Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13071 del 15/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2011, (ud. 25/03/2011, dep. 15/06/2011), n.13071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

GRACCHI 209, presso lo studio dell’avvocato DE BLASIIS DARIO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 113/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata l’08/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/03/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero della Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 113 depositata in data 8.3.2005 con la quale la CTR di Roma sez. staccata di Latina ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio di Latina della Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP sez. staccata di Latina n. 448/4/2001 con la quale erano stati annullati gli avvisi di liquidazione di sanzioni pecuniarie relative ad IVA per gli anni 1990-1993.

La Commissione tributaria regionale, dopo aver dato atto che con i motivi di appello l’Ufficio aveva eccepito il giudicato formatosi in altro giudizio tra le stesse parti avente ad oggetto gli avvisi di irrogazione delle predette sanzioni pecuniarie – definito con sentenza della CTP sez. staccata di Latina n. 30/8/1997 in data 3.4.1997 che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal G. – ed avere rilevato che in tale sentenza era stata altresì dichiarata la improcedibilità del ricorso per difetto di legittimazione del ricorrente ad impugnare “nella sua mera qualità di ex socio amministratore, atti emanati nei confronti della società che egli stesso asseriva non rappresentare in alcun modo”, riteneva che il contribuente fosse stato impropriamente coinvolto in un contenzioso che non lo riguardava, avuto riguardo altresì anche all’atto pubblico in data 28.4.1992 dal quale risultava la vendita delle quote dal G. ad altri soggetti che avevano costituito “una nuova società sotto la ragione sociale Raffaello s.n.c. di Carciopolo S. & C.” ed avevano provveduto al trasferimento della sede della società presso altro indirizzo del medesimo Comune di Aprilia, con la conseguenza che l’Ufficio avrebbe dovuto far valere le proprie pretese nei confronti del nuovo amministratore e dei nuovi soci.

Il ricorso per cassazione viene affidato ad un unico motivo con il quale viene dedotto il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art.2291 c.c., comma 2 e dell’art. 2909 c.c., nonchè vizio di motivazione.

Resiste con controricorso G.S..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dichiarata ex officio l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia, per difetto di legittimazione attiva, non avendo assunto l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di appello svolto avanti la CTR del Lazio introdotto dall’Ufficio IVA di Latina della Agenzia delle Entrate, in data successiva all’1.1.2001 (subentro delle Agenzie fiscali a titolo di successione particolare ex lege nella gestione dei rapporti giuridici tributar pendenti in cui era parte 1″ Amministrazione statale), con conseguente implicita estromissione della Amministrazione statale ex art. 111 c.p.c., comma 3 (cfr. Corte cass. SS.UU. 14.2.2006 n. 3116 e 3118).

Non avendo il ricorso proposto dal Ministero comportato aggravio di attività difensiva si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

2. La sentenza di appello articola la propria decisione su di un’unica “ratio decidendi” integrata da un ulteriore argomento “ad abundantiam”:

a) gli avvisi di liquidazione sono stati emessi nei confronti della Raffaello Costruzioni s.n.c. di Profenna Vito C. e non della Edil Reco s.n.c. di Guardascione Stefano e C, pertanto il G. non può essere ritenuto titolare ex latere debitoris del rapporto tributario dedotto in giudizio, come riconosciuto anche nel precedente giudizio – avente ad oggetto gli avvisi di irrogazione delle sanzioni pecuniarie – dalla sentenza CTP in data 30.8.1997, non impugnata, che aveva rilevato la “improcedibilità del ricorso originatasi dalla mancanza di legittimazione del ricorrente, nella sua mera qualità di socio ex amministratore,ad impugnare atti emanati nei confronti della società che egli stesso asserisce non rappresentare attualmente in alcun modo” sentenza dalla quale non poteva prescindersi per la decisione sulla impugnazione degli avvisi di liquidazione;

b) inoltre in atti, ad ulteriore conferma della estraneità del G. al rapporto tributario, risulta depositato l’atto pubblico 28.4.1992 avente ad oggetto la cessione delle quote (della Edil Reco s.n.c.) dal G. a terzi e risulta che i cessionari “costituiscono una nuova società sotto la ragione sociale Raffaello s.n.c. di Carciopolo S. e C. e trasferiscono la sede sociale… “, con la conseguenza che la pretesa tributaria avrebbe dovuto essere fatta valere nei confronti dei nuovi soci e del nuovo amministratore.

3. La parte ricorrente deduce che:

l’Ufficio IVA di Latina notificava alla Raffaello Costruzioni s.n.c. di Profenna Vito & C, nonchè a tutti i soci tra quali G. S., avvisi di irrogazione di sanzioni pecuniarie, a fini IVA, relativi agli anni di imposta 1990- 1993. – il ricorso proposto avverso tali avvisi dal G., in q.

di rappresentante della Edil Reco s.n.c. di Guardascione Stefano &

C”, che richiedeva l’annullamento degli atti irrogativi di sanzione, avendo egli ceduto con atto 28.4.1992 la propria quota societaria nella Edil Reco, era stato dichiarato inammissibile ed improcedibile, con sentenza della CTP sez. staccata di Latina n. 30/8/1997 in data 3.4.1997, in quanto proposto da soggetto (rappresentante della Edil Reco) privo di legittimazione, e la sentenza, non impugnata, era passata in giudicato;

– che gli avvisi di liquidazione, successivamente notificati dal medesimo Ufficio finanziario alla “Raffaello Costruzioni s.n.c. di Profenna Vito & C” ed ai soci erano stati opposti sempre dal G., questa volta in proprio, con ricorso accolto dalla CTP sez. staccata di Latina con sentenza n. 448/4/2001. la quale si limitava a prendere atto del precedente giudicato formatosi “inter partes”, confermata dalla sentenza della CTR in data 8.3.2005 investita con ricorso per cassazione.

Tanto premesso la Agenzia delle Entrate deduce il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 2291, comma 2 e dell’art. 2909 c.c., nonchè vizio di contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia:

– sostenendo la legittimità degli avvisi di liquidazione emessi nei confronti della Raffaello Costruzioni s.n.c. di Profenna Vito & C, (dovendo questa ritenersi la medesima società già denominata Raffaello Costruzioni s.n.c. di Carciopolo S. e C. ed in precedenza denominata Edil Reco s.n.c. di Guardascione Stefano & C.) e dei singoli soci, essendo questi tenuti a rispondere dei debiti tributari pregressi insorti durante il periodo in cui erano titolari delle rispettive quote della società. I Giudici di appello affermando la estraneità del contribuente alla obbligazione tributaria avrebbero, quindi, violato la norma dell’art. 2291 c.c. che stabilisce la responsabilità illimitata e solidale dei partecipanti alla società in nome collettivo per le obbligazioni sociali;

– deducendo la contraddittorietà della motivazione dei Giudici di appello quali, dopo aver rilevato che il ricorso proposto dal G. avverso gli avvisi di irrogazione delle sanzioni era stata dichiarato improcedibile con sentenza della CTP in data 3.4.1997 n. 30 non impugnata, anzichè trarre la logica conseguenza delle definitività ed intangibilità dell’atto presupposto, hanno invece confermato la sentenza di prime cure che aveva accolto il ricorso proposto dal G. annullando gli atti esecutivi (avvisi di liquidazione).

4. Sostiene il resistente, nelle difese svolte con il controricorso, che la sentenza della CTP in data 30.8.1997, dichiarando la improcedibilità del ricorso proposto avverso gli avvisi di irrogazione delle sanzioni pecuniarie, aveva rilevato la mancanza di legittimazione passiva del ricorrente nella sua qualità di ex socio, con la conseguenza che, in difetto di impugnazione, doveva ritenersi passato in giudicato l’accertamento negativo della titolarità della posizione passiva nel rapporto tributario: pertanto correttamente i Giudici di appello avevano ritenuto il resistente estraneo anche alle successive vicende inerenti la notifica degli avvisi di liquidazione.

Inoltre prosegue il resistente, in palese contrasto con quanto affermato della Agenzia ricorrente, la sentenza del 1997 aveva annullato gli avvisi di rettifica e dunque la sentenza della CTP in data 30.5.2001 n. 448 aveva annullato gli avvisi di liquidazione in quanto emessi in difetto dell’atto presupposto.

Eccepisce ancora il resistente la inammissibilità dei motivi di ricorso anche per mancata formulazione dei quesiti di diritto e chiede comunque il rigetto del ricorso.

5. Infondata è la eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa indicazione del “quesito di diritto”.

L’onere di formulazione nel ricorso per cassazione del “quesito di diritto”, prescritto dall’art. 366 bis c.p.c. (norma successivamente abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47), è stato introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e la norma trova applicazione esclusivamente ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto (2.3.2006), ipotesi che non ricorre nel caso di specie (sentenza CTR pubblicata in data 8.3.2005).

6. Il motivo è fondato.

La motivazione della sentenza di appello è incorsa in palese contraddizione logica laddove dopo aver dato atto che il ricorso proposto dal contribuente avverso gli atti presupposti irrogativi di sanzioni pecuniarie era stato dichiarato inammissibile ed improcedibile per difetto di “legitimatio ad causam” con sentenza della CTP sez. staccata di Latina n. 30/81997 (gli avvisi irrogativi di sanzioni notificati ai singoli soci, tra cui il G., come si evince dalla sentenza di appello erano stati impugnati dal contribuente anzichè in nome proprio -“uti socio” della Raffaello Costruzioni s.n.c. di Profenna Vito & C-, “n.q. di ex socio- amministratore” di altra società, la Edil Reco s.n.c.) ha pronunciato nel merito confermando la sentenza di prime cure che aveva annullato gli atti esecutivi (avvisi di liquidazione).

In proposito è sufficiente rilevare come a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 1 può essere proposto ricorso tanto avverso il provvedimento che irroga le sanzioni (comma 1, lett. e), quanto avverso l’avviso di liquidazione (comma 1, lett. b), ma ciascuno di tali atti può essere impugnato esclusivamente per vizi propri (art. 1, comma 3): con la sola eccezione della omessa notifica dell’atto presupposto, nel qual caso il contribuente è legittimato ad impugnare tale atto unitamente all’atto consequenziale notificatogli, ed a denunciare vizi attinenti all’atto presupposto potendo contestare il merito della pretesa tributaria (art. 1, comma 3, ultima parte).

La pronuncia giurisdizionale in rito emessa con la sentenza n. 30/8/1997 dalla CTP della sez. staccata di Latina – che ha dichiarato inammissibile ed improcedibile la impugnazione dell’atto presupposto (nella specie il provvedimento irrogativo di sanzioni) da parte di soggetto privo di legittimazione “ad causam”-, ha reso definitivo ed incontestabile nei confronti dei contribuenti obbligati al pagamento della sanzione pecuniaria (ai quali era stato notificato il provvedimento irrogativo – Raffaello Costruzioni di Profenna & C;

singoli soci tra cui G.S. – e che non hanno proposto tempestivo e rituale ricorso avverso tale atto ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, lett. E, art. 19) l’accertamento in ordine ai fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria (sussistenza del fatto materiale: imputabilità delle condotte violative all’amministratore ed ai soci della società di persone; sussunzione della fattispecie concreta nello schema normativo sanzionatomi individuato; esclusione di cause di non punibilità; estensione della obbligazione ai soggetti tenuti da vincolo di solidarietà) che non può più, quindi, essere rimesso in discussione con la impugnazione degli atti esecutivi (avvisi di liquidazione), successivamente emessi dall’Ufficio, che possono essere opposti esclusivamente per vizi propri, trattandosi di atti meramente liquidatori di una pretesa fiscale ormai definitiva.

Il Giudice territoriale di appello non si è attenuto a questi fondamentali principi, travisando il contenuto della pronuncia in rito emessa dalla CTP nel 1997 con riferimento ai limiti soggettivi della stessa, ipotizzando erroneamente che l’accertamento del difetto di legittimazione attiva del G. (il quale aveva proposto ricorso avverso l’atto irrogativo di sanzione -che gli era stato notificato in qualità di socio-, non in proprio, quale socio della “Raffaelio Costruzioni s.n.c. di Proferirla e C.” ma nella qualità di precedente legale rappresentante della “Edil Reco s.n.c. di (” G.S.”) spiegasse efficacia nel successivo giudizio, avente ad oggetto gli avvisi di liquidazione delle sanzioni, nei confronti di un soggetto giuridico diverso (nella specie la stessa persona fisica G.S. ma nella qualità di socio della “Raffaello Costruzioni s.n.c. di Proferma e C”), e, conseguentemente, statuendo in ordine alla mancanza di titolarità “ex latere debitoris” del rapporto tributario dedotto in giudizio da parte del G. (venendo così ad esaminare vizi propri del provvedimento irrogativo delle sanzioni), omettendo di considerare che l’atto presupposto irrogativo delle sanzioni era divenuto definitivo in conseguenza della mancata tempestiva opposizione da parte del socio G. (stante la pronuncia di inammissibilità della impugnazione proposta dal non legittimato -la impugnazione dichiarata inammissibile essendo equivalente ad omessa impugnazione-).

Pertanto il ricorso deve essere accolto e per l’effetto la sentenza impugnata va cassata senza rinvio in quanto, essendo divenuto definitivo l’atto irrogativo delle sanzioni e non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, il giudizio può essere deciso con il rigetto del ricorso introduttivo proposto avverso l’atto esecutivo di liquidazione.

La parte resistente è tenuta alla rifusione delle spese dell’intero giudizio che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE – dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero della Economia e delle Finanze compensando tra le parti le spese di lite;

– accoglie il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate, per l’effetto cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo;

– condanna la parte resistente alla rifusione delle spese dell’intero giudizio che liquida in Euro 4.000,00 per onorari oltre alle spese prenotate a debito, per il giudizio di cassazione; in Euro 2.800,00 per onorari ed Euro 950,00 per diritti, per il giudizio di appello;

ed in Euro 1.900,00 per onorari ed Euro 700,00 per diritti, per il giudizio di primo grado.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011

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