Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13081 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13081 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro tem-

pore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura gene-

rale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in
Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente contro
CAPUTO Marco, MAZZOCCO Gianantonio, PISTIS Erminio, ROMANO Orlando, RUSSO Giuseppe, SALAMONE Vincenzo, SCHIAVONE Carlo, SICILIA Domenico, AMABILE Ugo, SILVESTRE Francesco, FENU Enzo,
SPICCIARELLO Ernesto, BERTOLINO Salvatore, DE PAOLIS Vittorio,
DI MAJO Sebastiano, EBOLI Renato, GRILLI Giovanni, IMPERA Salvatore, MAZZAGLIA Giuseppe, MAZZONE Damiano, ZANNOL Daniele,

Data pubblicazione: 10/06/2014

ZECCA Tonio, PROIETTI Marco, GENOVESE Vincenzo, VETTORI Enrico, NOVELLI Angelo, TONON Bruno, CANGELOSI Giuliano, CNES Mario, DALLA COSTA Bruno, PADRONE Virgilio, BRUNELLO Alessandro,
rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce

nas, con domicilio eletto presso lo studio di questi ultimi in
Roma, via Giuseppe Ferrari, n. 4;
– controri correnti e sul ricorso proposto da:
CAPUTO Marco, MAZZOCCO Gianantonio, PISTIS Erminio, ROMANO Orlando, RUSSO Giuseppe, SALAMONE Vincenzo, SCHIAVONE Carlo, SICILIA Domenico, AMABILE Ugo, SILVESTRE Francesco, FENU Enzo,
SPICCIARELLO Ernesto, BERTOLINO Salvatore, DE PAOLIS Vittorio,
DI MAJO Sebastiano, EBOLI Renato, GRILLI Giovanni, IMPERA Salvatore, MAZZAGLIA Giuseppe, MAZZONE Damiano, ZANNOL Daniele,
ZECCA Tonio, PROIETTI Marco, GENOVESE Vincenzo, VETTORI Enrico, NOVELLI Angelo, TONON Bruno, CANGELOSI Giuliano, CNES Mario, DALLA COSTA Bruno, PADRONE Virgilio, BRUNELLO Alessandro,
rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce
al controricorso, dagli Avv. Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio eletto presso lo studio di questi ultimi in
Roma, via Giuseppe Ferrari, n. 4;
– ricorrenti in via incidentale contro

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al controricorso, dagli Avv. Salvatore Coronas e Umberto Coro-

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro tem-

pore;
– intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia in data 18

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’il aprile 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
udito l’Avv. Salvatore Coronas.

Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con decreto in
data 29 novembre 2012, ha condannato il Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore di Marco
Caputo e degli altri istanti indicati in epigrafe, della somma
di euro 9.750 ciascuno, oltre accessori, a titolo di equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la
durata eccessiva di un processo amministrativo svoltosi dinanzi al TAR del Lazio per inquadramento professionale, durato
circa tredici anni e sei mesi;
che la Corte d’appello – esclusa la ricorrenza di circostanze particolari per non riconoscere il danno non patrimoniale – ha quantificato l’indennizzo sulla base di euro 750
per ciascuno dei primi tre anni di ritardo e di euro 1.000 per
ciascuno degli anni successivi;
che la Corte d’appello ha compensato le spese processuali
per metà (stante la differenza tra quanto richiesto e quanto

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giugno-29 novembre 2012.

liquidato), quantificandole, nell’intero, in euro 700 per diritti ed onorari;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello il
Ministero ha proposto ricorso, con atto notificato il 29 mag-

che gli intimati hanno resistito con controricorso, proponendo, a loro volta, ricorso incidentale, affidato a tre motivi, illustrati con memoria.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione in forma semplificata;
che il primo motivo del ricorso principale (violazione e
falsa applicazione degli artt. 117, primo comma, Cost., 1126,
2056, 2697 cod. civ., 2 della legge n. 89 del 2001 e 6, par.
l, della CEDU) lamenta che non sia stato escluso il danno non
patrimoniale, essendo le parti private risultate soccombenti
nel giudizio amministrativo presupposto, essendo il loro ricorso stato giudicato inammissibile per genericità del contenuto;
che con il secondo mezzo (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio) si sostiene che l’inammissibilità della
pretesa azionata nel giudizio presupposto escludeva la possibilità di ritenere, comunque, un danno non patrimoniale suscettibile di ristoro;
che i due motivi – i quali, attesa la loro connessione,
possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati;

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gio 2013, sulla base di quattro motivi;

che, infatti, in caso di violazione del termine di durata
ragionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di
cui all’art. 2 della legge n. 89 del 2001 spetta a tutti i
soggetti che ne siano parti, indipendentemente dal fatto che

l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni coinvolte nel processo, ad eccezione del caso in cui il
soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio in difetto di una condizione soggettiva di incertezza; dell’esistenza di queste situazioni,
costituenti abuso del processo, deve dare prova puntuale
l’Amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda sia stata ritenuta inammissibile
(Cass., Sez. I, 26 aprile 2010, n. 9938; Cass., Sez. VI-1, 23
dicembre 2011, n. 28592);
che il terzo ed il quarto motivo lamentano, rispettivamente
sotto il profilo del vizio di violazione e falsa applicazione
di legge e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, l’eccessiva quantificazione del danno, che non avrebbe
tenuto conto della posta in gioco;
che entrambe le censure sono infondate, perché la Corte di
appello, riconoscendo a ciascun ricorrente la somma di euro
9.750 complessivi per un ritardo di circa dieci anni e mezzo,
non si è affatto discostata in maniera irragionevole dai para-

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essi siano risultati vittoriosi o soccombenti, costituendo

metri normalmente adottati dalla Corte europea in casi analoghi, ma ha validamente esercitato la sua discrezionalità nella
determinazione dell’indennizzo nel sostanziale rispetto di
quei parametri, fornendo al riguardo congrua motivazione;

mente si è attenuta allo

standard,

applicato dalla giurispru-

denza di questa Corte (Sez. VI-1, 28 maggio 2012, n. 8471), di
euro 750 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre
anni eccedenti la durata ragionevole, e di euro 1.000 per ciascun anno successivo;
che, lamentando la mancata applicazione di un parametro indennitario più basso, il ricorrente Ministero chiede a questa
Corte di esercitare un sindacato di merito su una questione di
fatto rimessa alla ponderata valutazione della Corte
d’appello;
che, passando all’esame del ricorso incidentale, è fondato,
nei termini di seguito precisati, il primo motivo, perché la
liquidazione dei diritti e degli onorari, nell’intero, in euro
700 complessivi, viola i minimi tariffari, essendo inferiore a
quella effettuata in casi analoghi da questa Corte quando emette una pronuncia nel merito, giacché quella liquidazione
avrebbe dovuto essere di euro 1.090 (di cui euro 600 per onorari e 490 per diritti);

che, in particolare, la Corte d’appello non irragionevol-

che sono altresì fondati il secondo ed il terzo motivo del
ricorso incidentale, con cui si lamenta la compensazione per
metà delle spese processuali;
che non v’è dubbio che la nozione di soccombenza reciproca,

delle ‘spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc.
civ.), comprende anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un
unico capo (Cass., Sez. III, 21 ottobre 2009, n. 22381);
che, tuttavia, la motivazione alla base della disposta compensazione per 1/2 delle spese di lite si appalesa priva di
logica ragionevolezza, posto che nella

specie non vi è stato

alcun rilevante scarto (Cass., Sez. VI-1, 17 giugno 2012, n.
617) tra l’importo richiesto dalle parti istanti (comunque
conforme ai parametri CEDU) e quello riconosciuto dalla Corte
territoriale;
che, inoltre, l’ampiezza della dichiarata compensazione tra l’altro di gran lunga eccedente il divario percentuale
sussistente tra l’indennizzo domandato e quello liquidato finisce con il risolversi nella sostanziale vanificazione della soccombenza dell’Amministrazione convenuta, che, invece,
deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il profilo
della suddivisione del carico delle spese per non rendere vuota la tutela accordata;

che consente la compensazione parziale o totale tra le parti

che il decreto impugnato è quindi cassato limitatamente al
capo delle spese;
che la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con la condanna del

l’intero, delle spese processuali sostenute dai ricorrenti nel
giudizio di merito, liquidate in euro 1.154,86;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza;
che anche le spese del giudizio di cassazione devono essere
distratte in favore dei difensori delle parti private, dichiaratisi antistatari;
che, risultando dagli atti che il procedimento in esame è
considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non
si deve far luogo – assorbita ogni ulteriore considerazione
sulla qualità della parte soccombente – alla dichiarazione di
cui al comma

1-quater all’art. 13 del testo unico approvato

con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. l,
comma 17, della legge 24 diceMbre 2012, n. 228 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato – Legge di stabilità 2013).
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso principale e accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso incidentale,

cassa il de-

creto impugnato limitatamente al capo delle spese e,

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decidendo

Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, per

nel merito,

condanna il Ministero dell’economia e delle finan-

ze al pagamento, in favore dei ricorrenti Marco Caputo ed altri, delle spese processuali del giudizio dinanzi alla Corte
d’appello per l’intero, nell’importo di euro 1.154,86, di cui

cessori di legge, con distrazione in favore degli Avv. Salvatore Coronas e Umberto Coronas, dichiaratisi antistatari;

con-

danna il Ministero alla rifusione delle spese, altresì, del
giudizio di cassazione, spese liquidate in euro 1.000, di cui
euro 100 per esborsi ed euro 900 per compensi, oltre a spese
generali e ad accessori di legge, con distrazione delle stesse
in favore dei difensori antistatari dei controricorrenti e ricorrenti incidentali, Avv. Salvatore Coronas e Umberto Coronas.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, 1’11 aprile
2014.

euro 1.090 per diritti ed onorari, oltre spese generali ed ac-

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