Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13082 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 30/06/2020), n.13082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20641/13 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

SOCIETE’ GENERALE S.A., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa, in forza di delega a margine del

controricorso dall’avv. Gaffuri Alberto Maria, dall’avv. Gaffurri

Gianfranco, dall’avv. Pafundi Gabriele, con domicilio eletto presso

lo studio dell’avv. Pafundi Gabriele, in Roma, viale Giulio Cesare,

n. 14;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Lombardia n. 60/05/12 depositata in data 18 giugno 2012

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 ottobre

2019 dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

Fatto

RILEVATO

Che:

La società Axa Italia s.p.a. presentava dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 1997 esponendo un credito Irpeg, pari ad Euro 5.861.637,58, di cui chiedeva il rimborso e, successivamente, avendo ottenuto unicamente la somma di Euro 258.228,45, presentava istanza di rimborso del residuo credito, pari ad Euro 5.603.409,13, oltre interessi.

A seguito di cessione del credito ritualmente notificata al debitore ceduto, formatosi il silenzio rifiuto, la Societè Generale S.A. lo impugnava dinanzi alla Commissione provinciale di Milano, insistendo per il rimborso comprensivo degli interessi maturati.

In data 1 aprile 2009, l’Agenzia delle Entrate corrispondeva, a mezzo bonifico, la somma di Euro 7.417.512,84, di cui Euro 5.603.409,13 a titolo di capitale ed Euro 1.814.103,71 a titolo di interessi, e chiedeva, con l’atto di costituzione in giudizio, dichiararsi cessata la materia del contendere, istanza a cui si opponeva la contribuente, la quale eccepiva che gli interessi dovuti ammontavano ad Euro 2.339.437,50 e chiedeva, di conseguenza, il pagamento della differenza, pari ad Euro 525.333,79.

La domanda della contribuente veniva accolta dai giudici di primo grado e avverso tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi alla Commissione regionale della Lombardia che, con la sentenza in epigrafe richiamata, lo accoglieva parzialmente, ritenendo dovuti alla contribuente ulteriori interessi ultradecennali pari ad Euro 165.042,70 e interessi D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 44-bis, pari ad Euro 77.046,88.

Ricorre per la cassazione della suddetta sentenza l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo.

La contribuente resiste con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo, deducendo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 44-bis, la difesa erariale, nell’evidenziare che la questione controversa verte esclusivamente sull’ambito di operatività del cd. “semestre bianco” previsto dalla disposizione normativa richiamata in rubrica, sostiene che per la sua determinazione occorre avere riguardo al periodo di liquidazione degli interessi “ordinari” dovuti ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44 e che, nella specie, la corresponsione degli interessi ordinari si sarebbe arrestata alla data di compimento del decennio (ossia al 31 luglio 2008), con la conseguenzaa che si sarebbe estinta, per novazione legale, l’obbligazione accessoria avente ad oggetto gli interessi previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44 e si sarebbe costituita una diversa obbligazione accessoria, avente ad oggetto gli interessi al tasso ultradecennale previsti dalla legge finanziaria 2008; conseguentemente, ad avviso della ricorrente, il cd. semestre bianco di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44-bis deve farsi coincidere con quello che ha avuto termine il 31 luglio 2008 e non con il primo semestre 2009, come ritenuto dai giudici di appello.

2. Il motivo è infondato.

2.1. Va, preliminarmente, rilevato che l’Agenzia delle Entrate chiede la integrale riforma della sentenza impugnata, sebbene in grado di appello e nello stesso ricorso per cassazione abbia espressamente riconosciuto che l’ammontare degli interessi ultradecennali da erogare risulta pari ad Euro 165.042,70, sicchè il ricorso è inammissibile laddove si chiede l’annullamento della decisione impugnata anche nella parte in cui la Commissione regionale ha riconosciuto alla contribuente il diritto di ottenere il versamento degli interessi ultradecennali in tale misura.

2.2. Piuttosto il tema oggetto di discussione tra le parti concerne l’ulteriore importo di Euro 77.046,88, che pure i giudici di appello hanno ritenuto spettante alla società contribuente, atteso che l’Ufficio ha dedotto che il cd. “semestre bianco”, ovvero il semestre finale nel quale non si computano gli interessi ordinari previsti dal citato art. 44-bis coincide, nel caso in cui tra la richiesta di rimborso e lo stesso rimborso siano trascorsi più di dieci anni, con il semestre antecedente a quello in cui cade la data a partire dalla quale sono dovuti gli interessi cd. ultradecennali, previsti dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, commi 139 e 140.

2.3. Infatti, il richiamato L. n. 244 del 2007, art. 1, commi 139 e 140, stabilisce che, trascorsi dieci anni dalla presentazione dell’istanza di restituzione di un’eccedenza d’imposta, al contribuente vanno riconosciuti interessi con cadenza giornaliera ed ad un tasso superiore a quello ordinariamente previsto per i rimborsi fiscali; la disposizione normativa non esclude, invece, il diritto al pagamento degli interessi che maturano nel semestre antecedente al compimento del termine decennale dalla domanda di rimborso.

2.4. L’art. 44-bis citato esclude dal computo degli interessi solo quelli che maturano, oltre che nel primo semestre successivo alla data del versamento, nel semestre in cui è stato emesso l’ordinativo di pagamento.

E ciò in applicazione del principio secondo cui, in tema di rimborso dei crediti, l’adempimento della relativa obbligazione da parte dell’amministrazione finanziaria deve ritenersi eseguito – con conseguente liberazione dalla prestazione dovuta – mediante l’emissione dell’ordinativo di pagamento (la cui esecuzione è poi affidata alla tesoreria), non essendo applicabile in materia tributaria la regola del pagamento al domicilio del creditore, stabilita dall’art. 1182 c.c..

Ne consegue che – alla luce del disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44-bis – il termine finale della decorrenza degli interessi sulle somme da rimborsare va individuato nella data di emissione del mandato di pagamento, restando irrilevanti, a tal fine, sia la data della comunicazione dell’emissione stessa al contribuente (che pur va fatta in un termine ragionevole), sia quella dell’effettivo accredito della somma da rimborsare (il cui ritardo può, semmai, essere fonte di responsabilità per il tesoriere) (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2843 del 09/02/2010; Cass. n. 2938 del 10/2/2010).

3. Nel caso che ci occupa è pacifico che l’ordinativo di pagamento è stato emesso in data 1 aprile 2009 e, pertanto, il cd. “semestre bianco” da escludere dal conteggio degli interessi è il primo sementre dell’anno 2009.

Il richiamo alla novazione dell’obbligazione concernente gli accessori, che la difesa erariale pone a supporto della propria tesi difensiva, è, quindi, del tutto inconferente, se si tiene presente che l’obbligo di versare gli interessi in misura e con cadenza differenti, che è sorto a decorrere dal 31 luglio 2008, in forza della L. n. 244 del 2007, art. 1, lascia immutata l’obbligazione incombente sul Fisco di corrispondere gli interessi maturati, in conformità alle disposizioni normative applicabili sino a quella data (ossia il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44-bis), e considerato che il testo della L. n. 244 del 2007, art. 1, commi 139 e 140, non prevede il venir meno dell’obbligo di versare gli interessi prodotti, in forza dell’art. 44-bis, dalla somma capitale trattenuta dall’Amministrazione finanziaria nell’ultimo semestre anteriore a quello in cui il ritardo nel rimborso ha raggiunto la durata di dieci anni.

4. Il ricorso, per le considerazioni sopra esposte, va, quindi, rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del medesimo art. 13, comma 1-bis, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. Sez. U., n. 26280 del 25/11/2013; Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 9974 del 15/5/2015).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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