Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13056 del 24/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13056 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO
Data pubblicazione: 24/06/2015

SENTENZA

sul ricorso 29316-2010 proposto da:
BONANNO GAETANO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIALE GIULIO CESARE 118, presso lo studio
dell’avvocato GIANFRANCO POLINARI, che lo rappresenta
e difende giusta delega in calce;
– ricorrente 2015
1787

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ENNA in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
controricorrente

avverso

la

sentenza

n.

224/2009

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CALTANISSETTA, depositata
il 19/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/05/2015 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato POLINARI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE

BELLIS

che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

29316/10
Fatto
Con sentenza n. 224/21/09, depositata il 19.10.2009, la Commissione Tributaria
Regionale della Sicilia, sezione staccata di Caltanissetta, in riforma della sentenza
della Commissione tributaria provinciale di Enna n. 204/01/2006, rigettava il
ricorso proposto da Bonanno Gaetano, dichiarando la legittimità dell’avviso di
recupero del credito di imposta per aree svantaggiate, relativo all’anno 2003,
negando il riconoscimento dell’ agevolazione di cui all’art. 8 1. 388/2000, in
applicazione del disposto di cui all’art. 62 I. 289/2002 per non avere il contribuente
provveduto al tempestivo invio del mod. CVS, ritenuto necessario per non decadere
dal beneficio previsto dalla normativa,
La Commissione tributaria regionale rilevava la perentorietà del termine, a fini
decadenziali, per l’invio del modello CVS e la non vincolatività dell’art. 3 dello
Statuto che può essere derogato da una norma di legge di pari rango successiva,
La società impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo,
quale unico motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 3,c.2, 1. 212/2000 in
relazione all’art. artt. 8 1. 388/2000, modificato dall’art. 62 1. 289/2002, non avendo
la CTR valutato che il provvedimento di attuazione, previsto dalla normativa, era
stato adottato 13 gg. prima dalla scadenza dell’adempimento, violando l’art. 3 1.
212/2000 che prevede il rispetto del termine di 60 gg.
L’Agenzia delle Entrate ha presentato controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 7.5.2015, in cui il PG ha concluso
come in epigrafe.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Questa Corte ha più volte affermato anche con riferimento al credito d’imposta per i
nuovi investimenti nelle aree svantaggiate che “la disposizione di cui all’art. 3,
comma secondo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che fissa il termine minimo di
sessanta giorni per l’effettuazione degli adempimenti da parte del contribuente, non
ha uno specifico fondamento costituzionale, né il termine da essa stabilito attiene
all’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che il rapido susseguirsi di disposizioni
aventi forza di legge non rispettose del termine indicato determina il verificarsi di
una normale vicenda di successione di leggi nel tempo” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza
n. 5324de1 03/04/2012; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4815de1 28/02/2014).
1

L’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi dell’art. 8 della legge 23 dicembre
2000, n. 388, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per
l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale
beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dall’art. 62, primo comma,
lettera e), della legge 27 dicembre 2002, n. 289), nel termine del 28 febbraio 2003, la
comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura
dell’investimento effettuato (cosiddetto “modello CVS”) essendo il suddetto termine
sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione
dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 19127 del 07/09/2010; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16442 del 15/07/2009
Sez. 5, Sentenza n. 3578 del 13/02/2009)
La presentazione di tale modello, a prescindere dalla realizzazione degli investimenti
e dalla fruizione del credito di imposta nella dichiarazione dei redditi, costituisce non
già una facoltà del contribuente, ma un vero e proprio onere a suo carico, finalizzato
all’accertamento delle condizioni necessarie all’attribuzione, in via definitiva, del
beneficio in questione, cioè la legittima fruizione del credito.
Il termine del 28.2.2003, inizialmente previsto dal D.L. n. 253 del 2002, poi non
convertito, ma successivamente ripreso dalla L. n. 289 del 2002, non si riferiva alla
mancata presentazione, ma costituiva un limite invalicabile rispetto al decreto del
direttore dell’Agenzia per la necessaria trasmissione del modello CVS.
Infatti una volta scaduto con il 28 febbraio 2003 il termine per la presentazione del
modello, dal quale risulti l’adempimento degli obblighi richiesti per la conferma delle
agevolazioni fruite, non poteva non scattare la decadenza della contribuente dal
beneficio del credito d’imposta, altrimenti nessun senso avrebbe potuto avere la
previsione della decadenza, se il relativo termine avesse potuto essere eluso.
Invero la norma di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 62, è diretta espressione del
potere, demandato al Ministro delle finanze, di stabilire con D.M. le procedure di
controllo, prevedendo “specifiche cause di decadenza dal diritto di credito”, e trova la
sua “ratio” nell’esigenza di definire entro un tempo determinato l’inerente onere
finanziario, altrimenti sospeso “ad libitum” (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 15865 del
28/07/2005).
La stessa Ordinanza della Corte Costituzionale 24.3.2006 n. 124 ha dichiarato
“manifestamente infondata, in riferimento all’art. 3 Cost., la questione di legittimità
2

previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la

costituzionale dell’art. 62, comma 1, lettera a), della legge n. 289 del 2002, nella
parte in cui determina, in una data non successiva al 28 febbraio 2003, il termine —
da fissarsi dall’Agenzia delle entrate nei 30 giorni dall’entrata in vigore della legge
(cioè non oltre il 30 gennaio 2003) — entro il quale le imprese, che hanno conseguito
automaticamente, prima dell’8 luglio 2002, contributi nella forma di crediti di
imposta per gli investimenti di cui all’art. 8 della legge n. 388 del 2000, devono
inviare i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, a pena di
denunciata irragionevole sproporzione tra la violazione commessa dal contribuente,
consistente nel mancato invio di un modello informativo entro un dato termine, e la
«decadenza dal contributo» già conseguito, in quanto la previsione della decadenza
dal contributo appare adeguata e coerente con la ‘ratiò della norma censurata e non
eccede i limiti dell’ampia discrezionalità riservata al legislatore in materia di
agevolazioni; limiti che vanno individuati esclusivamente nella «palese arbitrarietà
od irrazionalità». Inoltre, in relazione alla censura relativa alla violazione del
principio di irretroattività e, per l’effetto, del principio «dell’affidamento nella
sicurezza giuridica», la norma censurata non dispone per il passato, ma fissa per il
futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di «decadenza dal contributo», a
nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito.
Infine, riguardo alla censura relativa all’ingiustificata disparità di trattamento fra i
soggetti che beneficiano dell’agevolazione ai sensi della denunciata lettera a) del
comma 1 dell’art. 62 della legge n. 289 del 2002 e quelli che ne beneficiano ai sensi
della successiva lettera b), basata sul rilievo che solo i primi sono obbligati a
trasmettere i dati relativi agli investimenti entro un termine fissato «a pena di
decadenza dal contributo», mentre i secondi sono obbligati a trasmettere gli stessi
dati senza che sia prevista, per il caso di inosservanza di tale obbligo, la sanzione
della decadenza dal contributo medesimo, deve rilevarsi la eterogeneità delle due
fattispecie, in quanto i soggetti di cui alla lettera a) hanno conseguito il contributo in
via automatica — e quindi senza alcun previo intervento dell’amministrazione
finanziaria — ed hanno fornito solo i pochi dati richiesti all’epoca per far valere il
credito di imposta, mentre quelli di cui alla lettera b) hanno conseguito il contributo
a séguito dell’«assenso dell’Agenzia delle entrate relativamente all’istanza
presentata» ai sensi del comma 1-bis dell’art. 8 della legge n. 388 del 2000, avendo
fornito, a tal fine, i dati e gli elementi richiesti da detta norma”.(cfr anche Corte
3

«decadenza» dai contributi stessi. È in primo luogo evidente l’insussistenza della

Cost., ord. n.180/2007).
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.
L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso
costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
Rigetta il ricorso.
Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7.5.2015

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