Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13073 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 30/06/2020), n.13073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 988-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.M.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

S. DOMENICO 20, presso lo studio dell’avvocato GRAZZINI GIUSEPPE,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TROILI MOLOSSI

CARLO ALBERTO, giusta procura in calce;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 3086/2017 della COMM. TRIB. REG. di Roma,

depositata il 30/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2019 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato T.M.C.A.

che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza n. 3086/17 della CTR del Lazio che ha dichiarato inammissibile, per tardività, l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza n. 24083/10/15 della CTP di Roma che, accogliendo il ricorso di T.M.C.A., aveva annullato l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con cui veniva operata, a norma della L. n. 311 del 2004, art. l comma 335, la nuova classificazione di tre unità immobiliari, site in (OMISSIS).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’agenzia delle Entrate articola un solo motivo, di seguito indicato:

Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 20, commi 1 e 2, art. 38, comma 3, art. 51, comma 1, e art. 53, comma 2, nonchè dell’art. 327 c.p.c. e 155 c.p.c., comma 5, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4). La ricorrente afferma che, essendo stata depositata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, il 17.11.2015, il termine semestrale per la proposizione dell’appello, ex art. 327 c.p.c., come novellato dalla L. n. 69 del 2009, scadeva il 17.05.2016 e che, di conseguenza, l’Ufficio aveva ritualmente proposto appello, spedendolo a mezzo del servizio postale con raccomandata A.R. n. (OMISSIS), consegnata a Poste Italiane S.p.A. appunto il giorno 17.05.2016 (ultimo giorno utile), come si evince dalla ricevuta di spedizione del medesimo gravame (“copia ricevuta raccomandata”), che è stata trascritta integralmente in ricorso, in ossequio al canone di autosufficienza.

T.M.C.A. ha controdedotto, anche con memoria,

affermando che ai fini dell’intervenuta decadenza dall’appello giusta art. 327 c.p.c., è stata prodotta l’incontestata dichiarazione resa dalle Poste Italiane Spa, dalla quale si evince invece che il plico era stato consegnato al servizio postale soltanto il 18 maggio 2016: vale a dire, il mercoledì successivo al giorno di scadenza (17.5.) del termine perentorio. La Commissione Regionale, quindi, aveva correttamente deciso sulla scorta dell’unica documentazione presente in atti, a dimostrazione della dedotta circostanza.

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

La CTR ha affermato in sentenza che l’appello dell’Ufficio era tardivo perchè la sentenza di primo grado era stata depositata il 17 novembre 2015 e l’appello era stato consegnato alle Poste il 18 maggio 2016, quindi oltre il termine di sei mesi. Senza articolare, in ricorso, specifiche censure alla decisione impugnata, l’Agenzia delle Entrate ha prodotto la copia dell’elenco dei pieghi raccomandati ed assicurati consegnati da essa stessa all’ufficio postale, asseritamente in data 17.05.2016, da cui risulterebbe anche una raccomandata diretta a T.M.C.A., contenente, a detta della ricorrente, l’appello di cui si discute. Circa l’attestazione della data di consegna e sulla valenza della prova costituita dal predetto elenco munito di timbro delle Poste, la ricorrente richiama a proprio beneficio la decisione di questa Corte n. 7312 del 2006.

In effetti, si è affermato che (Cass.n. Sez. 5 -, Sentenza n. 22878 del 29/09/2017): “Nel giudizio tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello per il notificante nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., è validamente fornita dall’elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro datarlo delle Poste, non potendosi attribuire all’apposizione di quest’ultimo su detta distinta cumulativa altro significato se non quello di attestarne la consegna all’ufficio postale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la piena equiparabilità, ai fini della prova della regolarità della notifica delle impugnazioni, della produzione, in luogo delle singole ricevute di spedizione delle raccomandate, di una distinta di spedizione degli appelli, recante gli estremi delle stesse, valendo l’indicazione in essa di destinatario, data e spese ad attribuire al timbro postale il significato di attestazione della consegna, pur in assenza di dicitura di avvenuta ricezione).”

Questo indirizzo, che qui si conferma, lascia tuttavia impregiudicato il limite, insito nel ricorso dell’Ufficio e che ne determina l’inammissibilità, costituito dalla preclusione della produzione di nuovi documenti in sede di legittimità.

I documenti dei quali è in tale sede ammessa la produzione ai sensi dell’art. 372 c.p.c. sono infatti solo quelli concernenti la nullità della sentenza e l’ammissibilità del ricorso (o controricorso) per Cassazione, e non anche quelli relativi all’ammissibilità di una impugnazione precedente.

Si tratta nella specie di applicare – sebbene “a contrario” – lo stesso principio stabilito da Cass. ord 12344/18, secondo cui: “Nel giudizio di legittimità, è ammissibile, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., il deposito di un documento munito di timbro postale attestante la data certa, ove lo stesso documento, ancorchè privo di timbro postale, sia stato prodotto nei precedenti gradi del processo. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha annullato la decisione impugnata che aveva dichiarato inammissibile l’appello dell’Agenzia delle Entrate ritenendo insufficiente, ai fini della prova della tempestività del gravame, la produzione della distinta-elenco delle raccomandate predisposta dall’amministrazione, non munita del timbro postale).”

Là dove, nella concretezza del caso, la distinta RR in questione è stata appunto prodotta per la prima volta in questa sede di legittimità (come anche evincibile dalla sentenza di rigetto di un diverso ricorso per revocazione, passata in giudicato, del quale le parti danno atto); e ciò, nonostante che si trattasse di documento che ben poteva venire prodotto già in grado di appello, a seguito dell’eccezione di tardività specificamente opposta dal contribuente.

Alla luce dei principi che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consigli, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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