Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13084 del 15/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 15/06/2011), n.13084

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

L.B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 71/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CALTANISSETTA, depositata il 16/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato BARBARA TIDORE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

il rigetto.

Fatto

1. Con sentenza n. 71/21/05, depositata il 16.5.05, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Caltanissetta, avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto da L.B.A. – quale socio illimitatamente responsabile della società Sicilbest s.n.c. – avverso l’avviso di rettifica emesso dall’Ufficio IVA di Caltanissetta, per l’anno di imposta 1994.

2. La CTR riteneva, invero, del tutto non valutabile, nella controversia concernente il socio, ancorchè illimitatamente responsabile, la sentenza emessa nei confronti della società Sicilbest s.n.c., sebbene passata in giudicato, trattandosi di accertamento al medesimo non opponibile, poichè concernente un diverso soggetto processuale. Il giudice di appello reputava, poi, sforniti del requisito della gravita, precisione e concordanza gli elementi che l’Ufficio aveva desunto dalla contabilità informale reperita presso una ditta fornitrice della Sicilbest, nella quale era annotata la cessione a quest’ultima – a fronte della quale non risultava emessa fattura alcuna – di ben 676 capi di bestiame (suini).

3. Per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Sicilia n. 71/21/05 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate formulando un unico motivo, articolato in due censure. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate ha dedotto l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1. Si duole, invero, l’amministrazione ricorrente del fatto che la CTR della Sicilia non abbia in alcun modo preso in considerazione, nella motivazione dell’impugnata sentenza, la decisione n. 235/1/99 – di segno contrario rispetto a quella oggetto di esame in questa sede – emessa dalla CTP di Caltanissetta e passata in giudicato, ottenuta dall’Ufficio nei confronti della Sicilbest s.n.c, della quale il L. B. è socio illimitatamente responsabile.

La sentenza suindicata, ad avviso dell’amministrazione, avrebbe potuto, invero, fornire alla CTR seri e pregnanti elementi di convincimento, in ordine alla cessione, da parte della ditta Nucera Domenico e in favore della Sicilbest s.n.c, di ben 676 suini, costituente un corrispettivo non dichiarato dalla società contribuente nella dichiarazione IVA annuale. Tali elementi – a parere della ricorrente – avrebbero, quindi, ben potuto indurre il giudicante di appello a ritenere – contrariamente a quanto, invece, statuito con l’impugnata sentenza – del tutto legittima la rettifica, da parte dell’Ufficio, della dichiarazione IVA presentata dalla contribuente, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5.

1.2. L’Agenzia delle Entrate censura, inoltre, l’impugnata sentenza, per avere la CTR negato del tutto -in violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5 – il valore probatorio alla documentazione extracontabile – considerata alla stregua di meri “fogli volanti” – reperita dalla Guardia di Finanza presso la ditta Nucera, dalla quale era, per contro, possibile desumere elementi gravi e concordanti (numero dei capi ceduti, data, prezzo pattuito) in ordine alla cessione di ben 676 suini alla Sicilbest s.n.c..

2. Premesso quanto precede, osserva la Corte che il ricorso dell’amministrazione si palesa fondato, in relazione ad entrambi i profili suesposti.

2.1. Per quanto attiene, infatti, all’efficacia del giudicato concernente la società in nome collettivo (Sicilbest s.n.c.) nei confronti del socio ( L.B.A.), è opportuno premettere che, in tema di accertamento e riscossione dell’IVA, l’avviso di rettifica emesso dall’Ufficio nei confronti di una società in nome collettivo, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, legittimamente può contenere l’indicazione – come condebitori solidali, corresponsabili in sede di riscossione, ai sensi dell’art. 2291 c.c. – dei nominativi dei soci illimitatamente responsabili, ed essere notificato – come è accaduto nel caso concreto – anche a costoro, per la contestazione formale di tale loro qualità. Ed è appena il caso di rilevare che il socio destinatario ha l’onere di impugnare – come, nella specie, ha fatto il L.B. – l’atto impositivo, facendo valere in quella sede tutte le sue ragioni, al fine di evitare gli effetti preclusivi, altrimenti inevitabilmente conseguenti alla definitività dell’accertamento impugnato (cfr., in tal senso, Cass. 17225/06).

Ciò posto, è – peraltro – da escludere che la responsabilità illimitata e solidale dei soci della società in nome collettivo, ex art. 2291 c.c., operante anche nei rapporti tributari, possa addirittura comportare la diretta estensione ai soci medesimi del giudicato formatosi tra il creditore e la società. Ed invero, il meccanismo dell’estensione degli effetti della sentenza resa nei confronti di una società di persone anche ai soci illimitatamente responsabili, compresi quelli occulti, siccome delineato dalla L. Fall., art. 147, esaurisce la sua portata nell’ambito della materia della dichiarazione di fallimento, e non si estende ai rapporti ordinari tra i soci fra loro, e fra loro e la società (cfr. Cass. 3658/01). E’ di chiara evidenza, infatti, che – costituendo la società di persone, ancorchè priva di personalità giuridica, pur sempre un centro di interessi diverso dalle persone fisiche dei soci, e dotato di una sua propria autonomia (cfr. tra le tante, Cass. 23129/10, 4652/06) – i soci devono considerarsi terzi rispetto al giudicato conseguito nei confronti della società, che, di conseguenza, non è vincolante nei loro confronti, ai sensi dell’art. 2909 c.c. (secondo cui il giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi ed aventi causa).

2.2. E tuttavia, dalla non estensibilità del giudicato formatosi nei confronti della società al socio illimitatamente responsabile, non può conseguire – come ha, invece, ritenuto nella specie il giudice di appello – la totale irrilevanza di tale pronuncia, ai fini della decisione della controversia concernente il socio, ma traente pur sempre origine dal medesimo rapporto accertato nel precedente giudizio nei confronti della società. Osserva – per vero – la Corte che, rispetto ai terzi, la sentenza passata in giudicato, se non fa stato nei loro confronti, riveste, tuttavia, l’efficacia di prova, o di elemento di prova documentale, in ordine alla situazione giuridica che abbia formato oggetto dell’accertamento giudiziale. Per il che il giudice di merito, al quale la sentenza venga sottoposta, non potrà non tenerne conto, ma dovrà sottoporla alla sua libera valutazione, anche in relazione agli altri elementi di giudizio rinvenibili negli atti di causa (Cass. 1372/03, 4821/99). Se ne deve necessariamente inferire, che l’omesso esame di tale elemento di prova documentale è idoneo ad integrare il vizio motivazionale, dedotto – nel caso di specie – dall’Agenzia delle Entrate.

Il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia si configura, infatti – secondo il costante insegnamento di questa Corte – quando il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia sia tale da invalidare con giudizio di certezza, e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle risultanze sulle quali il convincimento del giudice è fondato; sicchè la ratio decidendi venga, in ultima analisi, a trovarsi priva del necessario supporto fattuale o giuridico (cfr. Cass. 14304/05, 3075/06, 11457/07).

2.3. Orbene, nel caso concreto, la CTR della Sicilia ha totalmente pretermesso l’esame della decisione n. 235/1/99 – che riteneva pienamente provata, nei confronti della società, la pretesa tributaria dell’Ufficio – muovendo dal rilievo dell’autonomia del giudizio instaurato nei confronti del socio, rispetto al quello conclusosi nei confronti della società.

E tuttavia, da tale decisione – trascritta, in conformità al principio c.d. di autosufficienza del ricorso, dall’Ufficio nella parte essenziale – era possibile desumere che la scrittura extracontabile rinvenuta presso la ditta fornitrice rivelava, in maniera dettagliata ed inequivocabile, tutti i dati (quantità, prezzo, ecc.) riguardanti la cessione di ben 676 suini alla società Sicilbest s.n.c. la quale, benchè fosse stata invitata dall’Ufficio, non era stata in grado di fornire giustificazione alcuna al riguardo.

E’ del tutto evidente, pertanto, ad avviso della Corte, la sussistenza, nella specie, del vizio motivazionale dedotto dall’Agenzia delle Entrate, sotto il profilo dell’omessa considerazione di elementi di prova documentale, fondamentali ai fini del decidere. Tanto più che la CTR – come subito si vedrà – aveva, del pari, immotivatamente ed erroneamente, negato validità probatoria alla stessa documentazione extracontabile, rinvenuta dalla Guardia di Finanza presso la ditta fornitrice della Sicilbest s.n.c, ai fini della giustificazione dell’accertamento induttivo espletato nei confronti della predetta società contribuente.

3. Sotto il suindicato profilo, è palese, invero, la sussistenza – a giudizio della Corte – anche della violazione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5.

3.1. Ed infatti, l’Ufficio ha facoltà di procedere all’accertamento parziale, previsto dalla norma suindicata, ogni qual volta ad esso pervenga una segnalazione della Guardia di Finanza che fornisca elementi idonei, sul piano logico-presuntivo, a far ritenere la sussistenza di introiti non dichiarati, non essendo neppure l’utilizzabilità di tale strumento subordinata ad una particolare semplicità delle indagini compiute (Cass. 21941/07).

Ebbene – contrariamente a quanto ritenuto, del tutto erroneamente, dal giudice di appello – il rinvenimento di una contabilità informale, tenuta su un brogliaccio – o anche su un’agenda, o un block notes, ovvero su qualsiasi altro documento extracontabile – costituisce indizio grave, preciso e concordante dell’esistenza di imponibili non riportati nella contabilità ufficiale, che legittima l’amministrazione finanziaria a procedere ad accertamento induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 (cfr. Cass. 6949/06, 2561006, 3388/10).

3.2. Ne discende che, nel caso concreto, costituisce palese violazione del disposto normativo suindicato, l’avere la CTR negato qualsiasi rilevanza al manoscritto rinvenuto dalla Guardia di Finanza, ed oggetto di segnalazione all’Ufficio ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5, dal quale potevano, per contro, evincersi indicazioni circostanziate e dettagliate, concernenti la cessione di un rilevante numero di capi di bestiame (ben 676) a favore della società Sicilbest s.n.c, della quale l’odierno intimato è socio illimitatamente responsabile. Tale circostanza, invero, per la sua gravità – in relazione all’elevatissimo numero di suini ceduti ed al correlato, ingente, corrispettivo non dichiarato dalla contribuente – non poteva non legittimare l’accertamento in rettifica della dichiarazione IVA da parte dell’Ufficio, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5.

4. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

5. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’intimata soccombente, nella misura di cui in dispositivo.

Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; condanna l’intimato al rimborso delle spese del presente giudizio, a favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 4.800,00, oltre le spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011

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