Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13064 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. III, 14/05/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 14/05/2021), n.13064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34861-2019 proposto da:

D.M., rappresentata e difesa dall’avv.to ENRICA GIANOLA

BAZZINI (avv.gianola.pec.giuffre.it) ed elettivamente domiciliata

presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione, in Roma,

piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1182/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 08/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.M. proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna che aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere arrivato in Italia orfano di entrambi i genitori e timoroso di essere stato accusato ingiustamente ed arrestato per un ammanco di cassa che si era verificato nell’azienda agricola nella quale lavorava. Ha aggiunto che durante il transito in Libia era stato arrestato e torturato in prigione per sei mesi.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza d’appello in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 6 e 14: lamenta la totale assenza di riferimenti alla situazione socio politica del suo paese di provenienza.

1.1. Il motivo é inammissibile sia perché il vizio dedotto in rubrica non é più esistente a seguito della riforma dell’art. 360 introdotta dal D.L. n. 83 del 2012 convertito nella L. n. 134 del 2012, sia perché le argomentazioni sviluppate all’interno del motivo e riguardanti la violazione del dovere di cooperazione istruttoria non sono accompagnate dalla indicazione di altre fonti più aggiornate rispetto a quelle che sono state richiamate dalla Corte territoriale (rapporti di Amnesty International degli ultimi anni: cfr. pag. 5, primo cpv della sentenza impugnata) in base alle quali poteva escludersi che ricorresse una situazione di rischio generalizzato di insicurezza nella regione di origine: in buona sostanza l’omissione rilevata manca di decisività perché non é idonea a condurre ad una diversa soluzione della controversia.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 3 e 5 e art. 8, comma 3 nonché dell’art. 14, lett. b) e c) in ragione del mancato assolvimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria.

2.1. Contesta la valutazione di credibilità articolata dalla Corte, e lamenta che era stata disattesa la prescrizione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett c) in quanto non erano state acquisite fonti informative aggiornate idonee ad escludere la ricorrenza dei presupposti della protezione sussidiaria.

2.2. Il motivo é inammissibile.

2.3. Infatti, si rileva che la motivazione resa é al di sopra della sufficienza costituzionale (cfr. pag. 3 della sentenza) in quanto la Corte ha specificamente evidenziato le contraddizioni in cui il ricorrente era incorso, rendendo differenti versioni in sede amministrativa e dinanzi al Tribunale: né egli, al di là delle critiche soltanto enunciate, ha allegato argomenti specifici idonei a confutare le statuizioni della Corte. Anche tale critica risulta, pertanto, non decisiva.

3. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente deduce, sempre ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, La violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 33 della convenzione di Ginevra del 1951 e dell’art. 19, comma 1 nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3.

3.1. Assume, riguardo, che la Corte non aveva valutato le torture subite nel paese di transito e la conseguente vulnerabilità riportata e che non aveva articolato il giudizio di comparazione necessario per la valutazione sulla protezione umanitaria. Deduce che attualmente egli si era perfettamente integrato nel paese ospitante e che ciò non era stato affatto considerato.

3.2. La censura é inammissibile.

3.3. Per quanto riguarda, infatti, il rilievo relativo all’omessa motivazione sul trattamento subito nel paese di transito – pur essendo errata la motivazione della Corte nella parte in cui nega la rilevanza della specifica questione ai fini della valutazione della vulnerabilità, questione espressamente valorizzata da quanto predicato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 – si osserva che nulla di specifico viene dedotto in ordine al trattamento disumano denunciato, in quanto la connotazione di esso viene ricondotta impropriamente al “fatto notorio”, non idoneo a sostanziare in modo sufficiente la censura in questa sede al fine di renderla utile per la configurazione della vulnerabilità; lo stesso rilievo deve essere prospettato in relazione alla lamentata assenza di un giudizio di comparazione con l’integrazione e le condizioni di tutela dei diritti fondamentali nel paese di origine: premesso, infatti, che la Corte ha, sia pur sinteticamente, motivato la decisione rigettando la domanda in quanto era stata fondata soltanto sulle varie forme di inserimento prospettate e non sugli altri elementi di integrazione, il ricorrente nulla deduce in ordine ad essi, non allegando inoltre elementi concreti in ordine alla propria vulnerabilità, né contraddicendo le informazioni sulle condizioni di tutela dei diritti fondamentali, fondate dalla Corte territoriale su COI attendibili e cioè i report di Amnesty International (cfr. pag. 4 e 5 della sentenza impugnata). Ad essi, invero, nessuna fonte informativa diversa e più aggiornata é stata contrapposta, essendosi il ricorrente limitato e richiamare la giurisprudenza di merito e cioè una decreto del Tribunale di Bari dell’8.8.2019 su un caso asseritamente analogo, non idonea a costituire un valido riferimento per desumere informazioni aggiornate rispetto alla misura individualizzata in esame.

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui é tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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