Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13082 del 15/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 15/06/2011), n.13082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

GRUPPO SPORTIVO ITALGELATO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 497/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 29/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2 011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE BARBARA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

1. Con sentenza n. 497/39/05, depositata il 29.6.05, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Cassino avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla società Gruppo Sportivo Italgelato avverso l’avviso di mora in materia di IVA, per l’anno di imposta 1987.

2. La CTR, condividendo le argomentazioni del giudice di prime cure, riteneva, invero, fondata l’eccezione di decadenza dell’amministrazione dall’esercizio del potere impositivo, non essendo stata provata la tempestività dell’iscrizione a ruolo del tributo, e l’avvenuta notifica della cartella di pagamento, che la società contribuente dichiarava di non avere mai ricevuto.

3. Per la cassazione della sentenza della C.T.R. del Lazio n. 497/39/05 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, formulando un unico motivo, articolato in tre censure. L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

1. Con la prima censura, contenuta nell’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 21, 19, 10 e 18 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

1.1. Si duole, invero, l’Ufficio del fatto che il giudice di appello abbia respinto il gravame proposto dall’amministrazione finanziaria, senza avere considerato che quest’ultima aveva “depositato unitamente all’atto di appello, copia della relata di notifica della cartella di pagamento”. Sicchè l’avviso di mora, oggetto di impugnativa nel presente giudizio, era stato preceduto – stando all’Agenzia delle Entrate – dalla regolare notifica dell’atto presupposto (la cartella di pagamento); per cui del tutto erroneamente la CTR avrebbe dichiarato perento il potere di riscossione dell’amministrazione, azionato con l’impugnato avviso di mora.

Il ricorso proposto dalla società contribuente, a parere dell’amministrazione, avrebbe dovuto essere dichiarato, per contro, del tutto inammissibile dalla CTR, non essendo stato impugnato tempestivamente, dalla società Gruppo Sportivo Italgelato, l’atto presupposto, e non avendo la contribuente medesima neppure mosso censure specifiche nei confronti del successivo avviso di mora.

1.2. Il motivo in esame, sotto il profilo suesposto, si palesa del tutto inammissibile per violazione del ed. principio di autosufficienza, più volte enunciato da questa Corte anche in epoca precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, con il quale è stato introdotto un nuovo art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 a tenore del quale il ricorso – oltre alle altre indicazioni specificate dalla norma – deve contenere, a pena di inammissibilità, “la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.

1.2.1. Ed invero, il rispetto del menzionato principio di autosufficienza – posto a presidio della corretta delimitazione del thema decidendum del giudizio di cassazione – postula che il ricorso contenga in sè tutti gli elementi necessari per individuare le ragioni poste a fondamento della richiesta di annullamento della sentenza impugnata, e per valutare la fondatezza di tali ragioni, di modo che il giudice di legittimità possa avere, senza dovere ricorre ad altri atti, compresa la sentenza impugnata, una chiara e completa visione dell’oggetto dell’impugnazione, dello svolgimento del processo (art. 366 c.p.c., n. 3) e della posizione in esso assunta dalle parti (cfr., tra le tante, Cass. 6023/09, 15952/07, 7392/04).

Con specifico riferimento all’indicazione degli atti processuali e dei documenti, va, di poi, precisato che tale indicazione – in ossequio al principio suesposto – deve concretarsi nella trascrizione integrale dell’atto, o del documento, quanto meno nei suoi passaggi essenziali e controversi. Tale trascrizione è, invero, indispensabile al fine di consentire alla Corte di formulare, sulla base dello stesso ricorso, e senza attingere ad altri atti, il giudizio di fondatezza, o meno, delle censure mosse dal ricorrente alla decisione impugnata (cfr., in tal senso, ex plurimis, Cass. S.U. 23019/07, Cass. 1465/09, 5043/09, 1952/09).

1.2.2. Ebbene, nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate non ha nè trascritto, nè depositato ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, la cartella esattoriale con la relativa relata di notifica, onde consentire alla Corte di verificare se la predetta cartella sia stata, o meno, notificata a monte dell’avviso di mora impugnato nel presente giudizio.

La censura suesposta si palesa, pertanto, del tutto inammissibile.

2. La secondo doglianza, nell’ambito dell’unico motivo di ricorso, concerne il preteso difetto di legittimazione dell’amministrazione ricorrente.

2.1. Ed infatti, a parere dell’Agenzia delle Entrate, nelle controversie aventi ad oggetto vizi formali della cartella esattoriale, tra i quali i vizi attinenti alla notifica dell’atto, sussisterebbe la legittimazione passiva esclusiva del concessionario della riscossione, e non già – contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito – quella dell’ente impositore.

2.2. La censura è infondata.

Va rilevato, infatti, che nel giudizio conseguente all’emissione e alla notifica della cartella esattoriale e dell’avviso di mora legittimato passivo è solo l’ente impositore, e non anche il concessionario della riscossione che abbia emesso gli atti in questione, atteso che quest’ultimo è un semplice adiectus solutionis causa, come tale, quindi, neppure litisconsorte necessario nel giudizio proposto nei confronti dell’ente impositore (Cass. 22617/06, S.U. 16412/07).

Se ne deve, pertanto, inferire che, del tutto infondata è l’eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta, nei gradi di merito, dall’Agenzia delle Entrate; sicchè la relativa censura, riproposta in questa sede, non può che essere deve essere disattesa.

3. Con la terza doglianza, l’Agenzia delle Entrate deduce che avrebbe, comunque, errato la CTR del Lazio a ritenere decaduta l’amministrazione dall’esercizio del potere di riscossione, per non essere stata dimostrata dall’Ufficio l’avvenuta notifica della relativa cartella esattoriale.

3.1. Ad avviso dell’amministrazione ricorrente, infatti, l’irrituale od omessa notifica degli atti presupposti (nella specie, la cartella esattoriale) non comporterebbe conseguenza alcuna in relazione all’atto successivo (l’avviso di mora), laddove il contribuente – come nel caso concreto – non abbia impugnato congiuntamente la cartella di pagamento ed il susseguente avviso di mora. Ed infatti, dall’omessa impugnativa dell’atto presupposto deriverebbe, a parere dell’Agenzia delle Entrate, la definitività dell’imposizione fiscale, che non potrebbe, quindi, più essere messa in discussione dal contribuente.

3.2. Tali deduzioni dell’amministrazione, ad avviso della Corte, sono del tutto erronee e vanno, pertanto, disattese.

3.2.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, invero, la mancata o invalida notifica della cartella di pagamento comporta un vizio della sequenza procedimentale, dettata dalla legge, degli atti (avviso di accertamento o di liquidazione, cartella di pagamento, avviso di mora) attraverso i quali si articola il procedimento di formazione della pretesa tributaria. Tale nullità può essere fatta valere dal contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3 anche impugnando il solo atto consequenziale notificatogli (nella specie l’avviso di mora) facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto (nella specie la cartella di pagamento) (Cass. S.U. 5791/08, S.U. 16412/07).

3.2.2. Ne consegue che, nel caso di specie, – contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio – l’impugnativa del solo atto consequenziale deve ritenersi del tutto legittima, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e art. 100 c.p.c. 4. Per tutte le ragioni che precedono, pertanto, il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate non può che essere rigettato.

5. Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011

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