Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13072 del 15/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2011, (ud. 25/03/2011, dep. 15/06/2011), n.13072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

ITALIA GENERALI COSTRUZIONI SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7/2005 della COMM. TRIB. REG. di BARI,

depositata l’08/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/03/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 7 in data 8.3.2005 la Commissione tributaria regionale sez. 14 di Bari ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio Bari (OMISSIS) della Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza di primo grado n. 29/13/2000 emessa dalla CTP di Bari con la quale, in accoglimento del ricorso della Italia Generali Costruzioni s.r.l., erano stati annullati gli avvisi in rettifica IVA, relativi agli anni 1990 e 1992, con i quali l’Amministrazione finanziaria aveva ritenuto indebita l’applicazione dell’aliquota agevolata IVA al 4% su alcune operazioni attive e passive della società, recuperando la differenza di imposta per L. 314.673.000 per l’anno 1990 e L. 191.971.000 per l’anno 1992.

La sentenza della CTR di Bari motiva il rigetto del gravame ritenendo che l’appellante non aveva fornito elementi probatori certi volti a contestare efficacemente la prova dei presupposti applicativi della agevolazione dedotta dalla società.

Il Ministero della Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno impugnato la sentenza di appello, con atto consegnato per la notifica in data 24.4.2006 e notificato presso il domiciliatario in data 3.5.2006, affidando il ricorso ad unico motivo articolato in due censure.

Non ha resistito la società intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dichiarata “ex officio” l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia, per difetto di legittimazione attiva, non avendo assunto l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di appello svolto avanti la CTR di Bari introdotto dall’Ufficio periferico della Agenzia delle Entrate, in data successiva all’1.1.2001 (subentro delle Agenzie fiscali a titolo di successione particolare ex lege nella gestione dei rapporti giuridici tributari pendenti in cui era parte l’Amministrazione statale), con conseguente implicita estromissione della Amministrazione statale ex art. 111 c.p.c., comma 3 (cfr. Corte cass. SS.UH. 14.2.2006 n. 3116 e 3118).

2. La sentenza di secondo grado ha ritenuto che la società avesse diritto alla applicazione della aliquota agevolata al 4% prevista dalla Tabella A Parte 2^ allegata al D.P.R. n. 633 del 1973, sulla cessione di beni forniti per la costruzione di abitazioni non di lusso ai sensi della L. 2 luglio 1949, n. 408, art. 3 avendo provato la destinazione dei beni oggetto della cessione mediante la concessione edilizia rilasciata alla stessa società dal Comune di Bari e relativa alla costruzione di un fabbricato per civili abitazioni in (OMISSIS), e di contro non avendo assolto l’Amministrazione all’onere probatorio che le incombeva in ordine alla dimostrazione della mancata destinazione dei detti beni a tale costruzione “in base al principio… che l’ente impostore è attore in senso sostanzia, e nel processo tributario, non assumendo carattere dirimente la mancata produzione di contratti di appalto per i quali non è prescritta la forma scritta “ad essentiam” nè “ad probationem”, anche in considerazione della ispezione eseguita dall’Ufficio IVA di Bari che nel PVC depositato agli atti del giudizio aveva constatato la esecuzione di lavori di edilizia ed impiantistica riconducibili a prestazioni tipiche del contratto di appalto o del contratto d’opera.

La società aveva altresì dimostrato di aver diritto alla applicazione della aliquota IVA agevolata anche con riferimento alla fattura emessa nei confronti della PoliPark s.r.l. “per la fornitura di ascensori e per l’organizzazione commerciale e amministrativa” di una autorimessa pluripiano per la realizzazione della quale la PoliPark aveva conseguito la concessione di costruzione dal Comune di Bari.

3. La Agenzia delle Entrate censura la sentenza di secondo grado per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 16 del D.L. n. 693 del 1980, art. 8 conv. in L. n. 891 del 1980, della L. n. 122 del 1989, art. 11 e dell’art. 2697 c.c., nonchè per vizio di motivazione, deducendo che i Giudici di appello:

– hanno distribuito l’onere probatorio a carico della Amministrazione, sebbene in tale materia debba invece gravare sul contribuente (richiama in proposito il precedente di questa Corte n. 7124/2003).

– hanno riconosciuto la sussistenza della prova della destinazione dei beni alla costruzione del fabbricato abitativo D.L. n. 693 del 1980, ex art. 8, nonostante la società non avesse prodotto dichiarazione da parte dell’acquirente della riferibilità dei beni ceduti alla costruzione delle case di abitazione non di lusso”. – non hanno tenuto in considerazione la obiezione formulata dall’Ufficio secondo cui la concessione edilizia prodotta dalla società era relativa ad un a costruzione realizzata “negli anni precedenti – hanno apoditticamente desunto dalle risultanze del PVC redatto dall’Ufficio la esistenza di un rapporto di appalto – hanno ricompreso nell’agevolazione la fattura emessa nei confronti della PoliPark s.r.l. sebbene la causale della stessa si riferisse a prestazioni (gestione ed amministrazione del fabbricato) non ricomprese tra quelle agevolate L. n. 122 del 1989, ex art. 11.

4. Il motivo è infondato.

4.1 Nonostante la inapplicabilità al caso concreto (in cui il contribuente afferma di aver diritto alla applicazione della aliquota agevolata IVA ai sensi del D.L. 31 ottobre 1980, n. 693, art. 8, comma 1, n. 5 conv. in L. 22 dicembre 1980, n. 891, e della L. 24 marzo 1989, n. 122, art. 1, comma 1) del principio di diritto riportato nella motivazione dai Giudici di appello secondo cui “l’ente impostore è attore in senso sostanziale nel processo tributario e pertanto ad. esso incombe l’onere della prova sulle circostanze che giustificano la pretesa tributaria dedotta in giudizio”, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione della norma in tema di riparto di onere probatorio ex art. 2697 c.c. e deve ritenersi, pertanto, esente dai vizi logici protestati dalla ricorrente.

E’ stato più volte affermato da questa Corte che il processo tributario, pur avendo ad oggetto un rapporto che vede il contribuente nella veste di soggetto passivo, trae origine da una azione costitutiva volta all’annullamento di un atto autoritativo, il cui esercizio da parte del contribuente non fa assumere in ogni caso alla Amministrazione finanziaria la qualità di parte attrice in senso sostanziale con assunzione del correlativo onere probatorio (Corte cass. 5^ sez. 21.10.2005 n. 20398; id. 14.11.2005 n. 29932) occorrendo distinguere l’ipotesi in cui con l’avviso di accertamento la Amministrazione intenda far valere una maggiore pretesa tributaria da quella in cui invece si limiti a contestare la esistenza dei presupposti per l’applicazione di norme agevolative o che prevedono esenzioni o comunque deroghe al regime impositivo ordinario. Solo nel primo caso l’onere della prova grava sulla Amministrazione tenuta a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa fornendo la prova di elementi e circostanze rivelatori di un maggiore imponibile; nel secondo caso invece spetta al contribuente l’onere di provare l’esistenza dei fatti e dei presupposti di diritto ai quali le norme tributarie ricollegano il diritto alla detrazione od alla deduzione o ancora alla esenzione ovvero alla fruizione de beneficio o dell’agevolazione (ex pluribus Corte cass. 5^ sez. 16.5.2007 n. 11205; 5^ sez. 9.5.2003 n. 7124 -in materia di aliquota agevolata IVA- ; 5^ sez. 1.3.2010 n. 4871 -in materia di esenzioni relative ad imposte sui redditi-).

Nel processo tributario, infatti, non vi è regione di derogare al generale criterio di ripartizione dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c., sia per quanto concerne la prova dei fatti costitutivi della pretesa fatta valere – rispettivamente – dalla Amministrazione finanziaria e dal contribuente (comma 1), che per quanto attiene alla prova dei fatti impeditivi, modificativi od estintivi della pretesa, che viene a gravare sulla parte convenuta “in senso sostanziale” (comma 2) quando la parte che intende far valere il proprio diritto abbia fornito elementi probatorii sufficienti a sostenere la pretesa (Corte cass. 5^ sez. 18.1.2006 n 905; id. 5^ sez. 28.6.2006 n. 14951 -con riferimento al contribuente quale convenuto “in senso sostanziale”-).

4.2 Nella specie i Giudici di appello hanno ritenuto che l’onere probatorio era stato assolto dal contribuente mediante le prove documentali prodotte in giudizio (1- provvedimento di concessione edilizia emesso dal Comune di Bari attestante che la società negli anni 1990-1992 aveva realizzato un fabbricato per civile abitazione, non di lusso, nello stesso Comune; 2- risultanze del processo verbale di constatazione redatto dall’Ufficio Iva di Bari dal quale emergeva che erano stati eseguiti nel fabbricato lavori di edilizia interna ed impiantistica – fatto noto dal quale veniva inferito il fatto ignorato della stipulazione di contratti di appalto-; 3- schema di convenzione tra Comune di Bari e PoliPark s.r.l. nonchè provvedimento di concessione edilizia rilasciata a quest’ultima dal medesimo ente locale aventi ad oggetto la realizzazione di una autorimessa pluripiano; 4- fatture su operazioni di acquisto ed una fattura emessa dal contribuente) ed invece che i fatti dedotti dalla Amministrazione, volti a contestare le circostanze poste a fondamento della pretesa del contribuente, erano rimasti indimostrati.

4.3 Tanto premesso la censura di violazione del criterio di riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c. è palesemente infondata tenuto conto che i Giudici di appello hanno preliminarmente verificato la consistenza probatoria degli elementi dimostrativi della pretesa forniti dalla società, avendo implicitamente posto, correttamente, a carico del contribuente l’onus probandi in quanto, impugnando con azione costitutiva di annullamento l’avviso in rettifica notificatogli dalla Amministrazione, lo stesso sostanzialmente agiva in giudizio per far valere i proprio diritto alla applicazione sulle operazioni di cessione della aliquota Iva agevolata al 4%.

L’errato riferimento contenuto nella motivazione della sentenza alla Amministrazione “attrice in senso sostanziale”, quale parte onerata della prova, non ha inciso sulla esatta applicazione del criterio di riparto in quanto, solo dopo aver valutato la consistenza degli elementi di prova offerti dal contribuente, i Giudici hanno considerato gli argomenti addotti dalla Amministrazione – quale convenuta in senso sostanziale – ritenendo non provate tali circostanze.

Tale modus procedenti è del tutto rispettoso della disciplina legale del riparto dell’onere della prova come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, e pertanto la sentenza va esente dal vizio di legittimità denunciato.

4.4. Relativamente alla censura inerente il vizio motivazionale (nell’ambito de quale va ricondotta la mera indicazione in rubrica delle norme agevolative violate, non avendo la ricorrente denunciato erronee affermazioni in diritto contenute nella sentenza che si assumono in contrasto con tali norme o con la interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza o dalla prevalente dottrina) rileva il Collegio che per costante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte il ricorso per cassazione con il quale si fanno valere vizi della motivazione della sentenza deve contenere la precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basa la decisione, ovvero la specificazione di illogicità, ancora la mancanza di coerenza tra le ragioni esposte, e quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi, mentre non può farsi valere il contrasto dell’apprezzamento dei fatti compiuto dal Giudice di merito con il convincimento e con le tesi della parte poichè, diversamente opinando, il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., n. 5) verrebbe a risolversi in una richiesta di sindacato del Giudice di legittimità sulle valutazioni riservate al Giudice di merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (cfr. Corte cass. sez. lav. 12.8.2004 n. 15693 id. 3^ sez. 5.3.2007 n. 5066; id. 1^ sez. 7.3.2007 n. 5274 ;

id. 5^ sez. 30.5.2007 n. 12757).

La Agenzia ricorrente si è limitata a ribadire deduzioni ed eccezioni che aveva formulato nei gradi di merito e che investono l’accertamento e la valutazione di questioni di fatto precluse in sede di legittimità, senza tuttavia specificare il vizio logico nel quale sarebbe incorso il Giudice di merito nell’argomentazione presuntiva svolta dai fatti noti (risultanze della ispezione eseguita dall’Ufficio desunte dal PVC; fatture aventi ad oggetto l’acquisto di beni e servizi inerenti lavori di edilizia ed impiantistica:

concessione edilizia per la realizzazione di immobili non lusso rilasciata alla società) per pervenire all’accertamento del fatto ignorato della esistenza di contratti di appalto e della destinazione dei beni e servizi indicati in fattura alla costruzione del fabbricato (ai fini della applicazione della aliquota IVA agevolata prevista dal D.L. n. 693 del 1980, art. 8, comma 1, n. 4 conv. in L. n. 891 del 1980); o ancora senza indicare in quale lacuna, omissione o contraddizione sarebbe incorso il Giudice di appello nel qualificare come “prestazioni derivanti da contratti aventi per oggetto la realizzazione delle opere e degli interventi previsti dalla presente legge” (L. n. 122 del 1989, art. 11, comma 2) la fornitura di ascensori e le prestazioni concernenti la gestione ed amministrazione del parcheggio pluripiano; od infine senza specificare in quale vizio logico sarebbe caduto il Giudice territoriale nel ritenere indimostrata la mera allegazione dell’Ufficio secondo cui il fabbricato non di lusso non era stato realizzato negli anni cui si riferivano le fatture.

Gli argomenti, svolti dalla Agenzia a supporto del motivo di ricorso, si limitano ad illustrare, pertanto, una diversa ricostruzione dei fatti ed a fornire una differente valutazione delle risultanze probatorie esaminate dal Giudice territoriale (sostenendo la Agenzia la insufficienza del materiale probatorio che la CTR ha ritenuto invece sufficiente a fondare la pretesa del contribuente): ma la mera prospettazione di una diversa valutazione dei fatti risolvendosi in una semplice ipotesi decisionale alternativa, è ex se palesemente inidonea a scalfire la coerenza logica interna della motivazione della sentenza impugnata, dovendo in conseguenza concludersi per il rigetto anche di tale censura.

5. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, non dovendo provvedersi sulle spese di lite attesa la mancata costituzione della parte resistente.

P.Q.M.

LA CORTE – dichiara inammissibile i ricorso proposto dal Ministero della Economi e delle Finanze;

– rigetta il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011

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