Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13065 del 27/05/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13065 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso 14730-2011 proposto da:
LETTERIELLO GIUSEPPE LTTGPP37B12B492B, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA TRIONFALE 6551, presso lo studio
dell’avvocato ELISABETTA BULDO (Studio Legale Ruo),
rappresentato e difeso dall’avvocato LANDI ALFONSO, giusta
mandato in calce al ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
904’4-

Data pubblicazione: 27/05/2013

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– resistente avverso il decreto nel procedimento R.G. 7195/08 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA
SCALDAFERRI.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO
VELARDI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto
di ragione.

In fatto e in diritto
Rilevato che, con il decreto in epigrafe indicato, la Corte d’appello di
Napoli, accogliendo parzialmente la domanda di equa riparazione
proposta da Giuseppe Letteriello per la durata irragionevole della
procedura fallimentare della “Ditta Individuale Industria Calce a Zolle
e Idrata” nella quale egli si era insinuato quale creditore privilegiato
nell’ottobre 1988 ed ancora pendente nel dicembre 2008, ha
riconosciuto in suo favore, a titolo di danno non patrimoniale, la
somma di € 8.000,00 per dieci anni di irragionevole durata, ritenendo
prescritto il diritto maturato nel decennio anteriore alla domanda di
equa riparazione;
che il predetto ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque
motivi;
che per l’Amministrazione intimata l’Avvocatura Generale si è solo
costituita onde partecipare alla discussione orale, e non è poi comparsa
all’udienza;
Ric. 2011 n. 14730 sez. M1 – ud. 05-12-2012
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D’APPELLO di NAPOLI del 12.3.2010, depositato il 07/04/2010;

considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione
semplificata;
rilevato che con il primo motivo si censurano, sotto il profilo della
violazione di norme di diritto (articoli 2934, 2935, 2964,2066 cod.civ.),
le statuizioni con le quali la Corte territoriale, accogliendo l’eccezione

diritto alla riparazione per il ritardo maturato prima del decennio
anteriore alla notifica della relativa domanda (aprile 2009); che con il
secondo e terzo motivo si censurano, per violazione dei parametri
europei e per vizi di motivazione, le statuizioni sulla durata ragionevole
e sulla liquidazione dell’indennizzo; che con gli ultimi due motivi si
censurano le statuizioni sulle spese del giudizio, sia quanto alla
liquidazione sia quanto alla ritenuta compensazione parziale;
ritenuto che, quanto alla ritenuta estinzione parziale del diritto per
prescrizione, questa Corte di legittimità ha più volte avuto modo di
evidenziare (cfr. fra molte: Sez.1 n.27719/09; n.3325/10; n.20564/10;
n.478/11), di recente anche a sezioni unite (n.16783/12), le
argomentazioni in base alle quali l’art.4 della legge n.89/2001 —nella
parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del
processo presupposto ovvero entro sei mesi dalla sua definizione- non
consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della
scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art.4 per la
proposizione della domanda: la previsione della sola decadenza
dall’azione giudiziale esclude infatti la decorrenza dell’ordinario termine
di prescrizione, in tal senso deponendo non solo la lettera dell’art. 4
richiamato, norma che ha evidente natura di legge speciale, ma anche
una lettura dell’art. 2967 cod. civ. coerente con la rubrica dell’art. 2964
cod. civ., che postula la decorrenza del termine di prescrizione solo
allorché il compimento dell’atto o il riconoscimento del diritto
Ric. 2011 n. 14730 sez. MI – ud. 05-12-2012
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di prescrizione, ha determinato l’indennizzo considerando estinto il

disponibile abbia impedito il maturarsi della decadenza; inoltre, in tal
senso depone, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la
decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà
pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo
alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai

pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che
l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte,
in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo; che a
tale orientamento giurisprudenziale il Collegio intende dare continuità;
che raccoglimento della esaminata doglianza e la necessità, ex art.336
cod.proc.civ., di rideterminare, insieme al periodo di irragionevole
durata, l’ammontare dell’indennizzo e di regolare le spese, comporta
l’assorbimento delle ulteriori doglianze;
che il ricorso va dunque accolto;
che non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può
essere decisa nel merito;
che, quanto alla determinazione della durata ragionevole, in tema di
procedimento fallimentare e tenendo conto della sua peculiarità il
termine è stato ritenuto da questa Corte elevabile fino a sette anni
allorquando il procedimento si presenti particolarmente complesso:
ipotesi, questa, che è ravvisabile in presenza di un numero
particolarmente elevato dei creditori, o di una particolare natura o
situazione giuridica dei beni da liquidare, o di proliferazione di giudizi
connessi nella procedura ma autonomi (e quindi a loro volta di durata
vincolata alla complessità del caso), o di pluralità di procedure
concorsuali indipendenti;
che la procedura in questione —per le congrue ragioni indicate nel
provvedimento impugnato, correlate non solo con il numero e l’entità
Ric. 2011 n. 14730 sez. M1 – ud. 05-12-2012
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criteri previsti per la sua determinazione, nonché il frazionamento della

dei crediti ammessi al passivo, ma anche con le difficoltà insite nella
realizzazione dell’attivo patrimoniale— è stata rettamente ritenuta dal
giudice di merito di particolare complessità;
che, in ordine alla liquidazione dell’indennizzo, escluso il
riconoscimento del bonus richiesto per il solo fatto che si tratta di

giurisprudenza di questa Corte (Sez. I, n. 21840/09; n.22869/09;
n.1893/2010; 19054/2010), a mente della quale l’importo
dell’indennizzo può essere di curo 750 per anno per i primi tre anni di
durata eccedente quella ritenuta ragionevole, in considerazione del
limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento,
mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere richiamato il parametro
di euro 1.000 per ciascun anno di ritardo;
che, pertanto, il Ministero della giustizia deve essere condannato al
pagamento in favore del ricorrente di euro 12.250,00 a titolo di equo
indennizzo per il periodo di tredici anni circa di irragionevole durata,
quale risulta sottraendo dalla durata complessiva di circa venti anni
quella, da ritenersi ragionevole, di anni sette;
che su tale somma sono dovuti gli interessi legali dalla data della
domanda, in conformità ai parametri ormai consolidati ai quali questa
Corte si attiene nell’operare siffatte liquidazioni;
che le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo, tenuto conto, per il giudizio di legittimità, di
quanto stabilito dal D.M. 20 luglio 2012 in attuazione dell’art.9 comma
2 D.L. n.1/2012 conv. in Legge n.271/2012 (cfr.S.U.n.17406/12), in
particolare dei parametri indicati dalla Tabella A- Avvocati per lo
scaglione di riferimento, dei criteri di valutazione previsti dall’art.4 e
della riduzione prevista dall’art.9 del Decreto citato.
P.Q.M.
Ric. 2011 n. 14730 sez. M1 – ud. 05-12-2012
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credito di lavoro (cfr.Sez.1 n.2388/11), va fatta applicazione della

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo
nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in
favore del ricorrente della somma di C 12.250,00 oltre interessi legali su
detta somma dalla domanda; condanna inoltre il Ministero al
pagamento delle spese del giudizio di merito, da distrarsi in favore

C 1.140 -di cui euro 490 per onorari ed euro 600 per diritti- oltre spese
generali ed accessori di legge, ed al pagamento delle spese di questo
giudizio di legittimità, in C 292,50 per compenso e in C 100,00 per
esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione 6/1 della
Corte di Cassazione, il 5 dicembre 2012
L’estensore

dell’avv.Emilia Abate che se ne è dichiarata antistataria, in complessivi

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