Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13086 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13086 Anno 2014
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso 8842-2011 proposto da:
ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA 09633951000 Società con
unico azionista, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di
Enel SpA, nella qualità di procuratore della ENEL DISTRIBUZIONE
SPA in persona del proprio procuratore, nonché ENEL SERVIZIO
ELETTRICO SPA – Società con unico azionista, soggetta all’attività di
direzione e coordinamento di Enel SpA, nella sua qualità di
beneficiaria del ramo di azienda della Enel Distribuzione SpA in
persona del proprio procuratore, élettivamente domiciliate in ROMA,
VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato
SZEMERE RICCARDO, che le rappresenta e difende unitamente
all’avv. PIETRO GUERRA, giusta procura a margine del ricorso;

Data pubblicazione: 10/06/2014

- ricorrenti contro
MAGNO GENNARO;

– intimato –

ANNUNZIATA – Sezione Distaccata di CASTELLAMMARE DI
STABIA, depositata l’l /03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’8/05/2014 dal Presidente Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI.

Ric. 2011 n. 08842 sez. M3 – ud. 08-05-2014
-2-

avverso la sentenza n. 120/2010 del TRIBUNALE di TORRE

8842/2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza depositata in data 1.3.2010 il Tribunale di
Torre Annunziata – Sezione distaccata di Castellammare di
Stabia – rigettò l’appello proposto da Enel Distribuzione

condannata a risarcire a Gennaro Magno il danno da
inadempimento del contratto di somministrazione di energia
elettrica.
2. – L’inadempienza venne ravvisata nel mancato rispetto del
provvedimento dell’Autorità Garante per l’Energia Elettrica e
il Gas che aveva previsto l’obbligo per il fornitore di
predisporre una modalità gratuita di pagamento dell’energia,
in tal senso integrando – ex art. 1339 c.c. – il contratto di
somministrazione.
3 – Avverso la suddetta sentenza Enel Servizio Elettrico
s.p.a., nella qualità di procuratore speciale di Enel
Distribuzione S.p.A. nonché Enel Servizio Elettrico s.p.a.,
quale beneficiaria di ramo di azienda di Enel Distribuzione
spa, hanno proposto ricorso per cassazione affidato a sette
motivi .
L’utente intimato non ha espletato attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

l.- Il primo motivo di ricorso denuncia “violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 della Legge 14 novembre 1995 n.
481”, assumendosi che la deliberazione n. 200 del 1999 e

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S.p.A. avverso la sentenza del Giudice di Pace che l’aveva

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particolarmente l’art. 6, coma 4, di essa non aveva avuto
l’effetto di integrare il contratto di utenza, perché la
legge n. 481 del 1995 e in specie l’art. 2, comma 12, lettera

h) di essa attribuirebbe questo effetto solo alle delibere in

comma 4 dell’art. 6 avrebbe riguardato materia estranea a
tali concetti.
Il secondo motivo lamenta “difetto di motivazione in ordine
ad un fatto decisivo e controverso”.
Il terzo motivo denuncia la ” violazione e falsa applicazione
dell’art. 2 comma 12 lettera h) della legge 481/1995 in
relazione all’art. 1196 c.c. insufficiente e
contraddittoria motivazione ”
Il quarto motivo denuncia “violazione e falsa applicazione
dell’art. 1339 c.c.”, sotto il profilo che erroneamente il
Tribunale avrebbe attribuito, comunque, efficacia integrativa
del contratto all’art. 6, coma 4, citato, invocando l’art.
1339 c.c.: tale norma non poteva, invece, trovare
applicazione, perché rende possibile l’inserzione automatica
di clausole nel contratto solo in sostituzione di quelle
difformi previste e non invece, l’inserimento in assenza di
una specifica pattuizione contrattuale. D’altro canto,
l’inserimento non era stato possibile anche perché
l’inosservanza della delibera da parte dell’Enel era

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tema di produzione ed erogazione di servizi, mentre il citato

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espressamente sanzionabile dall’Autorità ai sensi dell’art.
2, comma 20, lett.

c) della citata 1. n. 481 del 1995.

Il quinto motivo denuncia “insufficiente motivazione in
ordine a fatti decisivi e controversi”.

ordine a fatti decisivi e controversi”.
2. – I primi sei motivi, riguardando, sotto diversi profili,
la questione dell’idoneità dell’art. 6, coma 4, della nota
deliberazione a svolgere efficacia integrativa del contratto,
possono essere considerati unitariamente, con l’avvertenza
che le considerazioni che si verranno svolgendo ed
approderanno alla conclusione della sua inidoneità si
giustificano, sia a livello interno alla 1. n. 481 del 1995,
sia considerandola in riferimento al meccanismo civilistico
di cui all’art. 1339 c.c., espressamente evocato dall’Enel,
sia

considerandola

in

riferimento

alla

norma

sull’integrazione del contratto ai sensi dell’art. 1374 c.c.,
evocata fugacemente dalla decisione impugnata, ma non nei
motivi della ricorrente.
3.

– Il Collegio ritiene che l’art. 6, comma 4, della

deliberazione non abbia determinato in alcun modo né
l’inserimento della relativa previsione nel contratto di
utenza, né l’integrazione di esso.
Queste le ragioni.

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Il sesto motivo denuncia “contraddittoria motivazione in

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3.1 – Deve innanzitutto ritenersi che non è condivisibile la
prospettazione dell’Enel secondo cui l’art. 2, comma 12,
lett.

h)

sarebbe da interpretare nel senso che le

deliberazioni adottate dall’A.E.G.G. ai sensi di essa (fra le

svolgere efficacia integrativa dei contratti di utenza
individuali, attraverso la mediazione dell’integrazione del
regolamento di servizio predisposto dal concessionario,
soltanto per quanto attiene alla produzione ed alla
erogazione del servizio, intese come relative all’esecuzione
della prestazione del concessionario del servizio e non
invece quanto alle modalità di esecuzione della prestazione
dell’utente, come nella specie la modalità dell’adempimento.
Questa lettura della norma non appare conforme alla sua
corretta esegesi, sia sul piano letterale sia su quello
teleologico.

quali rientra quella di cui all’art. 6, comma 4) possano

3.2 – Le ragioni sono le seguenti. Va premesso che l’art. l, \\ /
comma l, della l. n. 481 del 1995

(recante:

«Norme per la

concorrenza e la regolazione del servizi di pubblica utilità.
Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di
pubblica utilità»),

prevede, sotto la rubrica

«Finalità»

che «Le disposizioni della presente legge hanno la finalità
di

garantire

la

promozione

della

concorrenza

e

dell’efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità,
di seguito denominati «servizi» nonché adeguati livelli di

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qualità nel servizi medesimi in condizioni di economicità e
di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione
in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale, definendo
un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri

e consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in
materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal
Governo. Il sistema tariffario deve altresì armonizzare gli
obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti il
servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di
tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse.>>.
Il lettore della norma percepisce che fra le finalità della
legge v’è anche quella di promuovere

“la tutela degli

interessi di utenti e consumatori”.
Il successivo art. 2, comma 12, dopo avere previsto che
«Ciascuna Autorità nel perseguire le finalità di cui
all’articolo 1 svolge le seguenti funzioni>>,

che poi

provvede ad elencare in una serie di lettere, nella lettera
h) dispone che l’A.E.G.G.

«emana le direttive concernenti la

produzione e l’erogazione del servizi da parte del soggetti
esercenti i servizi medesimi, definendo in particolare i
livelli generali di qualità riferiti al complesso delle
prestazioni e i livelli specifici di qualità riferiti alla
singola prestazione da garantire all’utente, sentiti i
soggetti esercenti il servizio e i rappresentanti degli

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predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti

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utenti e dei consumatori, eventualmente differenziandoli per
settore e tipo di prestazione; tali determinazioni producono
gli effetti di cui al comma 37».
Ora, la struttura di questa norma consente di affermare che

previsto possa senz’altro derivare una integrazione del
contratto di utenza ai sensi dell’art. 1339 c.c. (possibile
anche senza una sostituzione di clausola prevista,
sostituzione che può, comunque, essere anche solo parziale e,
quindi, modificativa).
Il punto da chiarire concerne, per un verso la definizione
dell’ambito oggettivo di tale possibile integrazione e, per
altro verso l’individuazione delle condizioni in presenza
delle quali l’esercizio del potere può avere l’effetto
integrativo.
Che in astratto l’integrazione possa avvenire si desume dal
fatto che il potere di cui alla norma in esame è potere
esercitabile attraverso atti di natura certamente
amministrativa, qualificabili, allorquando abbiano carattere
normativo, cioè idoneità a prescrivere comportamenti ai
soggetti esercenti, come regolamenti propri del settore cui
appartiene il singolo servizio e cui soprintende la specifica
autorità, oppure, se si dà rilievo alla limitatezza della
platea di detti soggetti ed al loro carattere predefinito in
un dato momento, e da tanto si inferisca la mancanza del

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dall’esercizio da parte dell’A.EG.G. del potere da essa

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carattere

dell’astratta

indeterminatezza

dei

soggetti

destinatari, come atti amministrativi precettivi collettivi,
cioè diretti verso soggetti determinati. Poiché tali atti
sono emanati sulla base di una previsione di legge, allorché

considerato come determinativo di una clausola rispetto al
contratto di utenza, l’applicabilità dell’art. 1339 c.c.
appare in linea generale giustificata, perché, quando detta
norma allude alle <> imposte dalla legge non si
riferisce soltanto al caso nel quale la legge individui essa
stessa direttamente la clausola da inserirsi nel contratto
(come sarebbe stato se il Codice avesse richiesto che la
clausola sia prevista <> o <>
dalla legge), ma allude anche all’ipotesi in cui la legge
preveda che l’individuazione della clausola sia fatta da una
fonte normativa da essa autorizzata.
Il che accade nella specie, poiché la previsione di legge
dell’art. 2, comma 12, lett.

h), nell’attribuire all’autorità

e fra queste all’A.E.G.G., il potere di direttiva – se si
ritiene che tale potere possa concretarsi nell’individuare
clausole dei contratti di utenza – avrebbe appunto l’indicata
funzione autorizzatoria, nel senso che la direttiva
determinerebbe l’integrazione del contratto in quanto
abilitatavi da una previsione di legge.

9

il loro profilo funzionale ed il loro contenuto possa essere

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E’ vero che nella norma non v’è alcun riferimento ai
contratti di utenza. Tuttavia, la mancanza di tale
riferimento non è affatto decisiva, perché l’ultimo inciso
della norma, prevedendo che le determinazioni dell’autorità

l’integrazione dei contratti di utenza possa avvenire
mediatamente.
Il comma 37 dell’art. 2, infatti, stabilisce che

«Il

soggetto esercente il servizio predispone un regolamento di
servizio nel rispetto dei principi di cui alla presente legge
e di

quanto stabilito negli

atti

di

cui al coma 36.

Le

determinazioni delle Autorità di cui al comma 12, lettera h),
costituiscono modifica o integrazione del regolamento di
servizio>>: è

allora chiaro che una integrazione del

regolamento di servizio, qualora si concreti nella previsione
che il contratto di utenza debba contenere una certa
clausola, rappresentando il regolamento di servizio
sostanzialmente le condizioni generali di contratto alle
quali debbono adeguarsi i contratti di utenza, si risolve in
via mediata in una integrazione autoritativa dello stesso
contratto.
3.3 – Ciò chiarito, riprendendo l’interrogativo su indicato a
proposito della necessità di definire il possibile ambito
oggettivo della integrabilità dei contratti di utenza per il
tramite del potere di cui all’art. 2, comma 12, lett.

h), si

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producano gli effetti del successivo coma 37, consente che

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deve rilevare che l’oggetto di tale potere, là dove (oltre
che alla produzione) si riferisce alla
servizi»,

«erogazione del

ove venga messo in relazione con la proclamazione

dell’art. l, comma l, della l. n. 481 del 1995 in ordine alla

essere riferito all’intero ambito del rapporto di utenza
individuale, perché l’erogazione del servizio, essendo
diretta verso gli utenti ed avvenendo sulla base dei rapporti
individuali di utenza, è formulazione talmente generale da
apparire di per sé idonea a comprendere anche il profilo del
contenuto di detti rapporti. L’interesse degli utenti e dei
consumatori, infatti, non può non essere tutelato anche con
riferimento a quell’aspetto delle modalità di erogazione del
servizio che si estrinseca nei rapporti individuali. Né in
senso contrario assume un qualche valore l’espressione con la
quale la lettera

h)

specifica «in particolare» che le

direttive debbono definire «i livelli generali di qualità
riferibili al complesso delle prestazioni e

i

livelli

specifici di qualità riferibili alla singola prestazione da
garantire all’utente». In tal modo si assegna un contenuto
minimo necessario alle direttive, ma non si sminuisce il
valore onnicomprensivo del riferimento all’erogazione del
servizio per come giustificato dall’art. l, comma l.
Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale non
appare fondata neppure una giustificazione delle lettura

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tutela degli interessi di utenti e consumatori, si presta ad

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restrittiva della lettera

h)

nel senso – come scrive il

Tribunale stesso – ch’esso riguarderebbe comunque solo la
prestazione del concedente, mentre gli obblighi dell’utente
sarebbero considerati dalle lettere /) ed

n)

dello stesso

perché prescrizioni contenutistiche circa i contratti di
utenza, dirette a disciplinare gli obblighi del concedente,
non afferiscono almeno indirettamente comunque, cioè anche
quando siano dirette a regolare i comportamenti da tenersi da
parte dell’utente, alla prestazione del concessionario, posto
che ad essa essi si correlano nel sinallagma contrattuale, si
osserva che il contenuto delle lettere /) ed

n)

semmai

conferma la lettura estensiva della lettera h).
La lettera /) dispone che l’autorità «pubblicizza e diffonde
la conoscenza delle condizioni di svolgimento dei servizi al
fine di garantire la massima trasparenza, la concorrenzialità
dell’offerta e la possibilità di migliori scelte da parte
degli utenti intermedi o finali».

E la lettera

n)

che

l’autorità «verifica la congruità delle misure adottate dai
soggetti esercenti il servizio al fine di assicurare la
parità di trattamento tra gli utenti, garantire la continuità
della prestazione del servizi, verificare periodicamente la
qualità e l’efficacia delle prestazioni all’uopo acquisendo
anche la valutazione degli utenti, garantire ogni
informazione circa le modalità di prestazione dei servizi e i

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art. 2, comma 12. In disparte il rilievo che non è chiaro

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relativi

livelli

qualitativi,

consentire a

utenti

e

consumatori il più agevole accesso agli uffici aperti al
pubblico, ridurre il numero degli adempimenti richiesti agli
utenti semplificando le procedure per l’erogazione del

e segnalazioni nel rispetto dei livelli qualitativi e
tariffari;>>.
Invero, la previsione della lettera /) attiene a compiti di
diffusione di informazione presso gli utenti e la lettera n)
disciplina i poteri di verifica dell’Autorità, ma l’una e
l’altra attività nulla hanno a che fare con la possibile
determinazione, attraverso le direttive cui allude la lettera

h),

del contenuto del contratto di utenza attraverso la

mediazione dell’intervento sul regolamento di servizio.
3.4 – Deve, dunque, affermarsi che l’A.E.G.G. attraverso le
direttive previste dalla lettera

h)

dell’art. 2, comma 12,

bene può dettare precetti che, in quanto integrano il
contenuto del regolamento di servizio cui allude il coma 37
della norma dello stesso art. 12 possono produrre
l’integrazione dei contratti di utenza pendenti attraverso la
previsione dell’art. 1339 c.c.
A fini di nomofilachia, prima di definire le condizioni in
presenza delle quali ciò può avvenire e, quindi, di chiarire
se sia avvenuto in concreto con riguardo alla specie che si
giudica, il Collegio reputa opportuno formulare una

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servizio, assicurare la sollecita risposta a reclami, istanze

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precisazione, che concerne sempre il profilo oggettivo
dell’ambito entro il quale le direttive della lettera

h)

possono svolgere la funzione di integrazione ai sensi
dell’art. 1339 c.c.

riferimento a rapporti pur sempre espressione della privata
autonomia ed articolandosi attraverso manifestazioni
normative secondarie regolamentari oppure integranti atti
amministrativi precettivi collettivi, sia pure autorizzate
dalla previsione di legge, essa può comportare interventi che
incidano sui rapporti di utenza in modo derogatorio anche di
norme di legge, se del caso dello stesso Codice Civile, che
abbiano, però, un contenuto meramente dispositivo, cioè
derogabile dalla privata autonomia, mentre deve escludersi
che possa giustificare interventi in senso derogatorio di
norme previste da disposizioni legislative di contenuto
imperativo. Invero, mentre l’intervento sulle norme del primo
tipo è pienamente giustificabile perché incide su previsioni
legislative che le stesse parti, con il loro accordo,
potrebbero derogare, sì che appare giustificato a maggior
ragione che sia l’Autorità preposta al settore a prevedere la
deroga, seppure con il limite funzionale e di scopo di cui
immediatamente si dirà, viceversa, in presenza di una norma
imperativa di legge, il principio di legalità impone di
intendere il fenomeno di attribuzione di poteri di

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La precisazione è nel senso che, avvenendo l’integrazione con

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disciplina, con fonti di rango secondario o addirittura non
aventi nemmeno contenuto normativo, in modo restrittivo. E,
dunque, in mancanza di un’espressa attribuzione del potere di
deroga alle norme imperative da parte di una norma di legge

nell’ordinamento interno), come non esercitabile in deroga ad
esse.
Solo in questo senso e nei limiti ora detti si intende
condividere l’affermazione di Cons. Stato, VI Sezione, 11
novembre 2008, n. 5622 circa l’esegesi del potere di
normazione di cui all’art. 2, comma 12, lett.

h),

che,

invece, quel consesso parrebbe avere inteso come riferita ad
ogni norma di legge.
3.5- Sciogliendo la riserva espressa poco sopra, il Collegio
ritiene, inoltre, che la stessa possibilità di deroga a norme
di legge meramente dispositive sia, però, da restringere
sotto il profilo funzionale in senso unidirezionale, cioè sia
limitata ad una deroga a favore dell’utente o del
consumatore. Lo impone sempre il precetto espresso nel comma
1 dell’art. 1 della legge di settore in precedenza ricordato
circa il necessario indirizzarsi dell’attività dell’Autorità
a tutela degli interessi di utenti e consumatori. Ciò,
naturalmente, con l’eccezione che vi sia una norma di legge o
di rango comunitario ad efficacia diretta che abiliti anche
alla deroga a norme imperative. Sicché il principio di

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(o, deve ritenersi, di rango comunitario ad effetti diretti

UrN

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diritto che può affermarsi è il seguente:

«Il potere

normativo secondario (o, secondo una possibile qualificazione
alternativa, di emanazione di atti amministrativi precettivi
collettivi) dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas

anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso
l’integrazione del regolamento di servizio, di cui al comma
37 dello stesso art. 2, possono in via riflessa integrare, ai
sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei rapporti di
utenza individuali pendenti anche in senso derogatorio di
norme di legge, ma alla duplice condizione che queste ultime
siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle
stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta
dall’Autorità a tutela dell’interesse dell’utente o
consumatore, restando, invece, esclusa salvo che una
previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad
efficacia diretta – non la consenta – la deroga a norme di
legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di legge
dispositive a sfavore dell’utente e consumatore>>.

3.6 – Può passarsi, a questo punto, a definire le condizioni
in presenza delle quali la normazione o l’atto di esercizio
di poteri amministrativi precettivi a contenuto collettivo ai
sensi dell’art. 2, comma 12, lett. h), con i limiti indicati,
può integrare, attraverso la mediazione dell’integrazione del
regolamento di servizi, i contratti di utenza individuale.

16

ai sensi dell’art. 2, comma 2, lettera h), si può concretare

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Tale definizione deve partire dal dato che il potere di
normazione o di amministrazione

de quo è

qualificato con

un’espressione, quella di direttiva, che si presta a
comprendere:

a)

l’imposizione di precetti al destinatario

del caso con o senza assegnazione di un limite di tempo,
salva la individuazione da parte di esso del modo con cui
pervenire al risultato, ch’egli, dunque, può in sostanza poi
scegliere;

b)

l’imposizione di un precetto specifico che non

lasci al destinatario alcuna possibilità di scelta sui tempi
e sui modi. Ebbene, l’idoneità della direttiva a determinare,
tramite la mediazione dell’integrazione del regolamento di
servizio, l’integrazione dei contratti di utenza per la via
dell’art. 1339 c.c. è configurabile soltanto nel secondo
caso. Non lo è, invece, nel primo. Soltanto nel secondo caso,
l’imposizione di un precetto specifico si può connotare

sub

specie di clausola, cioè di diretta regolamentazione prima
del regolamento di servizio e, quindi, del contratto di
utenza. Invero, una clausola, identificando una parte del
regolamento contrattuale deve avere di norma un contenuto
determinato, cioè specifico (art. 1346 c.c.). E’ vero che la
clausola può avere anche un contenuto determinabile (sempre
art. 1346 c.c.), ma allora – ammesso che sia sostenibile
un’integrazione ai sensi dell’art. 1339 c.c. di un contratto,
attraverso una norma che si limiti a prevedere che debba

17

sub specie di indicazione di un risultato da raggiungere, se

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assicurarsi un risultato, lasciandone però i modi alla
determinazione di una delle parti del contratto – l’onere di
specificazione si trasferisce almeno al procedimento ed ai
contenuti della determinazione.

n. 200 del 1999, imponendo all’esercente

«di offrire al

cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della
bolletta>>

si connotava certamente come prescrizione del

tutto inidonea ad integrare una clausola di contenuto
determinato. In tanto, la previsione della modalità come
concorrente con altre di effetto diverso lasciava al
concessionario il potere di individuare questa modalità in
concorso con altre e, quindi, lo facultava a prevedere più di
una modalità. In secondo luogo, il concessionario era
facultato ad individuare gli stessi termini della modalità
gratuita. Né potrebbe dirsi che la prescrizione integrasse
una clausola il cui contenuto era rimesso all’individuazione
dello stesso concessionario, sì da integrare una clausola di
contenuto determinabile: occorre, infatti, tenere presente
che la determinabilità, una volta che la modalità gratuita
non veniva prevista come esclusiva, era sostanzialmente
insussistente, in quanto l’esercizio del potere di
determinazione da parte del concessionario doveva muoversi
pur sempre lasciando intatta la previsione del codice civile,
di cui alla norma dispositiva sul pagamento, prevista

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Ora, la previsione dell’art. 6, comma 4, della Deliberazione

V .-

8842/2011

nell’art. 1196 c.c., secondo la quale «le spese del
pagamento sono a carico del debitore». Previsione questa che
implica che il costo dell’attività necessaria al debitore per
pagare è di norma a suo carico e che, per essere apprezzata

con quelle sul luogo del pagamento, espresse nell’art. 1182
c.c., e particolarmente con quella sul luogo del pagamento
delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro
determinate, che il primo inciso del terzo comma della norma,
indica nel domicilio del creditore. L’art. 1196, in sostanza,
in riferimento a dette obbligazioni, fra le quali rientrano
quelle dell’utente relative al pagamento della bolletta (o
fattura) (modalità di richiesta del pagamento sostanzialmente
prevista come necessaria dall’art. 6, comma l, della nota
deliberazione), comportava che la spesa necessaria all’utente
per recarsi a pagare al domicilio del soggetto esercente
fosse a carico di lui. Onde, la previsione di una modalità
gratuita di pagamento, in mancanza sia di un’espressa deroga
all’art. 1196 c.c., sia di una deroga implicita, siccome
rivelava la previsione come soltanto una delle modalità (e,
quindi, alternativa) di quella gratuita, non poteva certo
implicare che l’utente dovesse essere esentato da detta
spesa, ma, semmai, poteva giustificare che l’esercente non
potesse imporre in caso di pagamento al suo domicilio (o ad
uno dei suoi domicili) un addebito ulteriore: la spesa per

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nel suo effettivo significato, dev’essere coordinata anche

8842/2011

l’esecuzione del pagamento al detto domicilio e, quindi, il
costo dell’attività ed il dispendio di attività per farlo ai
sensi dell’art. 1196 c.c. erano a carico dell’utente, stante
la mancata deroga a detta norma.

la consbrvazione dell’onere del debitore di sopportare
eventuali costi per l’attività necessaria per adempiere al
domicilio dell’esercente, implicava che lo stesso parametro
della «gratuità» dovesse essere valutato comparativamente
con il costo di modalità di pagamento che, pur imponendo
all’utente un costo, come il pagamento con domiciliazione
bancaria o su conto corrente postale, tuttavia, l’avessero
esentato dalla spesa necessaria per recarsi presso il
domicilio (più o meno lontano) dell’esercente, spesa che
poteva essere più o meno rilevante a seconda della sua
distanza. In questa situazione la prescrizione dell’art. 6,
comma, 4 non aveva nemmeno un contenuto tale da poter essere
mutuato come clausola a contenuto determinabile e, dunque,
anche a voler (problematicamente) concedere che
un’integrazione ai sensi dell’art. 1339 c.c. sia possibile da
parte di una clausola a contenuto rimesso alla determinazione
di una parte – non era idonea a modificare o integrare il
regolamento di servizio all’epoca vigente e, quindi, di
risulta i contratti di utenza individuali.

20

Nel contempo, la mancanza di deroga all’art. 1196 e, quindi,

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3.7- In realtà, una prescrizione come quella in discorso, per
la sua indeterminatezza assegnava all’esercente una sorta di
obbligo di perseguimento di un risultato con ampi poteri di
scelta, salva la valutazione dell’A.E.G.G. circa il

ispezione, accesso ed acquisizione di documentazione e
notizie, previsti dall’art. 2, comma 12, lett.

g) e quelli di

valutazione di reclami, istanze e segnalazioni della
successiva lettera

m),

con conseguente possibilità

dell’Autorità all’esito di esercitare il potere previsto
dall’art. 2, comma 20, lett. d), cioè di ordinare

<

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