Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13079 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 30/06/2020), n.13079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15001-2016 proposto da:

DOMUS ACQUASANTA SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, L.E., L.G., P.L.,

L.A., L.B.M., elettivamente domiciliati in ROMA VIA

QUINTO AURELIO SIMMACO 7, presso lo studio dell’avvocato NERI

GIOVANNI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

RICCIONI ALESSANDRO, giusta procura in atti;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE GENERALE, in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) ROMA (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 6500/2015 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 09/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/12/2019 dal Consigliere Dott. FASANO ANNA MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALZANO FRANCESCO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato NERI che ha chiesto l’accoglimento

del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Domus Acquasanta S.r.l., con atto registrato in data 9 luglio 2010, acquistava, al prezzo totale di Euro 6100.000,00 da P.L., L.E., L.B.M., L.G., quali eredi di L.M., in ragione di un mezzo, e da L.A., in ragione di un altro mezzo, un appezzamento di terreno a destinazione edificatoria sito in Roma, usufruendo delle agevolazioni previste per i piani di recupero, ai sensi della L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 5, comma 1. L’Agenzia delle entrate notificava gli avvisi di liquidazione n. (OMISSIS) progressivo 1 e progressivo 2 alla società Domus Acquasanta S.r.l. a P.L., L.E., L.B.M., L.G. e L.A., con cui disconosceva l’applicabilità delle agevolazioni di cui alla L. n. 168 del 1982, art. 5, rideterminando le relative imposte, atteso che il terreno oggetto di trasferimento non era compreso nel perimetro di individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, di cui alla L. 457 del 1978, art. 27 e ss.. Domus Acquasanta S.r.l. impugnava gli avvisi di liquidazione progressivi 1 e 2 e P.L., L.E., L.B.M., L.G. ed L.A. impugnavano l’avviso loro notificato, ritenendo di avere diritto alle agevolazioni in quanto l’immobile era ricompreso “nucleo di zona O Recupero Urbanistico Tor del Fiscale” soggetto a convenzione C3. La società deduceva che, con riferimento alla condizione soggettiva richiesta dalla norma agevolativa, la società Domus Acquasanta S.r.l., con l’atto di acquisto, era subentrata in modo espresso in tutti gli obblighi assunti dai venditori nei confronti del Comune di Rama, tra cui quello di stipulare la Convenzione Urbanistica per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, con contestuale cessione gratuita al Comune delle particelle 2131 e 2132 del foglio 915 per complessivi mq. 5860. La C:omrnissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 456/65/13, accoglieva i ricorsi, ritenendo il piano di recupero di Tor del Fiscale assimilabile ai piani di recupero ex art. 457 del 1978. L’Agenzia delle entrate proponeva appello, che veniva accolto dal a Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 6500/6/15, in ragione della insussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime agevolativo.

Domus Acquasanta S.r.l., P.L., L.E., L.B.M., L.G., L.A. ricorrono per la cassazione della sentenza, svolgendo quattro motivi, illustrati con memorie. P.L. si è costituita con un nuovo difensore ed ha presentato un’altra memoria. L’Agenzia delle entrate ha proposto controricorso. All’udienza del 9 maggio 2019 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per l’acquisizione del fascicolo d’ufficio non presente in atti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo, ci denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sulla eccezione di passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per P.L., L.E., L.B.M., L.G. e L.A.. I ricorrenti argomentano che l’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza n. 456/65/13 della Commissione Tributaria Provinciale esclusivamente nei confronti della Domus Acquasanta S.r.l. e solo relativamente all’avviso di liquidazione n. (OMISSIS) progressivo 1, notificando solo a quest’ultima il ricorso in appello in data 6.6.2014 nel domicilio eletto, presso il Dott. V.S., con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per gli altri contribuenti, ma la Commissione Tributaria Regionale su tale eccezione avrebbe omesso di pronunciarsi, non dandone atto ir sentenza.

2.Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle entrate e per omessa pronuncia sull’eccezione di passaggio in giudicato della sentenza di RIMO grado per la Domus Acquasanta S.r.l. relativamente all’avviso di liquidazione n. (OMISSIS) progressivo n. 2, tenuto conto che Domus Acquasanta S.r.l., in secondo grado, aveva eccepito l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate per incertezza dei soggetti ne cui confronti era stato proposto, per assenza dell’esposizione in fatto e per totale indeterminatez2:a dell’oggetto della domanda, eccependo, altresì, il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per Domus Acquasanta S.r.l. relativamente all’avviso di liquidazione n. (OMISSIS), progressivo n. 2, ma dopo averne dato atto, la Commissione Tributaria Regionale avrebbe omesso qualsiasi pronuncia. I contribuenti sostengono che l’atto di compravendita, stipulato in data 5.7.2020, da cui è scaturita la pretesa impositiva, in realtà conteneva due distinti negozi giuridici, poichè l’acquisto del terreno in questione da parte della Domus Acquasanta s.r.l. era avvenuto per 1/2 dalle eredi di L.M. e per altro 1/2 da L.A. per due corrispettivi diversi, pertanto, avrebbe dato causa all’emissione da parte dell’Ufficio di due distinti avvisi di liquidazione, determinando una situazione di scindibilità delle cause, che avrebbe imposto all’Ufficio l’onere, non assolto, di individuare i destinatari dell’impugnazione e di prospettare gli elementi essenziali della domanda, necessari, in sostanza, per poter comprendere quale pretesa l’amministrazione finanziaria avesse inteso coltivare.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. del 5 agosto 1978, n. 457, artt. 27, 28 e 30 e della L. n. 22 aprile 1982, n. 168 art. 5, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per “motivazione apparente”, omesso esame circa fatti e documenti decisivi per il giudizio, che erano stati oggetto di discussione tra le parti, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 14 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e dell’art. 115 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che i giudici di appello affermerebbero erroneamente che la mancata inclusione in un Piano di Recupero risulterebbe dagli atti, con espressione assolutamente indeterminata, quindi con una apparente motivazione, laddove agli atti vi era una Convenzione stipulata tra Domus Acquasanta S.r.l. ed il Comune di Roma e altri otto documenti da cui risultava che il terreno oggetto di trasferimento, oltre ad essere ricompreso in un Piano di recupero era soggetto a convenzione. La Convenzione aveva ad oggetto l’assunzione da parte della Domus Acquasanta S.r.l. delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, obbliceo garantito da polizza fideiussoria, e con cessione gratuita al Comune di Roma di mq. 5.860 di cui mq. 4.140, destinati a verde pubblico e mq. 1.720, destinati a parcheggio pubblico.

4.Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sulla domanda subordinata relativa all’applicazione della tassazione per l’acquisto di immobili compresi in Piani Particolareggiati ai sensi della L. n. 244 del 2007, art. 1, commi 25 -28, applicabile “ratione temporis”, nonchè violazione e falsa applicazione del D.L. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. I ricorrenti lamentano di avere eccepito, in via subordinata, con memoria di primo grado, la decadenza dell’Ufficio dal potere accertativo, deducendo che l’Agenzia delle entrate avrebbe potuto al massimo chiedere la tassazione prevista per i piani particolareggiati, nell’arco temporale dei tre anni, e non certo l’imposta piena, con conseguente decadenza dell’Ufficio dall’azione accertativa. La Commissione Tributaria Regionale, nell’affermare che l’eccezione di decadenza dal potere impositivo sollevata dai contribuenti in primo grado è tardiva e inammissibile, avrebbe violato il D.L. 546 del 1992, art. 57, comma 2, del in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; inoltre, dopo avere effettuato una tale affermazione, avrebbe dovuto esaminare la domanda subordinata, invece, ha omesso qualsiasi pronuncia al riguardo, violando l’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 I contribuenti deducono che l’Agenzia delle entrate avrebbe potuto al massimo rideterminare l’imposta applicando quella “a regime” dei piani particolareggiati di cui alla L. 24 dicembre 2007, art. 1, commi 25 – 28, ma non avrebbe potuto emettere gli avvisi di liquidazione impugnati.

5. Il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente per ragioni di logica connessione. Le doglianze sono infondate. Va premesso c:he, pur dovendosi ritenere il predicato vizio motivazionale, quindi una omessa pronuncia nella motivazione della sentenza impugnata, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, e di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., ispirata a tali principi, si può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito, atteso che la questione di diritto posta con i motivi risulta infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), essendo una questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. n. 1671 del 2017; Cass. n. 9693 del 2018).

5.1.La Corte, con riferimento alle censure dedotte con il secondo mezzo, precisa che non può essere condivisa la tesi difensiva sostenuta dai ricorrenti in ordine alla sussistenza di due distinti avvisi di liquidazione, tenuto conto che l’atto notificato a tutti i contribuenti reca lo stesso numero ((OMISSIS)), ma solo differenti numeri progressivi, pertanto (come chiarito dall’Agenzia delle entrate nel controricorso) starebbe ad indicare le due quote cedute dello stesso terreno.

Invero, emerge dai fatti di causa che con un unico atto di compravendita stipulato in data 5 luglio (2010, i contribuenti alienarono pro quota il terreno oggetto di accertamento a Domus Acquasanta S.r.l., sicchè è unica l’operazione negoziale posta in essere, trattandosi di una vendita di quote di proprietà indivise della stesso terreno in comproprietà, nei confronti del medesimo avente causa. L’assunto può essere sostenuto anche alla luce del fatto che, con riferimento all’atto di compravendita, fu indicato dalle parti un unico corrispettivo globale (prezzo complessivo di Euro 6.100,00 v.p.31 del ricorso), ciò volendo indicare l’unica operazione negoziale posta in essere dai contribuenti, e quindi anche da P.L., la quale, come ha precisato nelle ulteriori memorie presentate con costituzione di nuovo difensore, rinunciò, dietro corrispettivo, all’usufrutto gravante sulla quota di cui Lugari Eugenia, Lugari Bianca Maria e Lugari Gloria.

5.2. Andando all’esame dell’ulteriore doglianza proposta dai contribuenti circa la omessa pronuncia in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale, la quale non avrebbe pronunciato sull’eccezione di passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti dei contribuenti, la stessa è infondata nei termini di seguito enunciati.

Emerge dalla lettura degli atti del fascicolo di merito che l’Ufficio notificò l’atto di appello a tutti i destinatari dell’unico avviso di liquidazione specificato con due numeri progressi (progressivo 1 e progressivo 2).

L’atto di appello indirizzato a Domus Acquasanta S.r.l., L.A., P.L., L.E., L.B.M., L.G., è stato notificato ai predetti presso lo studio legale dell’avv. V.S., presso il cui studio avevano eletto domicilio. Si legge, infatti, nel ricorso introduttivo e nella memoria depositata in data 15.10.2013 alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che Domus Acquasanta s.r.l., L.A., P.L., L.E., L.B.M., L.G., erano tutti rappresentati e difesi, congiuntamente e disgiuntamente tra loro, dal Dott. Vignolo Stefano, dottore commercialista, e dagli avvocati Crincoli Rocco e L.B.M. e “presso lo studio del primo elettivamente domiciliati in Roma, via (OMISSIS), giusta delega in calce al presente ricorso”.

Si deve, inoltre, ribadire i1 principio sostenuto da questa Corte relativo alla validità della notifica dell’atto di impugnazione a più parti presso un unico procuratore, mediante consegna di una sola copia dell’atto di appello (Cass. Sez. Un. 29290 del 2008, Cass. n. 6051 del 2010).

6. Il terzo motivo di ricorso è infondato per le ragioni di seguito enunciate.

A) I piani di recupero, individuati dalla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 28, prevedono la disciplina per il recupero di immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree anche attraverso interventi di ristrutturazioni urbanistiche.

Tali piani hanno, come destinazione, in base a quanto previsto dalla legge citata, art. 27: “Le zone, ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione ed alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso”. Si tratta, dunque, di strumenti attuativi che nascono per adattare il tessuto edilizio ed urbanistico esistente a finalità specifiche, costituendo uno strumento complesso avente come fine l’eliminazione di particolari situazioni di degrado e, quindi, la previsione di interventi su edifici da recuperare o risanare, valutando la compatibilità del tessuto preesistente con le nuove esigenze urbanistiche.

La L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 5, stabilisce che: “Nell’ambito dei piani di recupero di iniziativa pubblica, o di iniziativa privata purchè convenzionati, di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 27 e ss., ai trasferimenti di immobili nei confronti dei soggetti che attuano il recupero, si applicano le imposte di registro, catastali e ipotecarie in misura fissa”.

La disposizione prevede l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecarie e catastali agli atti di trasferimento di immobili, a condizione che gli stessi siano localizzati nelle aree individuate dal piano di recupero, di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 27 e ss. – recante “norme per l’edilizia residenziale” e che il progetto venga effettivamente realizzato.

La L. n. 457 del 1978, nella fattispecie applicabile “ratione temporis” (l’atto di compravendita è stato stipulato data 5.7. 2010 e registrato in data 9 luglio 2010),, ha disciplinato il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente prevedendo che lo stesso si debba realizzare:

1) individuando le zone di recupero nell’ambito degli strumenti urbanistici generali vigenti (art. 27, comma 1) e per i Comuni che non sono dotati di strumenti urbanistici, in sede di formazione di tale strumento (comma 2);

2) e procedendo, contestualmente o successivamente, alla formazione del piano di recupero, secondo la previsione dell’art. 28, mediante l’individuazione degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree da ricomprendervi.

Sia le zone di recupero che il piano di recupero devono essere inseriti nell’alveo della pianificazione urbanistica e, quindi, nell’ambito del Piano Regolatore Generale; il che implica che allo stesso debbano essere vincolati, stante la necessità di coordinamento con detto strumento urbanistico generale e la conseguente esigenza, prevista implicitamente, ma non per questo meno chiaramente, del rispetto delle norme in esso contenute quali norme di grado superiore.

b)In tema di agevolazioni fiscali, l’applicazione dell’imposta di registro e di quelle ipotecarie e catastali in misura fissa, prevista dalla L. n. 168 del 1982, art. 5 per gli atti trasferimento di immobili compresi nei piani di recupero (di iniziativa pubblica o privata, purchè convenzionati) di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 27 e ss., postula che, al momento della registrazione, sia dichiarata l’esistenza di due requisiti: uno oggettivo costituito dall’inserimento degli immobili nei piani di recupero; l’altro soggettivo, derivante dall’essere l’acquirente uno dei soggetti che attuano il recupero.

Tale agevolazione fiscale, atteso la natura delle norme agevolatrici, di stretta interpretazione (Cass. n. 7046 del 2014), può essere riconosciuta, solo, quando si realizzino tutti gli elementi che integrano la fattispecie normativa (Cass. n. 14752 del 2013).

c) Ciò premesso, non è contestato che il terreno oggetto di compravendita sia inserito nel Piano particolareggiato di zona O, RECUPERO URBANISTICO n. 22 “Tor del Fiscale”, e che, invece, non fosse compreso nel perimetro di individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 27 e ss..

La Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza impugnata, ha escluso l’applicazione della fattispecie agevolativa atteso che “dagli atti risulta che l’immobile oggetto di trasferimento non era incluso in un piano di recupero e quindi non poteva essere stipulata tra le parti la convenzione espressamente prevista dalla L. n. 457 del 1978, art. 30”.

La questione all’esame è se vi sia medesima valenza tra il piano di recupero di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 27 e ss. ed il piano particolareggiato di zona O, RECUPERO URBANISTICO n. 22 “Tor del Fiscale”.

Questa Corte, con sentenza n. 2397 del 2017, ha affermato che l’equiparazione ai piani di recupero dei piani particolareggiati non può intendersi generalizzata, ma deve essere intesa nel senso previsto dalla normativa indicata, la quale (L. 457 del 1978, art. 34) prevede che soltanto ai piani particolareggiati già approvati alla data di entrata in vigore della presente legge e finalizzati al risanamento del piano edilizio “esistente”, i Comuni possono attribuire il valore di piani di recupero. Ciò sempre in conformità agli strumenti urbanistici generali (P.R.G.) atteso che la norma consente la conversione in piano di recupero di taluni piani attuativi, i particolareggiati, e i p.e.e.p. già approvati alla sua entrata in vigore, che pur differenti per lo scopo a cui tendono, non possono che essere equali per natura, stante la prevista convertibilità deli uni negli altri che sola potrebbe consentirne l’alternatività di cui alla norma.

Pertanto, ai fini dell’assimilabilità dei due strumenti urbanistici da parte del Comune, che nella fattispecie non vi è stata, occorre che sia rispettato un criterio oggettivo, ossia che il piano particolareggiato sia finalizzato al risanamento del piano edilizio esistente e che, ai sensi della citata legge, art. 34, i piani particolareggiati e P.E.E.P. siano stati già approvati al momento della sua entrata in vigore. In sostanza la valutazione della equivalenza del piano di recupero di “Tor Fiscale” ai piani di recupero di cui alla L. n. 457 del 1978 deve essere affidata ad una scelta discrezionale della Pubblica amministrazione non può essere desunta dalla circostanza che tali strumenti urbanistici avrebbero una “identità di ratio”.

Il piano particolareggiato ha la funzione di sviluppare le indicazioni contenute nel piano regolatore generale, senza essere in contrasto con il P.R.G. e specificando i dettagli dell’intervento urbanistico che precede la fase di esecuzione edilizia. Il piano di recupero di cui alla L. n. 457 del 1978 è uno strumento urbanistico esecutivo al quale è affidata l’operazione di “recupero” del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente. Infatti, la citata L. n. 457 prevede la delimitazione delle zone urbane degradate (da risanare, da conservare, da ricostruire), delle zone prive di opere di urbanizzazione, dei centri storici da recuperare.

L’applicazione del trattamento agevolativo previsto dalla L. n. 168 del 1982, art. 5 pone una norma di natura eccezionale, da interpretare restrittivamente, con la finalità di agevolare sul piano tributario lo sviluppo dell’edilizia abitativa (Cass. n. 14152 del 2013 già citata).

d) Nel caso in esame, infatti, il Comune non ha provveduto alla convertibilità del piano particolareggiato di zona O, in piano di recupero ex L. n. 457 del 1978, oltre al fatto che il piano particolareggiato “Tor del Fiscale, venne adottato in data 11 settembre 1995, con Delib. n. 197, mentre con Delib. 20 settembre 1999, n. 139, venne ampliato e con Delib. 12 maggio 2001, n. 86, venne approvato (v. pag. 7 del ricorso per cassazione), quindi, in epoca posteriore al 20 agosto 1978, data di entrata in vigore della citata L. n. 457 del 1978, pertanto l’equiparazione affermata dai ricorrenti risulta contrastante con detta disposizione (Cass. n. 9175 del 2000).

7. Il quarto motivo di ricorso è infondato.

Si legge nella sentenza impugnata che il giudice di appello dà atto

che i contribuenti ripropongono in giudizio l’eccezione di decadenza dal potere impositivo, che era stata proposta dagli stessi “con memorie” in primo grado, i quali “replicavano alle argomentazioni difensive svolte dall’Ufficio nelle proprie controdeduzioni e per la prima volta, formulavano la tardiva ed inammissibile eccezione di decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento per decorso del termine triennale”. Ne consegue che nella fattispecie non sussiste il predicato vizio di motivazionale con riguardo alla omessa pronuncia sulla riproposta eccezione di decadenza, atteso che i giudici di appello, espressamente e correttamente, qualificano come “tardiva ed inammissibile” l’eccezione di decadenza in quanto proposta per la prima volta con memoria nel giudizio di primo grado.

Nel giudizio tributario, infatti, è inammissibile la deduzione nelle memorie D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32 di un nuovo motivo di illegittimità della pretesa impositiva – nella specie relativo alla dedotta eccezione di decadenza dal potere impositivo- o di una nuova richiesta di esenzione dall’imposta non dedotta con ricorso – nella specie ai sensi della L. n. 244 del 2007, art. 1, commi 25 e 28 – in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti con il ricorso introduttivo, i quali costituiscono “la causa petendi” entro i confini si chiede l’annullamento dell’atto, e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2, (Cass. n. 19616 del 2018; Cass. n. 222662 del 2014; Cass. n. 13934 del 2011).

La decadenza dell’Amministrazione dal potere di accertamento, non rilevabile d’Ufficio in quanto rimessa alla disponibilità della parte, non può essere eccepita dal contribuente mediante la presentazione di memoria nel giudizio di primo grado, in quanto è una inammissibile integrazione del motivo di ricorso (v. Cass. n. 24074 del 2018), ma va proposta con l’atto introduttivo della lite.

8.In definitiva, il ricorso va rigettato. L’andamento del processo ed il recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, suggeriscono la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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