Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13056 del 23/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 23/06/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 23/06/2016), n.13056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6128-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio

dell’avvocato FABIO PIACENTINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato CATALDO FORNARI giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 382/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 11/03/2010 R.G.N. 94/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2016 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale Avvocato

PESSI ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Gioovanni, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- La Corte d’appello di Lecce, con sentenza depositata l’11.3.2010, respingendo l’appello proposto da Poste Italiane s.p.a., ha confermato l’Illegittimità del termine apposto al contratto stipulato dall’appellante con M.S. con decorrenza dal 15/7/2002 al 30/9/2002 “per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie prodotti o servizi, nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002 congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo”. Nell’accogliere la domanda, la Corte ha ritenuto che la riproduzione nel contratto in esame di tutte le fattispecie autorizzatorie consentiva subito di rilevare come la causale del contratto non rispondeva al requisito di specificità previsto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2.

2 – Contro tale decisione propone ricorso la società, affidandolo a cinque motivi. Il lavoratore resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Il collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

3. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, dell’art. 115 c.p.c., nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione: assume, In sintesi, l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto generiche le ragioni indicate in contratto e poste a fondamento dell’assunzione in esame, non considerando che il concetto di specificità previsto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, deve essere collegato situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive e che non è richiesto il carattere dell’eccezionalità o straordinarietà dell’assunzione a tempo determinato. Le ragioni erano sufficientemente specificate nel contratto individuale anche “per relationem”, attraverso il richiamo agli accordi collettivi contenuto nel contratto impugnato e del tutto trascurato dalla Corte di merito. Anche con riferimento alle ragioni sostitutive, esse soddisfacevano il requisito di specificità nell’ambito della situazione complessa, quale era quella in cui era stata inserita la lavoratrice, senza necessita della indicazione nominativa dei lavoratori sostituiti.

4. – Con il secondo motivo la società lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deducendo che la Corte ha erroneamente ritenuto inammissibili i capi di prova articolati al fine di dimostrare la sussistenza del nesso di causalità tra assunzione del lavoratore ed esigenze organizzative.

5. – – Con il terzo motivo la società Poste Italiane s.p.a. deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (art. 1919 c.c. e segg.), nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e sostiene che, a fronte della declaratoria di nullità della clausola appositiva del termine, il giudice avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’intero contratto, in quanto senza quella clausola le parti, e in particolare essa ricorrente, non lo avrebbero concluso.

6. – Il quarto motivo riguarda la violazione e la falsa applicazione di “norme di diritto”, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. La società si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto sussistente un danno della lavoratrice senza che ne fosse stata offerta la prova ed in mancanza di una prestazione lavorativa, necessaria in forza del principio di corrispettività per il riconoscimento del diritto alle retribuzioni.

La società articola, all’interno di tale motivo, un ulteriore motivo relativo alla mancata ammissione, da parte del giudice di merito, dei mezzi di prova offerti a supporto dell’eccezione di aliunde perceptum.

7. – Con il quinto motivo, in caso di conferma dell’impugnata sentenza, la società invoca la riforma del capo di sentenza concernente la condanna al risarcimento del danno e chiede l’applicazione dello ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32.

8. – Il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento degli altri.

Come affermato da Cass., 1 febbraio 2010, n. 2279, “in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivò, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spaziotemporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto,- tale specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti” (come accordi collettivi richiamati nello stesso contratto individuale). In particolare, poi, è stato precisato da Cass., 27 aprile 2010, n. 10033, che l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 “a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, si da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa.

Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presuppose, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai Pini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto”.

9. – Con riguardo a questi ultimi accordi questa Corte ha altresì chiarito che, “Seppure nel nuovo quadro normativo….non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale” (Cass., n. 10033/2010, cit.).

Tali accordi, secondo la ricorrente, costituiscono infatti un momento di esame comune delle parti sindacali circa la sussistenza delle esigenze organizzative e dagli stessi si desumerebbe l’esistenza di processi di mobilità intraziendale che legittimerebbero il ricorso alle assunzioni a termine e con l’espressa previsione di tale possibilità. Il giudice di merito, secondo la ricorrente, non ha formulata alcun apprezzamento in ordine alle motivazioni addotte a giustificazione del contratto, nè ha proceduto alla valutazione del grado di specificità delle ragioni indicate secondo la metodologia sopra indicata.

10. – Questa critica va condivisa. La giurisprudenza di questa Corte ha invero ritenuto necessario, come si è detto, che – di fronte ad una complessa enunciazione delle ragioni addotte a legittimazione dell’apposizione del termine – l’esame del giudice di merito debba estendersi a tutti gli elementi di specificazione emergenti dal contratto, allo scopo di acclararne l’effettiva sussistenza, ivi comprendendo l’analisi degli accordi collettivi sopra indicati (cfr, la giurisprudenza già richiamata, cui adde Cass. nn. 2279 e 16303 del 2010 e Cass., 25 maggio 2012, n.8286; da ultimo, v. Cass., 4 novembre 2015, n. 22528).

Essendosi – come già evidenziato – la Corte di appello sottratta a questo compito, la censura è fondata e comporta l’accoglimento del primo motivo di ricorso, nei limiti più sopra precisati.

11. – Accolto il primo motivo, ed assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo per un nuovo esame della causa.

Tale esame, tenuto conto che l’onere di provare le ragioni obiettive poste a giustificazione della clausola appositiva del termine grava sul datore di lavoro e deve essere assolto sulla base delle istanze istruttorie dallo stesso formulate (v. la citata Cass. n. 2279 del 2010), dovrà articolarsi nella previa valutazione della esistenza o meno del grado di specificazione richiesto dalla legge – tenendo conto di tutti gli elementi di valutazione sopra evidenziati – e in caso di positivo accertamento, nella successiva verifica dell’effettiva ricorrenza nel caso concreto degli elementi di fatto che danno corpo alla ragioni dl assunzione per come sono specificate.

12. – Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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