Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13077 del 24/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13077 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 18195-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE

ENTRATE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che le rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
1938

FIRRINCIELI GIUSEPPE;

– intimato

avverso la sentenza n. 168/2009 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CATANIA, depositata il
21/05/2009;

Data pubblicazione: 24/06/2015

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/05/2015 dal Consigliere Dott.

DOMENICO

CHINDEMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato RGCCHITTA che ha
chiesto raccoglimento;

Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

18195/10
Fatto
Con sentenza n. 168/31/09, depositata il 21.5.2009, la Commissione Tributaria
Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, confermava la sentenza della
Commissione tributaria provinciale di Ragusa n. 118/01/2004 che aveva accolto il
ricorso proposto da Finincieli Giuseppe. avverso l’avviso di recupero del credito di
La Commissione tributaria regionale rilevava che il tardivo inoltro del modello CTS
non poteva comportare l’esclusione del benedici°, trattandosi di adempimento
formale ed essendo trascurabile il ritardo nella presentazione.
L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale deducendo, quale unico motivo, violazione e falsa applicazione dell’art.
62 1. 289/2002 , ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., rilevando l’erroneità della sentenza
della CTR per non avere rilevato la perentorietà del termine entro cui inviare il
modello CVS,
Il contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 19.5.2015, in cui il PG ha
concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
L’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi dell’art. .8 . della legge 23 dicembre
2000, n. 388, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per
l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale
beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dall’art. 62, primo comma,
lettera e), della legge 27 dicembre 2002, n. 289), nel termine del 28 febbraio 2003, la
comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura
dell’investimento effettuato (cosiddetto “modello CVS”) essendo il suddetto termine
previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la
sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione
dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 19127 del 07/09/2010; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16442 del 15/07/2009
Sez. 5, Sentenza n. 3578 del 13/02/2009)
La presentazione di tale modello, a prescindere dalla realizzazione gli investimenti e
dalla fruizione del credito di imposta nella dichiarazione dei redditi, costituisce non

imposta per aree svantaggiate ex art. 8 I. 388/2000,dichiarato in E 61.600.

già una facoltà del contribuente, ma un vero e proprio onere a suo carico, finalizzato
all’accertamento delle condizioni necessarie all’attribuzione, in via definitiva, del
beneficio in questione, cioè la legittima fruizione del credito.
Il termine del 28.2.2003, inizialmente previsto dal D.L. n. 253 del 2002, poi non
convertito, ma successivamente ripreso dalla L. n. 289 del 2002, non si riferiva alla
mancata presentazione, ma costituiva un limite invalicabile rispetto al decreto del
Infatti una volta scaduto con il 28 febbraio 2003 il termine per la presentazione del
modello, dal quale risulti l’adempimento degli obblighi richiesti per la conferma delle
agevolazioni fruite, non poteva non scattare la decadenza della contribuente dal
beneficio del credito d’imposta, altrimenti nessun senso avrebbe potuto avere la
previsione della decadenza, se il relativo termine avesse potuto essere eluso.
Invero la norma di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 62, è diretta espressione del
potere, demandato al Ministro delle finanze, di stabilire con D.M. le procedure di
controllo, prevedendo “specifiche cause di decadenza dal diritto di credito”, e trova la
sua “ratio” nell’esigenza di definire entro un tempo determinato l’inerente onere
finanziario, altrimenti sospeso “ad libitum” (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 15865 del
28/07/2005).
La stessa Ordinanza della Corte Costituzionale 24.3.2006 n. 124 ha dichiarato
“manifestamente infondata, in riferimento all’art. 3 Cost., la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 62, comma 1, lettera a), della legge n. 289 del 2002, nella
parte in cui determina, in una data non successiva al 28 febbraio 2003, il termine —
da fissarsi dall’Agenzia delle entrate nei 30 giorni dall’entrata in vigore della legge
(cioè non oltre il 30 gennaio 2003) — entro il quale le imprese, che hanno conseguito
automaticamente, prima dell’8 luglio 2002, contributi nella forma di crediti di
imposta per gli investimenti di cui all’art. 8 della legge n. 388 del 2000, devono
inviare i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, a pena di
«decadenza» dai contributi stessi. È in primo luogo evidente l’insussistenza della
denunciata irragionevole sproporzione tra la violazione commessa dal contribuente,
consistente nel mancato invio di un modello informativo entro un dato termine, e la
«decadenza dal contributo» già conseguito, in quanto la previsione della decadenza
dal contributo appare adeguata e coerente con la ‘ratiò della norma censurata e non
eccede i limiti dell’ampia discrezionalità riservata al legislatore in materia di
agevolazioni; limiti che vanno individuati esclusivamente nella «palese arbitrarietà
2

direttore dell’Agenzia per la necessaria trasmissione del modello CVS.

e

od irrazionalità». Inoltre, in relazione alla censura relativa alla violazione del
principio di irretroattività e, per l’effetto, del principio «dell’affidamento nella
sicurezza giuridica», la norma censurata non dispone per il passato, ma fissa per il
futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di «decadenza dal contributo», a
nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito.
Infine, riguardo alla censura relativa all’ingiustificata disparità di trattamento fra i
soggetti che beneficiano dell’agevolazione ai sensi della denunciata lettera a) del

comma 1 dell’art. 62 della legge n. 289 del 2002 e quelli che ne beneficiano ai sensi
della successiva lettera b), basata sul rilievo che solo i primi sono obbligati a
trasmettere i dati relativi agli investimenti entro un termine fissato «a pena di
decadenza dal contributo», mentre i secondi sono obbligati a trasmettere gli stessi
dati senza che sia prevista, per il caso di inosservanza di tale obbligo, la sanzione
della decadenza dal contributo medesimo, deve rilevarsi la eterogeneità delle due
fattispecie, in quanto i soggetti di cui alla lettera a) hanno conseguito il contributo in
via automatica — e quindi senza alcun previa intervento dell’amministrazione
finanziaria — ed hanno fornito sola i pochi dati richiesti all’epoca per far valere il
credito di imposta, mentre quelli di cui alla lettera b) hanno conseguito il contributo
a séguito dell’«assenso dell’Agenzia delle entrate relativamente all’istanza
presentata» ai sensi del comma 1-bis dell’art. 8 della legge n. 388 del 2000, avendo
fornito, a tal fine, i dati e gli elementi richiesti da detta norma”.(cfr anche Corte
Cost., ord. n.180/2007)
Questa Corte ha più volte affermato anche con riferimento al credito d’imposta per i
nuovi investimenti nelle aree svantaggiate che “la disposizione di cui all’art. 3,
comma secondo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che fissa il termine minimo di
sessanta giorni per l’effettuazione degli adempimenti da parte del contribuente, non
ha uno specifico fondamento costituzionale, né il termine da essa stabilito attiene
all’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che il rapido susseguirsi di disposizioni
aventi forza di legge non rispettose del termine indicato determina il verificarsi di
una normale vicenda di successione di leggi nel tempo” (Cass. Sei 6 – 5, Ordinanza
n. 5324de1 03/04/2012; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4815de1 28/02/2014).
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza
e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato
l’originario ricorso introduttivo.
Sussistono giusti motivi, essendosi consolidata la giurisprudenza in epoca successiva
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alla proposizione del ricorso, per la compensazione delle spese dell’intero giudizio
PQM
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il
ricorso introduttivo del contribuente.
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 19.5.2015

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