Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13078 del 23/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 23/06/2016, (ud. 10/05/2016, dep. 23/06/2016), n.13078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBNARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8220-2015 proposto da:

L.L., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

VELLETRI, 10, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE FULVIO

SARZANA DI S. IPPOLITO, che li rappresenta e difende giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

L.C.T., G.M., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA E. TAZZOLI 2, presso lo studio dell’avvocato

ANTONELLA DI GIOIA, rappresentati e difesi dall’avvocato UMBERTO

IPPOLITO giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

LO.LE.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 188/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI del

10/01/2014, depositata il 19/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato Salvatore Fulvio Sarzana di S. Ippolito, difensore

dei ricorrenti che si riporta agli scritti.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

che:

il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;

“Ritenuto che:

– Lo.Lu., + ALTRI OMESSI convennero in giudizio il padre L. M., il fratello Lo.Le. nonchè la sorella L.C.T. col di lei marito G.M., chiedendo che venisse dichiarata la nullità per apocrificità del testamento olografo apparentemente redatto dalla comune madre D. C.G., col quale era stata lasciata al marito L. M. la quota indivisa della de cuius della proprietà del fondo sito in (OMISSIS); che venisse dichiarata la nullità dell’atto di compravendita col quale L.M. aveva trasferito a L.C. e G.M. l’intera proprietà del fondo predetto; che, previa apertura della successione di D.C. G., venisse disposto lo scioglimento della comunione ereditaria, con la relativa divisione dei beni relitti tra i coeredi;

– con sentenza non definitiva il Tribunale di Foggia rigettò la querela di falso proposta avverso il testamento olografo della de cuius nonchè la domanda di declaratoria di nullità del detto atto di compravendita e, successivamente, con sentenza definita, dichiarò aperta la successione di D.C.G. e dispose la divisione dei beni ereditari;

– sul gravame proposto in via principale da L.C.T. e G.M. avverso la sentenza definitiva e in via incidentale da Lo.Lu., + ALTRI OMESSI avverso la sentenza non definitiva di primo grado, la Corte di Appello di Bari rigettò l’appello incidentale e confermò il rigetto della querela di falso, riservando al seguito la decisione sull’appello principale;

– per la cassazione della sentenza di appello ricorrono L. L., + ALTRI OMESSI sulla base di due motivi;

– resistono con controricorso G.M. e L.C. T.;

– Lo.Le., ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

Atteso che:

– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 214 c.p.c. e segg., in relazione alla decisione dei giudici di merito di escludere – in quanto oggetto di contestazione – le scritture di comparazione utilizzate nell’esperimento della prima C.T.U.) appare manifestamente infondato, in quanto – nel procedimento di falso, nel quale si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dettate per il giudizio di verificazione di scrittura privata (art. 101 disp. att. c.p.c.) –

l’idoneità di una scrittura privata alla funzione di comparazione richiede non già il dato negativo della mancanza di un formale disconoscimento nei tempi e nei modi di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c., bensì quello positivo del riconoscimento, espresso ovvero tacito (per non essere, cioè, mai stata contestata l’autenticità della scrittura), atteso che, dovendo fungere da fonte di prova della verità di altro documento, è indispensabile che sia certa la provenienza della scrittura da colui al quale quel documento, oggetto dell’accertamento giudiziale, si intende attribuire (Sez. 1, Sentenza n. 129 del 05/01/2001, Rv. 542973; conf. Sez. 1, Sentenza n. 4728 del 28/02/2007, Rv. 595228) e, comunque, spetta al giudice del merito stabilire quali scritture debbano servire da comparazione, senza esser vincolato da alcuna graduatoria tra le varie fonti di accertamento dell’autenticità (Sez. 2, Sentenza n. 13844 del 10/12/1999, Rv. 531994);

– il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 354 e 70 c.p.c. e art. 2 disp. att. c.p.c., per avere la Corte di Appello omesso di dichiarare la nullità della sentenza del Tribunale per la mancata partecipazione del pubblico ministero al procedimento relativo alla querela di falso e di disporre la rimessione della causa al primo giudice) appare manifestamente infondato, in quanto, nella specie, il pubblico ministero ha partecipato al processo, presentando le sue conclusioni dinanzi al Collegio, con conseguente esclusione della nullità della sentenza di primo grado, in conformità al principio costantemente ribadito da questa Corte secondo cui, nelle cause in cui è previsto soltanto l’intervento del P.M. (art. 70 c.p.c., comma 1, nn. 2, 3 e 5) e non anche l’esperibilità dell’azione da parte di tale organo, la regola stabilita dall’art. 3 disp. att. c.p.c. – secondo la quale il P.M. può intervenire anche quando la causa si trova dinanzi al collegio – comporta che, ai fini di tale partecipazione è sufficiente che egli spieghi intervento all’udienza di discussione innanzi al collegio, dovendosi escludere la nullità degli atti anteriori alla deliberazione della sentenza cui egli non abbia partecipato o potuto partecipare (Sez. 1, Sentenza n. 807 del 27/01/1997, Rv. 502057; Sez. 1, Sentenza n. 22106 del 23/11/2004, Rv.

579327), non senza considerare che la mancata partecipazione del pubblico ministero non rientra tra le ipotesi tassativamente previste dall’art. 354 c.p.c. (in particolare in quella relativa alla integrità del contraddittorio) per le quali il giudice di appello può disporre l’invocata rimessione della causa al primo giudice (Sez. 1, Sentenza n. 807 del 27/01/1997, Rv. 502058);

Ritenuto che il ricorso può essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi rigettato”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c., alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

– il ricorso, pertanto, deve essere rigettato;

– le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente;

– ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in 3.200,00 (tremiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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