Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13063 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. III, 14/05/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 14/05/2021), n.13063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34763-2019 proposto da:

– S.B., rappresentato e difeso dall’avv.to ANDREA

MAESTRI, con studio in Ravenna, via Meucci n. 7/d,

(andreamaestri.avvocatiravenna.eu) giusta procura speciale allegata

al ricorso ed elettivamente domiciliato presso la Cancelleria civile

della Corte di Cassazione, in Roma, piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1613/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 15/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.B., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi ad un unico motivo, concernente il rigetto della protezione umanitaria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna che aveva confermato la pronuncia del Tribunale che aveva respinto la domanda di protezione internazionale originariamente declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato che mentre si stava recando al lavoro, a causa di una manifestazione che bloccava l’autobus sul quale si trovava, era sceso, immergendosi nella folla, ed era stato arrestato insieme ad altri manifestanti. Ha aggiunto che mentre veniva trasferito in carcere, era riuscito a fuggire e dopo aver prelevato danaro dalla propria abitazione, aveva intrapreso il viaggio per la Libia: dopo un periodo di detenzione anche nel paese di transito, riusciva a raggiungere l’Italia dove assume di essersi pienamente integrato.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con unico motivo, il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2,3 e 10 Cost. nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19.

1.1. Lamenta che la Corte territoriale aveva erroneamente interpretato il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 affermando che la fattispecie prevista coincideva con “le misure “serie” di cui agli artt. 18, 19 e 20″ (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) e che pertanto non ne ricorrevano i presupposti in ragione del fatto che nel paese di origine non sussisteva una condizione di violenza indiscriminata tale da costituire un fattore di rischio, tenuto conto che il positivo percorso di integrazione intrapreso non era di per se sufficiente a giustificare la misura invocata.

1.2. Il motivo é inammissibile per mancanza di specificità ed autosufficienza.

1.3. Pur dovendosi emendare le erronee affermazioni, contenute nella motivazione, sulla natura della protezione umanitaria (cfr. quarta pagina, penultimo cpv della sentenza) dalle quali emerge che la Corte ha omesso di considerare che la fattispecie in esame é atipica e funzionale alla tutela dei diritti fondamenti al di là di presupposti vincolati (cfr. ex multis Cass. SU 29459/2019 secondo cui “gli interessi protetti non possono restare ingabbiati in regole rigide e parametri severi, che ne limitino le possibilità di adeguamento, mobile ed elastico, ai valori costituzionali e sovranazionali;…. Le basi normative non sono, allora, affatto fragili, ma a compasso largo: l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali, col sostegno dell’art. 8 della Cedu, promuove l’evoluzione della norma, elastica, sulla protezione umanitaria a clausola generale di sistema, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l’attuazione.”), si osserva che la censura non riporta la corrispondente doglianza spiegata in appello che, in ragione del tenore della motivazione impugnata, non é possibile evincere neanche da essa, e non prospetta, in relazione alla specifica condizione dedotta nei gradi di merito, quali siano stati gli elementi ignorati dalla Corte nel giudizio di comparazione postulato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità per il riconoscimento della misura invocata: nulla viene allegato dal ricorrente in relazione alla sua vulnerabilità, alla sua integrazione ed ai rischi di violazione dei diritti fondamentali al di sotto del nucleo minimo della dignità umana, al fine di consentire a questa Corte di apprezzare, in termini decisivi e non soltanto meramente correttivi, l’errore che sarebbe stato commesso.

2. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui é tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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