Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13056 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 13056 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 25784-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
582

contro

GOI DONATA C.F. GOIDNT67P47A192U, domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

Data pubblicazione: 10/06/2014

dall’avvocato GIULIO SPANU, giusta procura speciale
notarile in atti;
– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 771/2007 della CORTE D’APPELLO
DI CAGLIARI SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/02/2014 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

10/01/2008 R.G.N. 114/2007;

SVOLGIMENTO DEL FATTO
1. La Corte d’Appello di Cagliari, con la sentenza n. 771/07, pronunciando
sull’impugnazione proposta da Goi Donata nei confronti di Poste Italiane spa, avverso
la sentenza n. 772/06 del Tribunale di Sassari del 26 settembre 2006, accoglieva
l’appello e dichiarava che tra le parti si era instaurato un contratto di lavoro a tempo
indeterminato dal l° febbraio 2002 e condannava la società Poste Italiane spa a pagare
in favore della lavoratrice le retribuzioni (detratto l’ aliunde perceptum) a far data da
luglio 2004, oltre interessi e rivalutazione di legge, nonché al versamento di contributi
previdenziali ed assistenziali.
2. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre Poste italiane
con sei motivi di ricorso, assistiti dai prescritti quesiti di diritto.
3. L’intimata, non ha inteso contraddire con controricorso, ma ha rilasciato, con
scrittura privata autenticata per notaio Maria Bilardi, procura speciale alle liti per la
partecipazione alla discussione orale all’udienza pubblica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Occorre premettere che la Corte d’Appello ha ritenuto l’illegittimità del
contratto a termine in questione, stipulato sotto la vigenza del d.lgs. n. 368 del 2001, in
quanto la ragione che lo aveva determinato “esigenze tecniche, organizzative,
produttive, anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di riorganizzazione,
ivi comprendendo un più funzionale riposizionamento delle risorse sul territorio, anche
derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero alla introduzione e o sperimentazione di
nuove tecnologie, nonché alla attuazione delle previsioni di cui agli accordi (…)”,
ricalcava pedissequamente la previsione dell’art. 1 del suddetto d.lgs., senza alcuna
specificazione, con la conseguente inefficacia della clausola di apposizione del termine.
2. Tanto premesso può passarsi all’esame di motivi di ricorso.
3. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli
artt. 1, commi 1 e 2, 4, comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001, dell’art. 12 delle preleggi,
degli artt. 1362 e ssg., 1325 e ssg. del codice civile (art. 360, n. 3, cpc).
La ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello in quanto, nel ritenere
la genericità della clausola di apposizione del termine, al fine di individuare le concrete
ragioni giustificative, non prendeva in considerazione gli accordi sindacali sottoscritti
in concomitanza della assunzione in questione, prodotti in primo grado, riprodotti
nell’odierno ricorso.
4. Con il secondo motivo di ricorso è prospettato il vizio di omessa ed
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360,
n. 5, cpc).
La Corte d’Appello non avrebbe motivato circa la idoneità degli accordi
sindacali a costituire elemento di identificazione delle esigenze sottese all’assunzione
a termine.
5. Con il terzo motivo di ricorso è prospettata violazione e falsa applicazione
dell’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001, degli artt. 2697 del codice civile, 116,
244, 253, 421, comma 2, cpc (art. 360, n. 3, cpc).
La Corte d’Appello non avrebbe fatto corretta applicazione del citato art. 4,
comma 2, che pone a carico del datore di lavoro di provare non già la sussistenza delle
ragioni oggettive legittimanti la stipula ex novo di un contratto a tempo determinato, ma
solo quelle che legittimano la eventuale proroga del medesimo contratto. Peraltro, essa
società aveva articolato prova per testi, volta a fornire dimostrazione della sussistenza
delle esigenze sottese all’assunzione, disattesa dalla Corte d’Appello.
3

6. Con il quarto motivo è dedotto vizio di omessa ed insufficiente motivazione
in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
La sentenza non sarebbe stata adeguatamente motivata con riguardo alla non
ammissione della prova per testi specificamente rivolta a dimostrare la particolare
incidenza dei processi di mobilità del personale anche sull’articolazione produttiva di
applicazione di parte ricorrente, atteso che il giudice di secondo grado, nell’esercizio dei
propri poteri officiosi, avrebbe potuto anche chiedere una riformulazione più specifica
del capo di prova o integrarlo esso stesso in sede di escussione del teste.
7. Con il quinto motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione
dell’art. 5 del d.lgs. n. 368 del 2001, dell’art. 12 delle preleggi e degli artt. 1362 ssg. e
1419 del codice civile.
Ad avviso della ricorrente erroneamente la Corte d’Appello avrebbe applicato la
sanzione della conversione del contratto a termine, per violazione dell’art. 1, comma 2,
del d.lgs. n. 368 del 2001, in contratto a tempo indeterminato, atteso che detta sanzione
è espressamente prevista solo nelle ipotesi di cui all’art. 5, commi 2, 3 e 4, del
medesimo decreto legislativo.
8. Con il sesto motivo di ricorso Poste Italiane censura la sentenza d’appello con
riguardo alle statuizioni sulle conseguenze dell’illegittima apposizione del termine,
prospettando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218,
1219, 1233, 2094, 2099 del codice civile (art. 360, n. 3, cpc), deducendo come il
lavoratore abbia diritto al pagamento della retribuzione solo dalla data della
riammissione in servizio, salvo la tempestiva costituzione in mora che, tuttavia, non può
essere integrata dalla domanda di declaratori di nullità del termine, e comunque detratti
i ricavi percepiti o percepibili dal lavoratore facendo uso della ordinaria diligenza.
9. I primi quattro motivi di ricorso devono essere trattaU congiuntamente in
ragione della loro connessione. Gli stessi sono fondati e devono essere accolti per le
ragioni di seguito esposte.
Deve, al riguardo, innanzi tutto ribadirsi (Cass., n. 10033 del 2010), quale
necessario punto di partenza per la soluzione dei problemi posti nel caso in esame, che il
d.lgs. n. 368 del 2001, art. 1, (applicabile nella fattispecie ratione temporis) ha
senz’altro confermato (per come già affermato da questa Suprema Corte con le sentenze
n. 12985 del 2008 e 2279 del 2010), pur anteriormente alla novellazione operata dalla
legge n. 247 del 2007, art. 39, (“Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a
tempo indeterminato”), il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro
subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo, pur sempre,
l’apposizione del termine una ipotesi derogatoria rispetto al suddetto principio, anche in
presenza di un sistema imperniato sulla previsione di una clausola generale (“ragioni di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo”), che ha sostituito il
precedente assetto normativo, fondato prima su un elenco tassativo e tipico di ipotesi
autorizzative, ai sensi della legge n. 230 del 1962, e successivamente sulla “delega” alla
contrattazione collettiva, ai sensi della legge n. 56 del 1987, art. 23.
Il che porta ad escludere che le esigenze “di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo” (o, in altri termini, le esigenze aziendali) richiamate nella
norma siano “sempre individuabili nel normale andamento dell’attività aziendale”, con
la conseguenza che al datore di lavoro “non (sarebbe) più richiesto di motivare
l’assunzione a termine fornendo una giustificazione diversa e ulteriore rispetto a quella
che normalmente conduce all’assunzione”. Ed, in realtà, per poter ritenere che il
contratto a termine ed il contratto a tempo indeterminato risultino pienamente
sovrapponibili e fungibili nella funzionalità tipologica e giuridica, rendendo puramente
nominale la configurazione del contratto a termine come contratto speciale, si dovrebbe
dimostrare che tale esito risulti compatibile con la portata letterale della disposizione del
4

d.lgs. n. 368, art. 1, ed, ancor prima, che la norma risulti isolabile dal contesto
comunitario, e cioè dai principi posti dalla direttiva 1999/70/CE e dall’allegato accordo
quadro e dall’interpretazione che degli stessi ha fornito il giudice comunitario, pur
assumendo, nel caso, l’interpretazione “comunitaria” valenza anche costituzionale ex
art. 76 Cost., per essere la delega al governo (legge n. 422 del 2000, art. 1) strumentale e
limitata all’emanazione delle norme necessarie a dare attuazione alla direttiva
medesima. Sotto il primo aspetto, tuttavia, l’asserita “acausalità” del contratto a termine,
pur nel nuovo quadro normativo, si pone in contrasto già con il tenore letterale stesso
delle parole usate dal legislatore, che, per come ha già evidenziato questa Corte e lo
stesso giudice delle leggi, ha inteso stabilire a carico del datore di lavoro un onere di
puntuale specificazione delle ragioni che obiettivamente presiedono alla apposizione del
termine, perseguendo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni,
nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto (così Corte Cost. n. 214 del
2009; Cass. n.2279 del 2010). Ed, in realtà, la previsione di specifici presupposti
economici ed organizzativi e la necessità di una espressa motivazione in ordine alle
ragioni che presiedono all’apposizione del termine resterebbero un mero flatus vocis
ove il datore di lavoro potesse discrezionalmente determinare le cause di apposizione
del termine, a prescindere da una specifica connessione fra la durata solo temporanea
della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata ad
attuare. L’adozione di un diverso punto di vista interpretativo imporrebbe, del resto, di
dimostrare la sua idoneità a garantire, alla luce delle precisazioni progressivamente
offerte dalla Corte di giustizia, il risultato imposto dal diritto comunitario, che, fermo
restando la discrezionalità di ciascun Stato membro nell’elaborazione della norma
equivalente di diritto, obbliga, quale che sia la misura in concreto adottata, a realizzare
l’effettiva prevenzione dell’utilizzazione abusiva di contratti o rapporti di lavoro a
tempo determinato (così Corte Giustizia, sentenza 23 aprile 2009, cause riunite da C 378/07 a C – 380/07, Angelidaki e a., punti 80, 83,84, 94; sentenza 4 luglio 2006, causa
C – 212/04, Adeneler e a., punto 101).
In tal contesto, si è precisato che “la nozione di “ragioni obiettive” ai sensi della
clausola 5, n. 1, lett. a) dell’accordo quadro deve essere intesa nel senso che essa si
riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività
e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare contesto, l’utilizzo di contratti di lavoro
a tempo determinato successivi. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla
particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi i
contratti in questione, dalle caratteristiche ad essi inerenti o, eventualmente, dal
perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro.
Con la conseguenza, fra l’altro, che deve ritenersi incompatibile con le finalità
della direttiva il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato solo sulla base di una
disposizione generale, in assenza di alcuna relazione con il contenuto concreto
dell’attività considerata, che non consentirebbe di stabilire criteri oggettivi e trasparenti,
idonei a verificare se la clausola di durata corrisponda ad un’esigenza reale e sia idonea
a conseguire l’obiettivo perseguito e necessario a tale effetto. Ciò in quanto il principio,
ora introdotto pure espressamente nel testo del d.lgs. n. 368 del 2001, art. 1, per cui “il
contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato”
corrisponde, in realtà, con la premessa su cui si fonda l’accordo quadro stesso, laddove i
contratti di lavoro a termine sono idonei a rappresentare sia le esigenze dei datori di
lavoro che dei lavoratori soltanto in alcune circostanze.
Le considerazioni che precedono valgono, pertanto, ad escludere che sussista o
una sostanziale fungibilità fra il contratto a termine ed il contratto a tempo
indeterminato e che il byacia esentato da alcun onere probatorio (diverso o rc-y.
ulteriore rispetto a quello che normalmente conduce a qualsiasi assunzione) o, ancora,

0.3-rit

che il contenuto dello stesso si esaurisca nella dimostrazione di una ragione nè
arbitraria, nè illecita, che, comunque, renda preferibile l’assunzione con contratto a
termine, indipendentemente dalla puntuale specificazione di circostanze precise e
concrete che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle
esigenze imprenditoriali, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la
prestazione di lavoro a tempo determinato.
In tal contesto, rilievo centrale assume l’obbligo della motivazione
dell’assunzione a termine, che, a differenza di quanto avveniva con la disciplina
previgente, si estende anche all’individuazione ed espressa enunciazione delle relative
ragioni giustificatrici, con la previsione di un onere probatorio a carico del datore di
lavoro, che,per essere funzionale ad assicurare la trasparenza e veridicità dell’opzione
contrattuale, non può risolversi in formule pleonastiche o puramente ripetitive degli
enunciati legali e contrattuali.
Ciò, tuttavia, non esclude, per come ha già ritenuto questa Suprema Corte in
analoga fattispecie (cfr. Cass. n. 2279 del 2010), che l’esplicitazioni di tali ragioni possa
risultare anche indirettamente dal contratto di lavoro, attraverso il riferimento ad altri
testi scritti accessibili dalle parti, in particolare nel caso in cui, data la complessità e la
articolazione del fatto organizzativo, tecnico o produttivo che è a base della esigenza di
assunzione a termine, questo risulti analizzato in specifici documenti, specie a contenuto
concertativo, richiamati nella causale di assunzione.
Nel caso in esame, il contratto di assunzione oltre a richiamare “esigenze
tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a
processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di
risorse sul territorio, pure derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti
all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi”, fa inoltre
riferimento alla “attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre,
11 dicembre 2001”.
In realtà, la Corte d’Appello ha limitato il proprio esame alle ragioni indicate
nella prima parte della clausola riportata in seno al contratto di assunzione, ritenendole
vaghe e meramente apparenti, ma non ha anche valutato l’incidenza che sulla posizione
del dipendente potevano dispiegare gli accordi collettivi indicati nello stesso contratto,
alla luce delle valutazioni motivatamente offerte dalla società ricorrente.
L’omissione di tale valutazione appare censurabile, in quanto deve rilevarsi che,
seppur nel nuovo quadro normativo di cui al d.lgs. n. 368 del 2001, alla contrattazione
collettiva non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali
idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi
esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle
esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con
la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini
della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale.
10. All’accoglimento dei primi quattro motivi di ricorso segue l’assorbimento
del quinto e del sesto motivo.
vvy»ZpilpyiAl
11. Il ricorso deve esser accolto in relazione ai primi quattro motivi. C252a. la
sentenza impugnata in ordine ai motivi accolti e rinviaUlla Corte d’Appello di Cagliari
in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio, la quale provvederla
riesaminare la causa attenendosi al seguente principio di diritto (Cass., n. 10033 del
2010):
“l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal d.lgs. 6
settembre 2001, n. 368, art. 1, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in
apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo
6

Il Consigliere estensore

circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali
ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che
contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del
datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a
tempo determinato, si da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo
temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia
chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente
nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa.
Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed
esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali
presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar
riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a
termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel
contratto costitutivo del rapporto”.
PQM
La Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso, assorbiti gli altri due. Cassa
in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla stessa
Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2014

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