Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13078 del 28/05/2010
Cassazione civile sez. III, 28/05/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 28/05/2010), n.13078
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 13293-2009 proposto da:
L.R., L.M., elettivamente domiciliati in
ROMA, CIRC.NE CLODIA 19, presso lo studio dell’avvocato LUISE
MICHELINO, che li rappresenta e difende, giusta mandato a margine del
ricorso;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio dell’avvocato SANTIROCCHI
GIOVANNA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIETRO
BONANNI, giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
GENERALI ASSICURAZIONI SPA, in persona dei procuratori speciali
legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CARLO POMA N. 4, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GELLI, che
la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
TESTA COSTRUZIONI SRL;
-intimata –
avverso la sentenza n. 4459/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
26/09/08, depositata il 04/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;
udito l’Avvocato Cinzia Bigelli, (delega avvocato Paolo Gelli),
difensore della controricorrente (Generali Ass.ni Spa) che si riporta
i motivi;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA che
aderisce alla relazione scritta.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, letti gli atti depositati;
osserva:
E’ stata depositata la seguente relazione:
1 – Con ricorso notificato il 1 giugno 2009 L.R. e L.M. hanno chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 4 novembre 2008 dalla Corte d’Appello di Roma, confermativa della sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni conseguenti al sinistro stradale che assumevano essersi verificato a causa dello stato sconnesso del manto stradale in corrispondenza di un tombino reso viscido dalla pioggia.
Il Comune di Roma e Le Assicurazioni Generali S.p.A. hanno resistito con separati controricorsi.
La Testa Costruzioni S.r.L., incaricata della manutenzione stradale, non ha espletato attività difensiva.
2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..
Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).
3. – Con il primo motivo i ricorrenti lamentano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; omessa o errata valutazione delle prove e delle risultanze processuali. La censura riguarda la condotta di guida della L. e, quindi, richiede inevitabilmente esame delle risultanze processuali e apprezzamenti di fatto, che sono attività precluse al giudice di legittimità.
Inoltre manca un momento di sintesi formulato secondo il modello sopra enunciato e necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare le ragioni delle asserite omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Anche il secondo motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, sotto altri profili; omessa o errata valutazione di risultanze processuali. La censura è inammissibile per le stesse ragioni della prima. I ricorrenti discutono in tema di insidia e di omessa segnalazione della medesima, ma le argomentazioni a sostegno anche in questo caso rendono necessario esaminare le risultanze processuali ed esprimere valutazioni di merito.
Inoltre la censura, sviluppata in oltre otto pagine, è priva del momento di sintesi sulla cui necessità si è sopra argomentato.
4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
I ricorrenti hanno presentato memoria; le resistenti hanno chiesto d’essere ascoltate in camera di consiglio;
Le argomentazioni addotte dai ricorrenti con la memoria non contrastano efficacemente, con riferimento ai primi due motivi, i rilievi contenuti nella relazione;
5.- Ritenuto:
che, a seguito della discussione; sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, ha preso atto dell’esistenza del terzo motivo, ma lo ha ritenuto parimenti inammissibile; esso ipotizza violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e art. 113 c.p.c.; i ricorrenti non considerano che la sentenza impugnata ha sostanzialmente escluso il nesso causale tra la condotta lamentata e l’evento; in ogni caso, manca la formulazione del prescritto quesito di diritto;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.400,00, di cui Euro 1.200,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge in favore di ciascuno dei resistenti.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010