Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13071 del 23/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 23/06/2016, (ud. 20/04/2016, dep. 23/06/2016), n.13071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23225-2013 proposto da:

M.M., C.F. (OMISSIS), F.F.

(OMISSIS), C.R. (OMISSIS), P.

F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ALBERICO II 13, presso lo studio dell’avvocato MARIA CECILIA

FELSANI, rappresentati e difesi dall’avvocato ISIDE B. STORACE,

giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA

PATTERI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO, senza numero di R. G. proposto da:

R.F. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA ALBERICO II 13, presso lo studia dell’avvocato MARIA

CECILIA FELSANI, rappresentato e difeso dall’avvocato ISIDE B.

STORACE, giusta delega in atti;

– ricorso successivo –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA

PATTERI, giusta delega in atti;

– controricorso al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 206/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 90/04/2015 R.G.N. 755/11;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato PAOLA MISURALE per delega Avvocato ISIDE B.

STORACE;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per inammissibilità per il

ricorso R.F., cessata materia del contendere per gli

altri ricorrenti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza depositata In data 30 aprile 2013 la Corte d’appello di Genova, riunite le impugnazioni contro sentenze rese dal Tribunale di Genova, in accoglimento degli appelli proposti dall’Inps ed In riforma delle rispettive sentenze, rigettava le domande di F. F. e C.R., dirette ad ottenere Il riconoscimento del diritto alla rivalutazione della contribuzione previdenziale L. n. 257 del 1992, ex art. 13, comma 8, per il periodo Indicato in ricorso, e già oggetto di certificazione INAIL successivamente revocata. Con la stessa sentenza rigettava gli appelli proposti da M.M. e P.F. contro le sentenze di primo grado con cui erano state rigettate le rispettive domande.

2. A fondamento della decisione, la Corte riteneva (per quanto qui ancora d’interesse) non provata l’esposizione al rischio nel reparti nei quali i ricorrenti avevano lavorato: in particolare, per i ricorrenti B., F. e C., un’attenta analisi delle mansioni da loro svolte induceva ritenere che essi avevano manipolato direttamente macchine o attrezzature d’amianto solo occasionalmente, così come occasionale era stato l’uso di guanti in amianto; che sulla base del dati forniti dalla banca Amyant e dall’Università di Genova il livello di concentrazione per tale tipo di attività e per la durata prevista per legge non superava i limiti di legge.

3. Su ricorso dell’Inps con ordinanza resa dalla stessa Corte d’appello in data 20 giugno 1014, la sentenza veniva corretta nella parte In cui nel dispositivo era stato omesso il nominativo di B. F. accanto a quelli di F., Ca. e C., per i quali, come detto, era stato accolto l’appello dell’Inps con li rigetto della domanda da questi proposta.

4. Contro la sentenza i lavoratori F., C., M. e P. propongono ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui resiste l’Inps con controricorso. Con separato ricorso il Bozzo Impugna, ai sensi dell’art. 111 Cost., l’ordinanza di correzione e la Sentenza della corte d’appello, limitatamente alla parte modificata dall’ordinanza 20 giugno 2014. Tutti i ricorrenti depositano memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c. i ricorrenti F., C., M. e P. hanno dato atto che l’Inps ha disposto, con l’estratto conto certificativo del conto assicurativo depositato in atti, l’applicazione di quanto previsto dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 112 ed ha riconosciuto l’esposizione all’amianto già certificata dall’Inail, con il conseguente accredito della maggiorazione contributiva prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, per i periodi rispettivamente dedotti dai lavoratori. Hanno pertanto chiesto che si dichiari cessata tra le parti la materia del contendere. L’Istituto ha preso atto della richiesta, non opponendosi alla stessa. Il venir meno dell’Interesse delle parti ad una pronuncia comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere e giustifica la compensazione delle spese di lite, in ragione del sopravvenuto riconoscimento della pretesa avanzata dal lavoratori.

2. Il ricorso del B. è fondato sulla violazione e la falsa applicazione degli artt. 276, 287 e 324 c.p.c., e dell’art. 24 Cost.

Assume infatti che non sussistevano i presupposti per il procedimento di correzione della sentenza e che il provvedimento di correzione è abnorme ed in violazione del giudicato.

Deduce che il dispositivo della sentenza era chiaro nella parte in cui, dopo aver accolto l’appello dell’Inps con riguardo al signori F., Ca. e C., le cui domande erano state così rigettate, ha confermato le altre sentenze, compresa quella emessa In suo favore dal giudice di primo grado che, Invece, gli aveva riconosciuto il diritto alla rivalutazione contributiva. Non era pertanto utilizzabile lo strumento della correzione degli errori materiali nel senso preteso dall’Istituto previdenziale, considerato che al più poteva configurarsi una nullità della sentenza per contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo, da far valere con I normali rimedi Impugnatori.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Deve rilevarsi che, nonostante nell’intestazione del ricorso il B. abbia specificato di proporre ricorso ex art. 111 Cost.

“avverso e per l’annullamento” dell’ordinanza della Corte d’appello di Genova pubblicata in data 20 giugno 2014 e della sentenza della Corte d’appello di Genova, limitatamente alla parte modificata dalla detta ordinanza, nessun motivo di ricorso propone avverso la sentenza, limitandosi a censurare il ricorso alla procedura di correzione, in quanto ritenuta inammissibile. Nell’Illustrazione dei motivi, il ricorso è tutto Incentrato ad escludere l’esistenza di un errore materiale, idoneo a dar ingresso alla procedura ex art. 287 c.p.c., ma nessun motivo di impugnazione è proposto nei confronti della sentenza nella parte corretta. I quesiti posti a chiusura dell’atto rendono chiaro l’oggetto del ricorso, volto esclusivamente a censurare l’ordinanza di correzione siccome inammissibile, in quanto incidente su una posizione, quella del ricorrente, ormai passata in giudicato.

Va subito detto che non si discute In questa sede se possa essere o meno oggetto di correzione l’insanabile contrasto riscontrabile tra motivazione e dispositivo della sentenza. Questa Corte ha già avuto modo di statuire sul punto che il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo (nella specie, omessa Indicazione del nominativo del B.) e pronuncia adottata in motivazione (nella specie, rigetto), che non incida sull’Idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, non integra un vizio attinente al contenuto concettuale e sostanziale della decisione, bensì un errore materiale, emendabile con la procedura prevista dall’art. 287 c.p.c. (Cass. 16488/06).

Del resto, la Corte territoriale ha sia pure succintamente motivato sul punto, ritenendo sussistente l’errore materiale contenuta nel dispositivo della sentenza, nella parte in cui ha omesso di Inserire il nominativo di B.F. tra coloro per i quali, in virtù dell’accoglimento dell’appello dell’Inps, è stata rigettata la domanda proposta di prime cure; ha altresì aggiunto che l’evidenza dell’errore emerge dalla motivazione della sentenza in cui con riferimento al lavoratore B. si è esclusa l’esistenza di un’esposizione significativa t’amiamo, conformemente a quanto sostenuto dal c.t.u.. Ha quindi ritenuto che l’omissione del nominativo nel dispositivo è frutto di una vera e propria svista del giudice nella redazione del dispositivo.

Posta questa premessa, deve rilevarsi che, “In tema di procedimento di correzione di errori materiali, l’art. 288 c.p.c., nel disporre che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, appresta uno specifico mezzo di impugnazione, che esclude l’impugnabilità per altra via del provvedimento a lume del disposto dell’art. 177 c.p.c., comma 3, n. 3, a tenore del quale non sono modificabili nè revocabili le ordinanze per le quali la legge prevede uno speciale mezzo di reclamo. Il principio di assoluta Inimpugnabilità di tale ordinanza, neppure col ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., vale anche per l’ordinanza di rigetto, in quanto il provvedimento comunque reso sull’istanza di correzione di una sentenza all’esito del procedimento regolato dall’art. 288 c.p.c. è sempre privo di natura decisone, costituendo mera determinazione di natura amministrativa non incidente sui diritti sostanziali e processuali delle parti, in quanto funzionale all’eventuale eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo che non può in alcun modo toccare il contenuto concettuale della decisione. Per questa ragione resta impugnabile, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo la sentenza corretta, proprio al fine di verificare se, mercè il surrettizio ricorso al procedimento in esame, sia stato in realtà violato il giudicato ormai formatosi nel caso in cui la correzione sia stata utilizzata per incidere, inammissibilmente, su errori di giudizio”. (Cass., 27 giugno 2013, n. 16205; Cass. 19 marzo 2007, n. 5950).

Ne consegue l’inammissibilità dell’impugnazione. In ragione della peculiarità della vicenda che, nel merito, ha visto una diversa conclusione dei giudizi di primo e secondo grado, le spese del giudizio di legittimità tra l’inps e il B. devono essere compensate. Poichè il ricorso è stato notificato in data successiva al 31 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1. In tema di impugnazioni, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, al sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass., ord.13 maggio 2019 n. 10306).

PQM

La Corte dichiara cessata M materia del contendere tra F. F., C.R., M.M., P.F. e l’Inps e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Dichiara inammissibile il ricorso di B.F. e compensa tra Sozzo e l’Inps le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza del presupposti per il versamento, da parte del ricorrente B., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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