Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13075 del 24/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13075 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 24403-2010 proposto da:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro
pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –

2015

contro

1919

ASCOM SERVIZI SRL;

avverso

la

sentenza

n.

intimato

286/2009

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il

Data pubblicazione: 24/06/2015

22/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/05/2015 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che ha

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

chiesto l’accoglimento;

24403/10
Fatto
Con sentenza n.286/05/09, depositata il 22.7.2009, la Commissione Tributaria
Regionale della Campania, sezione staccata di Salemo,in riforma della sentenza
della Commissione tributaria provinciale di Salerno n. 185/14/2006, accoglieva il
ricorso proposto dalla società Ascom Servizi s.r.l. avverso l’avviso di recupero del
credito di imposta per aree svantaggiate ex art. 8 1. 388/2000, per l’anno
La Commissione tributaria regionale rilevava, in particolare che l’Ufficio aveva
revocato una agevolazione già usufruita nell’anno 2001 e nel 2002, allorchè era
entrata in vigore la 1. 289/2002 e la società aveva già consolidato la propria
posizione.
L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale deducendo i seguenti motivi:
1) difetto di motivazione, in relazione all’articolo 360, numero cinque, c.p.c.,
essendo le motivazioni addotte all’accoglimento dell’appello della società in
contrasto con la normativa vigente, mancando gli elementi dai quali il collegio ha
tratto il proprio convincimento, saltando un passaggio fondamentale dell’iter
motivazionale;
2) violazione dell’art. 62 1. 289/2002 , ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., rilevando
1′ erroneità della sentenza della CTR per non avere rilevato la perentorietà del
termine entro cui inviare il modello CVS,
3) violazione dell’articolo 57, comma uno, D.Igs 546/92, in relazione all’articolo
360, numero tre, c.p.c., avendo la CTR accolto il ricorso in forza di una domanda
nuova, non formulata originariamente.
La società non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 19.5.2015, in cui il PG ha
concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
fondato il secondo motivo di ricorso, assorbente degli altri.
L’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi dell’art. 8 della legge 23 dicembre
2000, n. 388, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per
l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale
beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dall’art. 62, primo comma,
1
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2002,dichiarato in E 15.108,00.

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lettera e), della legge 27 dicembre 2002, n. 289), nel termine del 28 febbraio 2003, la
comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura
dell’investimento effettuato (cosiddetto “modello CV S”) essendo il suddetto termine
previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la
sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione
dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 19127 del 07/09/2010; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16442 del 15/07/2009

Sez. 5, Sentenza n. 3578 del 13/02/2009)
La presentazione di tale modello, a prescindere dalla realizzazione degli investimenti
e dalla fruizione del credito di imposta nella dichiarazione dei redditi, costituisce non
già una facoltà del contribuente, ma un vero e proprio onere a suo carico, finalizzato
all’accertamento delle condizioni necessarie all’attribuzione, in via definitiva, del
beneficio in questione, cioè la legittima fruizione del credito.
Il termine del 28.2.2003, inizialmente previsto dal D.L. n. 253 del 2002, poi non
convertito, ma successivamente ripreso dalla L. n. 289 del 2002, non si riferiva alla
mancata presentazione, ma costituiva un limite invalicabile rispetto al decreto del
direttore dell’Agenzia per la necessaria trasmissione del modello CVS.
Infatti una volta scaduto con il 28 febbraio 2003 il termine per la presentazione del
modello, dal quale risulti l’adempimento degli obblighi richiesti per la conferma delle
agevolazioni fruite, non poteva non scattare la decadenza della contribuente dal
beneficio del credito d’imposta, altrimenti nessun senso avrebbe potuto avere la
previsione della decadenza, se il relativo termine avesse potuto essere eluso.
Invero la norma di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 62, è diretta espressione del
potere, demandato al Ministro delle finanze, di stabilire con D.M. le procedure di
controllo, prevedendo “specifiche cause di decadenza dal diritto di credito”, e trova la
sua “ratio” nell’esigenza di definire entro un tempo determinato l’inerente onere
finanziario, altrimenti sospeso “ad libitum” (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 15865 del
28/07/2005).
La stessa Ordinanza della Corte Costituzionale 24.3.2006 n. 124 ha dichiarato
“manifestamente infondata, in riferimento all’art. 3 Cost., la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 62, comma 1, lettera a), della legge n. 289 del 2002, nella
parte in cui determina, in una data non successiva al 28 febbraio 2003, il termine —
da fissarsi dall’Agenzia delle entrate nei 30 giorni dall’entrata in vigore della legge
(cioè non oltre il 30 gennaio 2003) — entro il quale le imprese, che hanno conseguito
2
.”

automaticamente, prima dell’8 luglio 2002, contributi nella forma di crediti di
imposta per gli investimenti di cui all’art. 8 della legge n. 388 del 2000, devono
inviare i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, a pena di
«decadenza» dai contributi stessi. È in primo luogo evidente l’insussistenza della
denunciata irragionevole sproporzione tra la violazione é-ommessa dal contribuente,
consistente nel mancato invio di un modello informativo entro un dato termine, e la
«decadenza dal contributo» già conseguito, in quanto la previsione della decadenza
eccede i limiti dell’ampia discrezionalità riservata al legislatore in materia di
agevolazioni; limiti che vanno individuati esclusivamente nella «palese arbitrarietà
od irrazionalità». Inoltre, in relazione alla censura relativa alla violazione del
principio di irretroattività e, per l’effetto, del principio «dell’affidamento nella
sicurezza giuridica», la norma censurata non dispone per il passato, ma fissa per il
futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di «decadenza dal contributo», a
nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito.
Infine, riguardo alla censura relativa all’ingiustificata disparità di trattamento fra i
soggetti che beneficiano dell’agevolazione ai sensi della denunciata lettera a) del
comma 1 dell’art. 62 della legge n. 289 del 2002 e quelli che ne beneficiano ai sensi
della successiva lettera b), basata sul rilievo che solo i primi sono obbligati a
trasmettere i dati relativi agli investimenti entro un termine fissato «a pena di
decadenza dal contributo», mentre i secondi sono obbligati a trasmettere gli stessi
dati senza che sia prevista, per il caso di inosservanza di tale obbligo, la sanzione
della decadenza dal contributo medesimo, deve rilevarsi la eterogeneità delle due
fattispecie, in quanto i soggetti di cui alla lettera a) hanno conseguito il contributo in
via automatica — e quindi senza alcun previo intervento dell’amministrazione
finanziaria — ed hanno fornito solo i pochi dati richiesti all’epoca per far valere il
credito di imposta, mentre quelli di cui alla lettera b) hanno conseguito il contributo
a séguito dell’«assenso dell’Agenzia delle entrate relativamente all’istanza
presentata» ai sensi del comma 1-bis dell’alt 8 della legge n. 388 del 2000, avendo
fornito, a tal fine, i dati e gli elementi richiesti da detta norma”.(cfr anche Corte
Cost., ord. n.180/2007)
Questa Corte ha più volte affermato anche con riferimento al credito d’imposta per i
nuovi investimenti nelle aree svantaggiate che “la disposizione di cui all’art. 3,
comma secondo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che fissa il termine minimo di
3

dal contributo appare adeguata e coerente con la ‘ratiò della norma censurata e non

4.

sessanta giorni per l’effettuazione degli adempimenti da parte del contribuente, non
ha uno specifico fondamento costituzionale, né il termine da essa stabilito attiene
all’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che il rapido susseguirsi di disposizioni
aventi forza di legge non rispettose del termine indicato determina il verificarsi di
una normale vicenda di successione di leggi nel tempo” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza
n. 5324de1 03/04/2012; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4815de1 28/02/2014).
Va, conseguentemente accolto il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassata
merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo della società
L’evolversi della giurisprudenza, in senso favorevole all’Agenzia, in epoca
successiva alla sentenza di appello costituisce giusto motivo per la compensazione
delle spese dell’ intero giudizio
PQM
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa l’impugnata sentenza
e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio
Così deciso in Roma, il 19.5.2015

senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di

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