Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13060 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 13060 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 24745-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
contro

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RUIS FABIO C.F. RSU FBA 69H01E017A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo
studio

dell’avvocato

VACIRCA

SERGIO,

che

lo

Data pubblicazione: 10/06/2014

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LALLI
CLAUDIO, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 1079/2007 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 16/10/2007 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine rigetto.

1000/2006;

R. Gen. N. 24745/2008
Udienza 25.2.2014

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con la sentenza n. 1079 del 16 ottobre 2007 la Corte d’appello di Firenze
confermava la decisione del Tribunale di Pisa con cui era stata dichiarata
l’illegittimità del licenziamento intimato in data 27 giugno 2002 da Poste italiane
s.p.a. a Fabio Ruis. La Corte di merito rilevava che la società, nel dare esecuzione ad

al contratto di lavoro del Ruis ordinandone la riammissione nel posto di lavoro,
aveva invitato il lavoratore a riprendere servizio in una sede diversa da quella
assegnata in origine e, poiché il medesimo non si era presentato, aveva intimato il
recesso per ingiustificata assenza dal lavoro; l’assegnazione ad una sede diversa
configurava però un inadempimento contrattuale, concretandosi in un illegittimo
trasferimento o, comunque, nell’ inosservanza dell’ordine giudiziale di riammissione
nel posto originario, sì che il rifiuto della prestazione da parte del lavoratore doveva
ritenersi giustificato ed il conseguente recesso della società era illegittimo.
2. Di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha domandato la cassazione, deducendo due
motivi di ricorso; Fabio Ruis ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno
depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
3. Con il primo motivo la ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto in relazione all’art. 2103 c.c., all’ art. 18 della L.n. 300/1970 ed
all’art. 1206 e ss. c.c.”.
Sostiene che la Corte di merito avrebbe errato nel qualificare la fattispecie
nell’ambito dell’art. 18 della L. 300 del 1970 e quindi nel ritenere che il lavoratore
andasse ricollocato nel posto da ultimo occupato, poiché nel caso di ripristino del
rapporto per illegittimità del termine accertata giudizialmente possono essersi
verificati nelle more del giudizio fatti organizzativi tali da richiedere un criterio di
prudenza nella valutazione dell’esatto adempimento, che tenga conto dei rispettivi
interessi delle parti. Anche ritenendo che il provvedimento contenesse un
trasferimento implicito, lo stesso sarebbe peraltro giustificato da ragioni tecniche,
produttive e organizzative, essendo stato effettuato in applicazione dell’art. 37 del
CCNL, mentre l’obbligo del datore di lavoro di indicarne le ragioni sorgeva solo a

Pao$3hinoy, estensore
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una sentenza del giudice del lavoro che aveva ritenuto la nullità del termine apposto

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Udienza 25.2.2014

seguito di esplicita richiesta del prestatore, che nella specie non era mai stata
avanzata.
Formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se a seguito di

riconoscimento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, l’invito del datore di
lavoro rivolto al lavoratore di riassumere servizio comporta piena esecuzione del
caratteri di concretezza e specificità tali da importare l’effettivo reinserimento del
dipendente nel posto di lavoro”.
4. Come secondo motivo la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto in relazione all’art. 1460 c.c. anche in relazione all’art. 18 della L.
300/1970”.
Addebita alla Corte d’appello di avere ritenuto giustificata l’eccezione di
inadempimento ex art. 1460 c.c., quando nessuna eccezione in tal senso era stata
formulata ed il lavoratore si era limitato a non presentarsi in servizio.
Aggiunge che l’eccezione di inadempimento postula che la reazione del dipendente
risulti proporzionata e conforme a buona fede, caratteristiche che nel caso
mancavano. Formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se

rispetto al potere di trasferimento del datore, sia o meno ammissibile un potere di
autotutela del lavoratore ex art. 1460 c. c. sicché l’ingiustificato rifiuto dello stesso di
offrire la prestazione nel luogo di destinazione configuri una condotta idonea a
giustificare il recesso del datore di lavoro”.
5. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi,
sono infondati.
Questa Corte ha affrontato in più occasioni la questione oggetto di causa (cfr. ex

plurimis Sez. 6- L, Ordinanza n. 27804 del 2013, Sez. L, Sentenza n. 11927 del
16/05/2013, Sez. L, Sentenza n. 27844 del 30/12/2009), fornendo una soluzione alla
quale occorre dare continuità.
Nella motivazione della sentenze citate, che affronta i temi che sono riproposti con il
ricorso in esame, si è affermato che l’ottemperanza del datore di lavoro all’ordine
giudiziale di riammissione in servizio a seguito di accertamento della nullità
dell’apposizione di un termine al contratto di lavoro implica il ripristino della
Paola inoy, estensore
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predetto ordine, con la conseguente mora del lavoratore, ove sia corredato da

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Udienza 25.2.2014

posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell’attività lavorativa deve
quindi avvenire nel luogo e nelle mansioni originarie, atteso che il rapporto
contrattuale si intende come mai cessato e quindi la continuità dello stesso implica
che la prestazione deve persistere nella medesima sede; resta salva la facoltà del
datore di lavoro di disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva,

richieste dall’ art. 2103 c.c. In difetto, la mancata ottemperanza a tale provvedimento
da parte del lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un’eccezione di
inadempimento (art. 1460 c.c.), sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non
producono effetti, non potendosi ritenere che sussista una presunzione di legittimità
dei provvedimenti aziendali che imponga l’ottemperanza agli stessi fino ad un
contrario accertamento in giudizio. In applicazione di tali principi si è quindi
confermata la sentenza gravata che, come nel caso, aveva ritenuto illegittimo il
licenziamento per assenza dal servizio intimato da Poste Italiane s.p.a..
6. Ciò è quanto secondo la ricostruzione della Corte fiorentina è avvenuto nel caso in
esame, in cui l’invito a riprendere servizio in una sede diversa da quella originaria
non contemplava alcuna motivazione, né questa era stata dedotta e dimostrata in
giudizio; la modifica della sede di lavoro è stata quindi correttamente intesa come un
trasferimento nullo, implicante un inadempimento del contratto di lavoro, sì che
nessuna comparazione di contrapposti interessi sarebbe stata consentita al giudice di
merito.
Sussistevano quindi i presupposti per il rifiuto della prestazione da parte del
dipendente configurati nelle richiamate sentenze, considerato peraltro che il
lavoratore aveva esplicitato nella lettera di risposta alla nota di addebito le ragioni
per le quali non aveva ripreso servizio nella nuova sede, e che — come riferisce la
Corte di merito – promuovendo il tentativo di conciliazione aveva offerto la propria
prestazione secondo le modalità fissate nel contratto, e dunque nella sede stabilita in
origine, ma a tale offerta Poste italiane s.p.a. non aveva dato seguito.
7. Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Le spese processuali del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come da
dispositivo.
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ma in tal caso devono sussistere le ragioni tecniche, organizzative e produttive

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Udienza 25.2.2014

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità, che liquida in 3.000,00 per compensi professionali
ed E 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25.2.2014

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