Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1308 del 19/01/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. un., 19/01/2017, (ud. 20/12/2016, dep.19/01/2017),  n. 1308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Presidente di sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez. –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6582-2014 proposto da:

R.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA

EMILIANI 27, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CINTI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA GASTINI, per

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURA GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE

DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

– controricorrente –

e contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2/2014/A della CORTE DEI CONTI – 1^ SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE – ROMA, depositata il 03/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Presidente Dott. ANTONIO DIDONE;

udito l’Avvocato Simon Pietro CIOTTI per delega dell’avvocato Luca

Gastini;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- La Sezione giurisdizionale del Piemonte della Corte dei conti ha condannato R.E., quale direttore dei lavori nell’ambito di una serie di interventi, e delegato dalla Regione Piemonte a redigere il certificato di regolare esecuzione delle opere, al pagamento in favore della Regione medesima, a titolo di danno, dell’importo complessivo di Euro 28.490,47, oltre alla rivalutazione monetaria dal momento consumativo del danno sino alla pubblicazione della sentenza ed agli interessi legali calcolati dalla pubblicazione della sentenza sino al soddisfo. La somma di cui innanzi è stata calcolata in Euro 28.490,47, quale differenza tra l’importo erogato ai diversi esecutori delle opere e agli altri soggetti beneficiari del contributo ed il valore delle opere effettivamente realizzate o delle spese realmente sostenute, dedotta la cifra di 10.000,00 Euro, spontaneamente versata dal R. in data 27.12.2004.

Il danno per cui vi è condanna deriva dalla falsa attestazione che i lavori da certificare fossero stati effettuati in conformità al progetto approvato e che l’esecuzione fosse avvenuta a regola d’arte ed in osservanza delle altre prescrizioni contenute nelle determinazioni emanate dall’Assessorato regionale, in tal modo formando un atto pubblico ideologicamente falso; la contestazione riguardava anche l’ipotesi di truffa aggravata (640-bis c.p.) in quanto i certificati redatti dal R. legittimavano l’erogazione del finanziamento previsto dalla L. 15 ottobre 1981, n. 590, procurando così un ingiusto profitto con conseguente danno a carico della Regione.

I fatti medesimi avevano interessato anche la giustizia penale. In particolare, con sentenza n. 9191 del 20.9.2005 (irrevocabile in data 21.10.2005) il Tribunale di Milano aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti del R. per i reati al medesimo ascritti per intervenuta prescrizione, previa nuova qualificazione degli stessi nella fattispecie prevista dall’articolo 481 c.p.; quanto ai reati di truffa aggravata il medesimo Tribunale di Milano, con sentenza n. 6514 del 19.6.2003 aveva dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione, previa riqualificazione dei fatti contestati nel reato di corruzione previsto dall’art. 316-ter c.p.

Con la sentenza impugnata la Corte dei conti ha respinto l’appello proposto dal R., il quale l’ha impugnata dinanzi a queste Sezioni unite formulando un solo motivo con il quale ha riproposto la questione del difetto di giurisdizione del giudice contabile.

Il Procuratore Generale della Corte dei conti ha resistito con controricorso.

2.- Secondo il ricorrente non è configurabile alcun rapporto di servizio con la Regione Piemonte, posto che non sussisteva alcun suo inserimento nella organizzazione della medesima, come del resto era stato accertato in sede penale, ove il contestato reato di cui all’art. 479 c.p. era stato derubricato in quello di cui all’art. 481 c.p. (falsità commessa da esercente un servizio di pubblica necessità). In ogni caso, le opere realizzate non potevano essere considerate opere pubbliche, essendo le stesse opere di pubblica utilità.

Inoltre, il provvedimento regionale che prevedeva l’acquisizione della relazione del direttore dei lavori faceva salvi i poteri di controllo della Regione.

3.- Il ricorso è infondato.

Dagli accertamenti dei giudici contabili è emerso che in seguito ai nubifragi che avevano colpito il Piemonte nel 1987, la Giunta Regionale, con Delib. 1 dicembre 1987, n. 84-17464 aveva chiesto al competente Dicastero di attivare il “Fondo di solidarietà nazionale”, intestato al Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, autorizzando il competente Assessorato all’accoglimento delle relative istanze; tra le opere ammesse al finanziamento compariva il ripristino delle strade interpoderali sopra indicate. La stessa Giunta Regionale, con Delib. 1 agosto 1989, n. 311-3093 aveva disposto che, ai fini della liquidazione dei contributi, l’Assessorato avrebbe potuto accettare, nell’ottica dell’esigenza di snellimento della procedura, apposito certificato di regolare esecuzione dei lavori redatto e sottoscritto dal direttore dei lavori, in sostituzione delle attività di collaudo e del relativo verbale di accertamento predisposto dai funzionari regionali.

Si è, dunque, realizzato quel temporaneo inserimento del ricorrente nell’apparato organizzativo della p.a., quale organo tecnico e straordinario della stessa, ritenuto sufficiente dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte a radicare la giurisdizione del giudice contabile (v., per tutte, Sez. U, n. 28537 del 2008; Sez. U, n. 19891 del 2014).

Pertanto, correttamente ha osservato la sentenza impugnata che non rileva la circostanza che il soggetto non rivesta alcuna formale qualifica nell’ambito della p.a., essendo sufficiente in proposito lo svolgimento, a qualsiasi titolo, di attività riconducibili all’ente pubblico.

La decisione impugnata, dunque, ha applicato il principio consolidato per il quale in tema di danno erariale, sono sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti i soggetti privati destinatari di fondi pubblici (concessi per attuare interventi di loro interesse, ma rientranti in un piano o in un programma che, attraverso l’erogazione di tali fondi, l’amministrazione si propone di realizzare) i quali distolgono le risorse ottenute dalle finalità cui erano preordinate (disponendone in modo diverso da quello preventivato o distraendole per altre attività o ponendo in essere i presupposti per la loro illegittima percezione), così recando all’amministrazione stessa il danno corrispondente al mancato conseguimento degli obiettivi da essa perseguiti (tra le varie, cfr. Cass. SU n. 23897 del 2015; n. 2287 del 2014, n. 7377 del 2013, n. 1775 del 2013).

Quanto all’altro profilo della censura, è del pari corretto il rilievo della sentenza impugnata secondo cui non vale richiamare le conclusioni della sentenza penale, in cui viene esclusa la qualità di pubblico ufficiale dell’interessato, posto che diversi sono gli ambiti operativi delle due giurisdizioni, ma prima ancora i presupposti per la ricorrenza del reato e di quella dell’illecito amministrativo di cui conosce il giudice contabile, il quale non presuppone certo che il soggetto rivesta alcuna formale qualifica nell’ambito della p.a., essendo sufficiente in proposito lo svolgimento, a qualsiasi titolo, di attività riconducibili all’ente pubblico.

Sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA