Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13056 del 14/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 14/06/2011, (ud. 25/03/2011, dep. 14/06/2011), n.13056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25820-2007 proposto da:

B.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 18,

presso lo studio dell’avvocato MASULLO VINCENZO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CILIBERTI DONATO, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1230/2006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

27.9.06, depositata il 12/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/03/2011 dal Presidente Relatore Dott. LAMORGESE Antonio;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MATERA

Marcello che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 12 ottobre 2006, la Corte di appello di Salerno ha confermato la pronuncia di primo grado, la quale aveva rigettato la domanda proposta nei confronti del Ministero dell’Istruzione da B.E.. Questi, già dipendente della Provincia di Salerno dislocato quale collaboratore scolastico presso l’istituto tecnico commerciale Pucci di Nocera Inferiore, e transitato nel ruolo del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) alle dipendenze del predetto Ministero, aveva agito in giudizio per ottenere il riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dell’anzianità maturata presso l’ente di provenienza dalla data di assunzione, e del diritto alla ricostruzione giuridica della carriera, con condanna dell’Amministrazione convenuta al pagamento delle differenze stipendiali maturate a partire del 1 gennaio 2000 tra lo stipendio tabellare dovuto in base alla categoria ed all’anzianità stabilite dal CCNL del 26 maggio 1999, comparto Scuola, ed il minore importo corrisposto a seguito del trasferimento nei ruoli del personale ATA della Scuola.

Per la cassazione della sentenza, il soccombente ha proposto ricorso.

Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico mezzo di annullamento, il ricorrente denuncia errore di diritto e vizio di motivazione e deduce che la L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 218, cui ha fatto riferimento la Corte territoriale per giudicare infondata la pretesa, non può ritenersi di natura interpretativa. La disposizione interpretata, il comma secondo della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 8, nella sua precedente applicazione non aveva dato luogo ad alcun dubbio o contrasto giurisprudenziale, e il ricorrente sottolinea la palese discriminazione che sarebbe legittimata dalla regola introdotta dalla norma asseritamente interpretativa a danno dei lavoratori, per il conseguente diniego del riconoscimento dell’intera anzianità giuridica maturata presso l’ente di provenienza. Assume poi che i criteri di inquadramento professionale e retributivo del personale transitato nei ruoli dello Stato, stabiliti dall’art. 3 dell’accordo tra l’ARAN e le organizzazioni sindacali del 20 luglio 2000 violano i principi stabiliti dall’art. 8 della citata legge n. 124 del 1999.

Il ricorso è inammissibile.

Trattandosi di impugnazione proposta contro una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006 ed anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, si devono applicare le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e in particolare la disposizione dettata dall’art. 366 bis cod. proc. civ., alla stregua della quale l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, e nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Qui, però, l’unico complesso motivo nel quale è articolato il ricorso, non enuncia con riferimento alle violazioni di legge, peraltro denunciate senza l’indicazione delle norme violate, alcun quesito di diritto, nè con riguardo alle censure concernenti il vizio riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, pure formulate nella rubrica, presenta quella indicazione riassuntiva e sintetica, che circoscrivendo puntualmente i limiti delle censure, consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità delle doglianze allorchè si lamentino vizi di motivazione.

Nè, infine, a nulla rileva che la disposizione dettata dall’art. 366 bis c.p.c. sia stata abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, poichè l’abrogazione ha effetto soltanto con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della legge (art. 58, comma 5, della medesima normativa).

Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Non si deve provvedere al regolamento delle spese del giudizio di cassazione, in quanto l’Amministrazione intimata non ha svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 25 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011

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