Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13070 del 24/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/05/2017, (ud. 28/04/2017, dep.24/05/2017),  n. 13070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7406/2013 R.G. proposto da:

Comune di Francavilla al Mare, rappresentato e difeso dal Prof. Avv.

Lorenzo del Federico e dall’Avv. Laura Rosa, con domicilio eletto

presso il primo, in Roma, via F. Denza, n. 20, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.B., rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio di Salvo,

con domicilio eletto presso l’Avv. Corrado Marinelli, in Roma,

Piazza dell’Orologio, n. 7, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo sez. staccata di Pescara, n. 967/09/2012, depositata il

4 settembre 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 aprile

2017 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– il Comune di Francavilla al Mare ricorre avverso la decisione emessa dalla CTR dell’Abruzzo, che ha riconosciuto corretta l’attribuzione dell’agevolazione fiscale della “prima casa” alla contribuente d.M.B. ed ha annullato la rettifica dell’ICI dovuta per l’anno 2008, denunciando con due motivi:

(a) la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31, comma 1, , per aver la CTR deciso la causa all’udienza fissata per la sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado;

(b) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 2, come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 173, lett. b, e dell’art. 2697 c.c.;

– la contribuente ha dedotto l’inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, e, comunque, l’infondatezza del ricorso;

– il primo motivo è inammissibile poichè il ricorrente, oltre a denunciare un error in procedendo ai sensi del n. 3 anzichè del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., lamenta, con difetto di autosufficienza sul fatto processuale, un’asserita lesione del diritto di difesa, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31, determinata dalla omessa fissazione e comunicazione di nuova udienza per la trattazione del merito della causa, senza specificare, se non in termini del tutto generici, se e quali impedimenti ad un completo spiegamento delle proprie difese abbia in concreto cagionato la trattazione unitaria della istanza di sospensiva e del merito della causa, tanto più nella specie avvenuta, come risulta dalla decisione impugnata, “all’esito della trattazione in pubblica udienza” e non in camera di consiglio;

– va inoltre rilevato che – come ripetutamente affermato dalla Corte (Cass. n. 8510 del 2010; Cass. n. 6911 del 2013) – non sussiste alcun ostacolo, ove manchino specifiche ragioni processuali concretamente allegate (quali, ad esempio, la richiesta di termini a difesa e di rinvio ad altra udienza per l’ulteriore produzione documentale), che la fase cautelare sia seguita immediatamente dalla fase di trattazione del merito, risultando pienamente compatibile tale conduzione del processo con le esigenze di speditezza e celerità imposte dal principio costituzionale di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2, nel rispetto del principio di effettività del contraddittorio;

-il secondo motivo è pure inammissibile;

-il ricorrente, invero, pur contestando il vizio di violazione di legge, censura irritualmente, in realtà, la motivazione della CTR, la quale, del resto, non si è discostata dal parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 2, nel testo vigente ratione temporis, secondo il quale l’agevolazione spetta al contribuente “per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale”;

– il giudice d’appello ha poi ritenuto, con valutazione globale e non frammentaria dei fatti in giudizio, che tale prova, a fronte delle contestazioni e degli elementi portati dall’Amministrazione comunale, fosse stata assolta positivamente dalla contribuente alla luce, in particolare, “del contratto di acquisto in proprio dell’unità immobiliare, dell’attestazione di residenza, della tessera elettorale e, non da ultimo, dei consumi delle varie utenze da considerare congrui e compatibili con l’uso di una abitazione principale”, così stimando non significativa la circostanza che il coniuge della stessa avesse la formale residenza presso un diverso immobile in altro Comune;

il motivo, peraltro, mira a proporre una interpretazione e ricostruzione dei fatti alternativa a quella del giudice di merito, fondata sull’asserita rilevanza della diversa residenza anagrafica del coniuge del contribuente, da cui deriverebbe – con affermazione comunque carente di autosufficienza – un godimento plurimo dell’agevolazione, e sulla diversa valenza e rilevanza (anche in termini meramente ipotetici ed astratti, come per i “consumi”) dei singoli elementi considerati dal giudice, senza censurarne effettivamente il percorso logico ed argomentativo, e, dunque, in vista di una nuova e non consentita valutazione dei fatti da parte della Suprema Corte;

– il ricorso va pertanto respinto e le spese di questo giudizio regolate per soccombenza, ponendosi a carico del ricorrente l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 500,00, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2017

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