Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13070 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 13070 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 27335-2010 proposto da:
COMUNE DI PISA P.I. 00341620508 in persona

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EA,Ott- • &Atte:1m: <-6242-tf....,, rese an - elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell'avvocato PANARITI BENITO, rappresentato e difeso dall'avvocato LAZZERI GLORIA, giusta delega in atti; - ricorrente - 2014 1116 contro BERNABO' MASSIMO C.F. BRNMSM44T13G702G, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLA RICCIOTTI 11, presso lo studio dell'avvocato COSTANZA ACCIAI, che lo Data pubblicazione: 10/06/2014 rappresenta e difende unitamente all'avvocato FAVATI NICOLA, giusta delega in atti; - avverso la sentenza n. controricorrente - 1412/2009 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 11/11/2009 R.G.N. udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/03/2014 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE; udito l'Avvocato ARDIZZI ALESSANDRO per delega LAZZERI GLORIA e GIGLIOTTI GIUSEPPINA; udito l'Avvocato ACCIAI COSTANZA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per inammissibilità, in subordine rigetto. 1204/2007; R.G. 27335/2010 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO k0A Con sentenza del 18-5-2006 il Giudice del lavoro del Tribunale di Pisa rigettava l'opposizione promossa dal Comune di Pisa avverso il decreto pagamento di compensi deliberati in considerazione della specifica attività relativa alla c.d. gestione stralcio degli Istituti di Ricovero di Pisa, dal 1-9-2000 al 1-9-2002. In particolare il primo giudice riteneva che detta attività non rientrasse fra le funzioni dirigenziali svolte dall'opponente, già dipendente degli Istituti di Ricovero (con mansioni di Segretario Generale) e poi transitato al Comune. La sentenza veniva appellata dall'Ente territoriale che la censurava riproponendo gli argomenti svolti in primo grado. Il Bernabò si costituiva e resisteva al gravame. La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza depositata 1'11-11-2009, rigettava l'appello. In sintesi la Corte territoriale rilevava che i compiti assegnati al Bernabò non solo non appartenevano al contenuto delle funzioni dirigenziali ma, risolvendosi in mere operazioni contabili, non erano attività da dirigente ed erano del tutto svincolati dalle funzioni dirigenziali, per cui non potevano rientrare nella nozione omnicomprensiva del trattamento economico del dirigente pubblico ex art. 24 d.lgs. n. 165/2001. Per la cassazione di tale sentenza il Comune di Pisa ha proposto ricorso con tre motivi. Il Bernabò ha resistito con controricorso. 1 ingiuntivo richiesto ed ottenuto dal dott. Massimo Bemabò e recante il MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo, denunciando violazione del principio di onnicomprensività del trattamento economico e della normativa di cui all'art. 24 del d.lgs. n. 165 del 2001, il Comune ricorrente deduce che tutti i compiti stralcio degli ex Istituti di ricovero, venivano svolti in qualità di dirigente comunale per conto e nell'interesse del Comune di Pisa, di guisa che dovevano inquadrarsi sempre nell'ambito della sua attività dirigenziale. In particolare il ricorrente rileva che "far derivare da un semplice elenco, anzi estrapolare da detto elenco alcune attività determinate per addivenire alla conclusione che non si trattava di attività dirigenziale e, pertanto avrebbe dovuto essere retribuita ad hoc, costituisce un ragionamento che si limita alla mera apparenza dei fatti omettendo di esaminarli nell'insieme, e pertanto teso a limitare la portata del principio di onnicomprensività della retribuzione". Con il secondo motivo, denunciando violazione del principio della forma scritta del contratto, il ricorrente, premesso che il Bernabò non ha mai sottoscritto alcun contratto scritto relativamente all'incarico indicato nella delibera di Giunta municipale n. 613/2000, rileva che ben poteva il giudice del merito rilevare la mancanza del contratto in questione, senza che tale mancanza dovesse essere eccepita dalla controparte. Con il terzo motivo, denunciando vizio di motivazione in ordine al fatto che l'attività svolta rientrasse o meno nell'ambito dell'incarico di dirigente, il ricorrente lamenta che la Corte di merito è giunta a definire tale attività come "mere operazioni contabili" riducendo del tutto la rilevanza e la portata della stessa, la quale, invece, era "molteplice e variegata" e "comprendeva sia il 2 affidati al Bernabò, con delibera comunale fin dal 1-1-1997, per la gestione rilascio di un'attestazione che la chiusura di una contabilità assai complessa, poiché attinente a ben quattro strutture diverse con funzioni diverse, sia sanitarie che sociali." Peraltro tale attività rientrava all'interno di quella propria e istituzionale Osserva il Collegio che la questione sollevata con il secondo motivo (ed invero in parte adombrata anche nella parte finale dei primo motivo), della quale non vi è traccia nell'impugnata sentenza, risulta nuova e come tale inammissibile. Al riguardo questa Corte ha ripetutamente affermato che "nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello" (v. Cass. 16-8-2004 n. 15950, Cass. 27-8-2003 n. 12571, Cass. 5-72002 n. 9812, Cass. 9-12-1999 n. 13819). Nel contempo è stato anche precisato che "nel caso in cui una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere di allegare l'avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, indicando altresì in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, così da permettere alla Corte di Cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa" (v. Cass. 15-2-2003 n. 2331, Cass. 12-7-2005 n. 14590, 12-7-2005 n. 3 del Comune, che era successore ex lege dei disciolti Istituti di ricovero. 14599, Cass. 28-7-2008 n. 20518, nonché in specie da ultimo anche Cass. 1810-2013 n. 23675). Sul primo e sul terzo motivo rileva, poi, il Collegio che le censure, in ou sostanza, piuttosto che lamentare, rispettivamente, errori di diritto o specifici valutazione della natura, dirigenziale o meno, dell'attività svolta e della relativa connessione o meno con i compiti dirigenziali propri del Bernabò, nonché sulla motivazione al riguardo fornita dai giudici di merito. In sostanza il ricorrente lamenta che la ricostruzione della Corte di merito sarebbe "apodittica" e "priva di adeguata motivazione" nonché basata sulla valutazione di alcuni compiti "estrapolati" dalla attività nel suo complesso, la quale sarebbe stata sottovalutata dalla Corte territoriale. Come è stato più volte affermato da questa Corte "in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione (v. Cass. 4-4-2013 n. 8315, Cass. 26-3-2010 n. 7394). Tale ultimo vizio "è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l'obiettiva carenza, nel 4 vizi di motivazione (come formalmente denunciati), si incentrano soltanto sulla complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, revisione delle valutazioni e del convincimento di quest'ultimo tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione." (v. , per tutte, Cass. S.U. 25-102013 n. 24148). Peraltro, come pure è stato precisato, "il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'art. 360 n. 5 c.p.c., non equivale alla revisione del "ragionamento decisorio", ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all'ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Suprema Corte di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso la autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa" (v., fra le altre, da ultimo Cass. 7-6-2005 n. 11789, Cass. 6-3-2006 n. 4766). Orbene la Corte di merito, dopo aver esaminato i compiti affidati al Bernabò per l'esaurimento della gestione stralcio degli Istituti di ricovero ("ricostruzione e definizione di pratiche, ricerche di archivio, predisposizione di relazioni, certificazioni, attestazioni e soprattutto.. .completamento della liquidazione dei residui passivi e della riscossione di quelli attivi"), ha 5 risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un'inammissibile istanza di affermato che "tali compiti non solo non appartengono al contenuto delle funzioni dirigenziali tempo per tempo assegnate al Bernabò, ma sicuramente, Pal risolvendosi in mere operazioni contabili, non erano attività da dirigente" ed ha concluso che si è trattato, dunque, di compiti specifici, attribuiti in virtù delle del tutto svincolati da compiti dirigenziali". La Corte ha poi rilevato che "il fatto della mancata previsione di una specifica competenza economica nei periodi anteriori e successivi all'incarico retribuito, risolvendosi nella mera constatazione di una ipotizzabile omissione, non è elemento decisivo, trattandosi di prendere meramente atto di una diversa volontà delle parti inidonea a porre nel nulla gli obblighi assunti con la delibera di cui si è detto, nella quale parte datoriale si impegnava a compensare l'incarico con una competenza aggiuntiva". Tale accertamento di fatto risulta congruamente motivato e resiste alle censure del Comune ricorrente, il quale, in effetti, senza peraltro contestare in alcun modo la premessa in diritto della Corte territoriale, secondo cui l'art. 24 del T.U. 165/2001 si riferisce soltanto ai compiti dirigenziali, si limita a criticare la decisione impugnata, sollecitando in sostanza un riesame del merito inammissibile in questa sede. Il ricorso va pertanto respinto e il ricorrente, in ragione della soccombenza, va condannato al pagamento delle spese in favore del Bernabò. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al Bernabò le spese, liquidate in euro 100,00 per esborsi e euro 3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge. 6 conoscenze pregresse, del tutto estranei alle funzioni assegnate ed in astratto Roma 27 marzo 2014

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