Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13083 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/05/2021, (ud. 12/02/2020, dep. 14/05/2021), n.13083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22209-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO CASE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

PACELLI 14, presso la studio dell’avvocato GIAN MARIA FRATTINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI MAIELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 255/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALRNO, depositata il 06/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/02/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate con cui era individuato un maggior reddito di impresa, determinando una maggiore pretesa fiscale ai fini irpef, iva, irap nei confronti del contribuente Consorzio C.A.S.E..

In particolare l’Agenzia Delle Entrate, poiché l’impresa interessata non aveva risposto al questionario inviatole, aveva eseguito l’accertamento con procedura standardizzata sulla base dei ricavi dichiarati.

Il consorzio CASE impugnava il predetto accertamento sia perché non motivato adeguatamente e sia perché non era stata considerata la peculiarità della attività consortile.

La commissione Tributaria provinciale di Salerno accoglieva il ricorso. Tale sentenza, a seguito dell’appello proposto dalla Agenzia Delle Entrate, era confermata dalla CTR di Napoli, sez. staccata di Salerno (sent. N. 255/9/2012.

Propone ricorso in Cassazione la Agenzia delle Entrate affidandosi a 2 motivi così sintetizzatili:

1) Violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 1 e 36, in combinato disposto con l’art. 132 c.p.c. n. 4, dell’art. 118 disp att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione.

2) Omessa motivazione in ordine ad un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si costituiva con controricorso il consorzio chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o rigettato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Appare opportuno esaminare in via propedeutica il motivo secondo data la sua efficacia dirimente.

Con il secondo motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate si duole che il giudice di secondo grado abbia omesso di valutare che, per effetto della omessa risposta al questionario inviato, erano stati rideterminati i ricavi d’impresa sulla scorta del notevole scostamento dalle medie del settore, il che aveva indotto alla individuazione induttiva del reddito con procedura standardizzata, così incorrendo nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c. comma 1, n. 5.

Va, al riguardo, condiviso il principio già espresso da questa Corte, secondo cui, in tema di accertamento fiscale, l’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 4, per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare – in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, sì da evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, (Cass., da ultimo, n. 22126 del 2013).

Questa Corte ha chiarito inoltre che nell’accertamento delle imposte sui redditi, il comportamento del contribuente che – come nella specie – “ometta di rispondere ai questionari previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 4, e non ottemperi alla richiesta di esibizione di documenti e libri contabili relativi all’impresa esercitata, impedendo in tal modo, o comunque ostacolando, la verifica dei redditi prodotti da parte dell’Ufficio, vale di per sé solo ad ingenerare un sospetto sull’attendibilità di dette scritture, rendendo “grave” la presunzione di attività non dichiarate desumibile dal raffronto tra le percentuali di ricarico applicate e quelle medie del settore, e, conseguentemente, legittimo l’accertamento induttivo emesso su quella base dall’Ufficio del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d)” (Cass. n. 19014 del 2005, n. 12262 del 2007). La Ctr, non avendo considerata l’omessa risposta al questionario, che quindi legittimava a procedere con metodo induttivo, é incorso nel vizio denunciato, visto che l’utilizzazione della procedura standard era necessitata nel caso proprio per la condotta omissiva del contribuente. E’ del pari erronea la decisione ove la si voglia intendere nel senso che le presunzioni, alimentate dalla ravvisata l’incongruità dei ricavi in relazione ai costi sostenuti, non possano di per sé essere sufficienti salva la verifica del giudice di merito in ordine alla loro idoneità – a fornire la prova dell’esistenza di ricavi non dichiarati. Proprio perché il contribuente non aveva dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32, comma 1, nn. 3 e 4, che costituiva un fatto rilevante, come si é detto, si rendeva applicabile il disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. a), che, in tale ipotesi, abilita l’Ufficio ad utilizzare, ai fini dell’accertamento, dati e notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza quali gli studi di settore (cfr. Cass. n. 21762 del 2017, in motivazione). La particolare fisionomia giuridica del consorzio ricorrente non esimeva il medesimo dal rispetto delle regole proprie dell’ordinamento fiscale e quindi dall’onere di collaborazione con l’amministrazione finanziaria e di soggiacere, in caso di mancato assolvimento di tale onere alla valutazione negativa di siffatto comportamento, valutazione, rientrante nella discrezionale competenza del giudice di merito, ma comunque da effettuarsi. Del resto, sul piano civilistico, il contratto di consorzio di cui all’art. 2602 c.c., non comporta l’assorbimento delle imprese contraenti in un organismo unitario, con la creazione di un rapporto di immedesimazione organica tra il consorzio e le imprese consorziate, bensì unicamente la costituzione di una organizzazione comune per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività dei contraenti. Ne discende che, dal punto di vista tributario, le operazioni ed i costi della società consortile non possono che essere direttamente riferibili alle società consociate come pare aver considerato la Ctr. Vero é che il consorzio -in quanto struttura sostanzialmente “neutra” ai sensi dell’art. 2602 c.c. – deve ripartire l’eventuale vantaggio economico conseguito, ma ciò non significa che il fisco non possa accertare se un maggior ricavo sia intervenuto, non potendo escludersi comportamenti elusivi della causa consortile e delle relative norme fiscali. Pertanto una volta individuato che il consorzio non aveva risposto agli inviti, occorreva valutare la legittimità della presunzione allegata, circa gli studi di settore e poi eventualmente considerare se che lo scopo consortile indicato nell’atto costituivo, da considerare quale mera dichiarazione di intenti, fosse sufficiente a elidere la pretesa del fisco.

Come si vede il giudice di secondo grado nel caso ha omesso in definitiva di considerare che la prova per presunzioni costituisce una prova “completa”, alla quale il fisco può legittimamente ricorrere, sicché il giudice poteva elidere tale prova alla sola condizione che il ricorrente avesse fornito una giustificazione adeguata e logicamente non contraddittoria, rispetto allo scostamento e non sopravalutando una mera dichiarazione di intenti quale era quella dello scopo consortile. Pertanto il motivo in questione va accolto, così assorbito il primo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, sul punto, con rinvio alla ctr della Campania in diversa composizione che riesaminerà nel merito la questione e regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il 2 motivo del ricorso e per l’effetto cassa la sentenza impugnata rinviando alla CTR della Regione Campania, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

 

 

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