintesi sopra riportata, la
ricorrente non addebita alla Corte del merito di avere
attribuito alle clausole contrattuali un significato

2.1.- Il motivo è inammissibile.

letterale diverso da quello fatto proprio dalle espressioni
letterali adottate, ma richiama disposti del disciplinare
per avvalorare la propria tesi, ovvero che la polizza
fideiussoria garantiva solo la costruzione dello

del tutto coincidente, che “l’obbligazione garantita era
costituita dall’obbligo di realizzare le opere
corrispondenti all’importo dell’anticipazione erogata” (così
pag. 14).
La

ricorrente,

quindi,

perviene

in

tal

modo

inammissibilmente a contestare il risultato interpretativo
a cui è pervenuto il Giudice del merito.
Ancora, quanto alla censura di violazione e falsa
applicazione del canone interpretativo dell’art.1363 c.c.,
la L.C.A. fa riferimento alle premesse ed all’art.2 della
polizza, nonché all’art.12 del disciplinare, quali disposti
(scelti dalla parte all’interno del coacervo delle
disposizioni che regolano il rapporto di cui si tratta e di
cui, nel resto, questa Corte non ha cognizione) che, in
tesi, militerebbero per l’interpretazione offerta dalla
parte e che, come tali, la Corte del merito avrebbe dovuto
considerare, così pervenendo al risultato ermeneutico
caldeggiato dalla ricorrente.
Nella stessa prospettazione di parte, la censura si palesa
non come denuncia del vizio ex art.360 n.3 c.p.c., ma come

stabilimento(così pag. 11 del ricorso) o, in un’ottica non

-

doglianza sulla logicità dell’esito interpretativo della
Corte d’appello, che, se mai, avrebbe dovuto costituire
censura ex art. 360 n.5 c.p.c.
1.2.- Col secondo motivo, la ricorrente si duole del vizio

garanzia in violazione dell’art.5, 1 0 comma delle
condizioni generali di polizza, da cui la non debenza del
pagamento( il pagamento delle somme oggetto di garanzia era
subordinato ad adempimenti, tra cui la trasmissione da
parte del Ministero dell’ultimo certificato di collaudo
ultimo e dei mandati di pagamento).
2.1.- Il motivo è infondato.
Va a riguardo osservato che la Corte d’appello, dopo avere
riportato il primo motivo di gravame, con cui la L.C.A. si
era lamentata dell’ammissione del credito nonostante la
mancanza delle condizioni di cui all’art.5 della polizza
fideiussoria (mancata allegazione delle copie dell’ultimo
certificato di collaudo e dei mandati di pagamento relativi
al contributo erogato) ed il secondo motivo, li ha
disattesi perché infondati: non sussiste quindi il vizio di
omessa pronuncia, stante la chiara statuizione di rigetto
resa dalla Corte capitolina.
Ove, infine, la parte avesse fatto valere profili, sempre
relativi all’art.5 della polizza, ulteriori rispetto a
quelli riportati dalla Corte d’appello, sarebbe stato onere

di omessa pronuncia sull’eccezione di escussione della

della parte riportare lo specifico contenuto delle proprie
eccezioni ed indicare quando e con quale atto avesse
sottoposto detti rilievi al Giudice del merito, mentre del
tutto generica è l’asserzione della ricorrente, di avere

all’art.5 della polizza “negli scritti difensivi di primo e
di secondo grado.
1.3.- Col terzo mezzo, la L.C.A. si duole della violazione
dell’art.112 c.p.c., per avere la Corte del merito respinto
il motivo d’appello inteso a denunciare il vizio di
extrapetizione della sentenza del Tribunale, per avere
respinto l’eccezione di estinzione della fideiussione per
decorrenza del termine di decadenza di cui all’art.1957
c.c., sulla base di rilievi non prospettati dal Ministero.
2.3.- Il motivo è inammissibile.
La Corte d’appello si è pronunciata sul secondo motivo,
inteso a far valere l’extrapetizione della sentenza del
Tribunale quanto alla reiezione dell’eccezione di
estinzione della polizza ex art.1957 c.c., e tale
statuizione non configura extrapetizione della sentenza
impugnata, essendosi la stessa limitata a respingere nel
merito l’eccezione riproposta in appello; se mai, sarebbe
stata impugnabile nel merito la decisione resa dalla Corte
territoriale (decisione peraltro corretta, alla stregua

evidenziato il mancato rispetto delle condizioni di cui

a

dell’insegnamento delle S.U., di cui alla pronuncia

T

15661/2005).
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso. Le spese del
presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle
spese, liquidate in euro 20.000,00, oltre euro 200,00 per
esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 12 maggio 2015

Depositato in Cancelleria

la soccombenza.

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