Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13070 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 28/05/2010, (ud. 22/03/2010, dep. 28/05/2010), n.13070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12939-2009 proposto da:

L.L., L.C., L.M.G.,

S.G. nella qualità di eredi di L.D.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 95, presso lo

studio degli avvocati PALUMBO FRANCESCO e ABATE ADRIANO, giusta

procura speciale per atto notaio Cozza Rocco di Senigallia, in data

7.5.09, n. rep. 99744, che viene allegata in atti;

– ricorrenti –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (di seguito anche RFI) in persona del

suo institore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO CHIGI 5,

presso lo studio dell’avv. PANDOLFO ANGELO, che la rappresenta e

difende, giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

sul ricorso 12941-2009 proposto da:

F.P., P.A., P.T. nella loro

qualità di eredi di P.B., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 95, presso lo studio degli avvocati PALUMBO

FRANCESCO e ABATE ADRIANO, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (di seguito anche RFI) in persona

dell’institore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO CHIGI 5,

presso lo studio dell’avv. ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e

difende, giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 5987/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

20.9.07, depositata il 30/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. Carlo DESTRO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 5987 depositata il 30 maggio 2008, ha ritenuto prescritto il diritto di L.s.D. e di P.B. alla rivalutazione del beneficio di L. 800 di cui alla L. n. 426 del 1982, art. 41 non essendo intervenuti efficaci atti interruttivi, tali non potendo essere considerate nè la richiesta scritta del sindacalista nè la lettera dell’avv. Palumbo del 1991.

Al fine di negare efficacia interruttiva alla richiesta scritta di pagamento avanzata dal collega sindacalista, la Corte ha rilevato che “per poter essere considerata come atto interruttivo in favore dell’appellato L. sarebbe stata necessaria l’allegazione di una procura scritta rilasciata, a favore del sottoscrittore della richiesta, da parte del ricorrente (invero, poichè per l’atto di costituzione in mora è prevista la forma scritta, anche la relativa procura deve essere rilasciata nella stessa forma ex art. 1392 cod. civ.”.

Quanto “alle lettere a firma dell’avv. Palumbo”, ha rilevato che “non vi è alcuna prova, nè si può in alcun modo presumere, data la distanza tra la lettera del 1991 … e il deposito del ricorso, che l’avv. Palumbo avesse ricevuto un mandato dall’appellante, almeno informa verbale”.

Avverso questa decisione i rispettivi eredi dei due lavoratori ricorrono per cassazione per due motivi, con distinti atti di analogo contenuto.

Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. resiste con distinti controricorsi e propone ricorsi incidentali condizionati. Replicano con controricorso soltanto gli eredi di L.D..

Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione dei ricorsi in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi ritualmente notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo (dei ricorsi principali) denuncia vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

I ricorrenti sostengono innanzitutto che la società aveva contestato l’efficacia interruttiva delle lettere inviate alla società datrice di lavoro sul rilievo che non vi era possibilità di individuare i dipendenti, in quanto in dette missive non erano indicati, per ciascuno di essi, il numero di matricola e la sede di lavoro. La Corte di merito – proseguono i ricorrenti – con “la motivazione offerta nella sentenza di accoglimento del gravame di Rete Ferroviaria Italiana va peraltro fuori bersaglio e, comunque, oltre le deduzioni della parte appellante”.

Aggiungono che la Corte d’appello, dopo avere affermato che il mandato alla costituzione in mora richiede la forma scritta, ha poi contraddittoriamente richiamato giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 10098/98) che afferma il contrario.

Il secondo motivo attiene alla prova del mandato all’avv. Francesco Palumbo, autore della lettera del 1991, che la Corte d’appello ha ritenuto non potersi desumere dalla circostanza che il detto difensore promosse il giudizio di primo grado per il recupero dello stesso credito (e che ancora oggi difende gli eredi).

I ricorsi principali sono infondati. Nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., quanto all’addebito mosso alla Corte territoriale con il primo motivo, di aver pronunciato oltre i limiti delle deduzioni svolte dalla parte appellante, accogliendo il gravame per ragioni diverse da quelle prospettate con l’appello, si è osservato che tale censura – diversamente da quanto riportato nell’intestazione del motivo ove si fa riferimento a un vizio di motivazione, – concreta la denuncia di un vizio di ultrapetizione, e quindi una violazione di legge, precisamente dell’art. 112 cod. proc. civ., riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 4, ma che per il suddetto vizio di diritto non è enunciato il prescritto quesito a norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., per cui il motivo per tale parte è inammissibile.

Relativamente al secondo profilo di censura del medesimo mezzo di annullamento, nella relazione si è rilevato che, anche se effettivamente la Corte di merito ha dapprima affermato e poi negato che per il mandato alla costituzione in mora occorre l’atto scritto, questa contraddizione non ha avuto alcuna incidenza sulla decisione.

Infatti, la Corte, nel ritenere l’inidoneità interruttiva della lettera (o delle lettere) del(l’ignoto) sindacalista, ha motivato che “quanto alla qualità di rappresentante sindacale del sottoscrittore dell’istanza … occorre evidenziare che non risulta alcuna prova della qualità di sindacalista del sottoscrittore, nè l’iscrizione della ricorrente al sindacato del quale lo stesso farebbe parte”, motivazione questa che non viene efficacemente censurata dagli odierni ricorrenti.

Per il secondo motivo, nella relazione se ne è rimarcata l’inammissibilità, in base alla considerazione che, attenendo la pretesa a crediti relativi al periodo 1 gennaio 1981/31 dicembre 1985, come riferisce la sentenza impugnata, la lettera del 1991 è intervenuta quando la prescrizione quinquennale dei crediti era già maturata.

Il Collegio condivide le osservazioni ora esposte, alle quali del resto i ricorrenti non hanno replicato, e pertanto si deve concludere per il rigetto dei ricorsi principali, restando assorbiti i ricorsi incidentali, dichiarati espressamente condizionati.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico dei ricorrenti, in applicazione del criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e rigetta quelli principali, assorbiti gli incidentali; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della società resistente, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 30,00, e in Euro 1.200,00 (milleduecento/00) per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

 

 

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