Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13066 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2020, (ud. 26/03/2019, dep. 30/06/2020), n.13066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3986/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FM Metal Fastners Group s.p.a. (già, F.M. Bullonerie Viterie S.p.A.

unipersonale), in persona del L.R. F.G., rappresentata e

difesa dall’avv.to Alessandro Fruscione, con domicilio eletto in

Roma, via Giambattista Vico 22, presso lo studio

Santacroce-Procida-Fruscione;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 1222 del 14 ottobre 2015, depositata in data 12 novembre

2015;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 marzo 2019

dal Consigliere Dott. Novik Adet Toni;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott.ssa ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per

l’accoglimento del 1 motivo di ricorso e l’assorbimento del 2

motivo;

Uditi gli avvocati Anna Collabolletta per l’Avvocatura Generale dello

Stato ed Alessandro Fruscione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Commissione tributaria regionale della Liguria, accogliendo l’appello della S.p.A. FM Metal Fasteners Group (già Bullonerie Viterie S.p.A., di seguito: la Società), ha annullato 19 avvisi di accertamento del dazio antidumping, emessi in seguito ad un’inchiesta antielusione (Regolamento antielusione Malaysia n. 723/2011) sulle importazioni di elementi di fissaggio in ferro e acciaio dalla Malaysia a partire dalla data di registrazione (28 ottobre 2010), con effetto retroattivo.

2. Con gli avvisi impugnati, l’Ufficio delle dogane procedeva alla riscossione dei dazi antidumping ai sensi dei Regolamenti CE n. 966/2010 e n. 723/2011, istituiti, con Reg. CE n. 91/2009, sulle importazioni di tali elementi dalla Repubblica Popolare Cinese.

3. Il giudice d’appello riteneva che: – correttamente la società aveva impugnato gli avvisi di accertamento innanzi al giudice tributario, in quanto i tributi rientravano nella competenza delle commissioni tributarie; – la normativa comunitaria regolatrice della fattispecie doveva essere valutata incidentalmente al fine di esaminare le modalità di esecuzione del regolamento in Italia e determinare la debenza del tributo richiesto; – il regolamento antidumping Cina aveva violato l’art. 4.1 del Codice antidumping OMC per non aver verificato l’effettività del pregiudizio subito dalla industria comunitaria: le produzioni prese in esame avevano riguardato soltanto il 27% della produzione dell’Unione, laddove la norma richiamata richiedeva che essa rappresentasse una proporzione maggioritaria della produzione comunitaria totale dei prodotti; – inoltre, il Regolamento Malaysia era stato illegittimamente applicato in via retroattiva, atteso che il Regolamento antidumping di base disponeva che le importazioni possono essere sottoposte a registrazione su domanda dell’industria comunitaria che contenga elementi di prova a tal fine, e che esse non siano soggette a registrazione per un periodo superiore a nove mesi; – nella specie, invece, l’inchiesta sarebbe stata avviata dalla Commissione Europea d’ufficio, senza alcuna richiesta da parte dell’industria dell’Unione, sicchè il dazio antidumping non sarebbe potuto essere preteso nei confronti della contribuente retroattivamente, considerando che l’applicazione retroattiva dell’imposta è solo eccezionalmente prevista.

3. La sentenza è stata impugnata dall’Agenzia delle dogane sulla base di due motivi.

La società resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, l’amministrazione ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19 e degli artt. 263,267 e 288 TFUE – violazione del principio di primazia del diritto comunitario ed eccesso di potere giurisdizionale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1). In sintesi, si rileva che la CTR si era pronunciata sulla illegittimità di atti comunitari, la cui competenza esclusiva spettava alla Corte di Giustizia ed al Tribunale dell’Unione Europea, ai sensi degli artt. 230 e 234 del Trattato istitutivo della CE. La preminenza del diritto dell’Unione trovava fondamento costituzionale negli artt. 10 e 11.

2. Con il secondo motivo, l’Agenzia eccepisce la violazione e falsa applicazione dei Regolamenti CE n. 91/2009, 966/2010 e 723/2011 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Detta normativa, osserva, aveva istituito un dazio antidumping definitivo, con aliquota massima dell’85%, sulle importazioni di elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica Popolare Cinese.

In esito all’inchiesta, finalizzata a verificare l’elusione delle misure antidumping mediante trasbordo di elementi di fissaggio in Malaysia, i dazi imposti alla Repubblica Popolare Cinese erano stati estesi alla Malaysia.

Le norme richiamate erano state violate dalla commissione regionale che aveva affermato: a) l’illegittimità del recupero del dazio antidumping con efficacia retroattiva: il Regolamento 966/2010, entrato in vigore il giorno successivo, aveva aperto l’inchiesta riferita alla possibile elusione di misure antidumping sull’importazione in questione e, in base ad elementi di prova, aveva disposto la registrazione e messa sotto osservazione per la durata di nove mesi dei prodotti; conclusa l’indagine, il regolamento 723/2011 aveva accertato che gli esportatori della Malaysia dal 2009 avevano incrementato notevolmente le proprie esportazioni dei prodotti con contestuale declino di quelle dalla Cina; quest’ultimo regolamento all’art. 1, comma 3, disponeva che “Il dazio esteso in virtù del paragrafo 1 del presente articolo è riscosso sulle importazioni spedite dalla Malaysia, a prescindere dal fatto che siano dichiarate originarie della Malaysia o no, registrate in conformità dell’art. 2 del regolamento (UE) n. 966/2010 e degli artt. 13, paragrafo 3, e 14, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1225/2009, ad eccezione di quelle prodotte dalle società elencate al paragrafo 1”. L’esame congiunto delle fonti normative dimostrava che vi era stata una sospensione della disciplina ordinaria per le importazioni dei prodotti tramite il sistema della registrazione e la legittima applicazione anche successiva del dazio; b) la violazione del Codice antidumping OMC: l’individuazione dei produttori era stata effettuata conformemente agli artt. 4 e 3.1 del Codice; l’iniziativa d’ufficio spettava alla Commissione ai sensi dell’art. 220 TCE.

3. Ai fini della definizione della presente controversia va osservato che la Corte di giustizia, con la sentenza 3 luglio 2019, causa C-644/17, Eurobolt BV, si è pronunciata sulla questione pregiudiziale relativa alla validità del regolamento di esecuzione (UE) n. 723/2011 del Consiglio, del 18 luglio 2011, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento (CE) n. 91/2009 sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese alle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o no originari della Malaysia (GU 2011, L 194, pag. 6).

3.1. La Corte ha, in particolare, precisato che l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che, al fine di contestare la validità di un atto di diritto derivato dell’Unione, un singolo può far valere dinanzi a un giudice nazionale censure che possono essere sollevate nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto ai sensi dell’art. 263 TFUE, tra cui censure relative all’inosservanza delle condizioni di adozione di un tale atto, ma ha, altresì, ribadito che i giudici nazionali possono esaminare la validità di un atto dell’Unione e, se ritengono infondati i motivi d’invalidità rilevati d’ufficio o dedotti dalle parti, respingerli concludendo per la piena validità dell’atto (v., in tal senso, sentenze del 16 giugno 1981, Salonia, 126/80, EU:C:1981:136, punto 7, e del 22 ottobre 1987, Foto-Frost, 314/85, EU:C:1987:452, punto 14). Inoltre, i giudici nazionali non sono competenti a dichiarare essi stessi l’invalidità degli atti delle istituzioni dell’Unione (sentenza del 6 dicembre 2005, Gaston Schul Douane-expediteur, C-461/03, EU:C:2005:742, punto 17).

3.2. La Corte, inoltre, si è espressa sulla validità del regolamento di esecuzione n. 723/2011 per effetto delle disposizioni di cui all’art. 15, paragrafo 2, del regolamento di base che, ai fini della regolarità del procedimento, impone di comunicare tutti gli elementi d’informazione utili al comitato consultivo non oltre dieci giorni lavorativi prima della riunione di quest’ultimo, la cui violazione comporta la nullità dell’atto di cui trattasi

(v., per analogia, sentenze del 10 febbraio 1998, Germania/Commissione, C-263/95, EU:C:1998:47, punto 32, nonchè del 20 settembre 2017, Tilly-Sabco/Commissione, C-183/16 P, EU:C:2017:704, punto 114).

3.3. Ha, quindi, precisato che, nel caso al suo esame, tale disposizione era stata violata perchè le utili osservazioni formulate dalla società Eurobolt “non sono state comunicate agli Stati membri non oltre dieci giorni lavorativi prima della riunione del comitato consultivo, come rilevato al punto 36 della presente sentenza”, per cui il regolamento di esecuzione (UE) n. 723/2011 del Consiglio, del 18 luglio 2011, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento (CE) n. 91/2009 sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese alle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o no originari della Malaysia, era invalido, poichè adottato in violazione dell’art. 15, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità Europea.

3.3. Ne consegue che l’illegittimità del regolamento di esecuzione (UE) n. 723/2011 comporta il venire meno del presupposto normativo sulla cui base sono stati adottati gli avvisi di accertamento impugnati, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 264 TFEU, secondo cui “Se il ricorso è fondato, la Corte di giustizia dell’Unione Europea dichiar nullo non avvenuto l’atto impugnato”.

4. Vero è che tale decisione è intervenuta dopo l’udienza in cui è

stato deciso il presente ricorso; nondimeno, essendo essa sopravvenuta prima del deposito del presente provvedimento, di essa comunque questa Corte deve tenere conto, in virtù del principio jura novit curia, e considerato che la deliberazione in camera di consiglio è atto privo di rilevanza giuridica esterna, mentre è solo la pubblicazione che attribuisce giuridica esistenza alla sentenza civile, salvo ovviamente il caso in cui vi è obbligo di lettura del dispositivo in udienza (ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 14357 del 21/12/1999, Rv. 532409 – 01).

5. Il ricorso, pertanto, è infondato, atteso il sopravvenuto venire meno del presupposto normativo sulla cui base era stato emesso l’atto impugnato, con conseguente rigetto e compensazione delle spese di lite, tenuto conto del recente intervento della Corte di giustizia, sopra citata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa interamente le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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