Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13054 del 14/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 14/06/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 14/06/2011), n.13054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COBEBRO SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ANASTASIO II n. 80, presso lo studio

dell’avv. BARBATO ADRIANO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avv. GIUSEPPE MONTI, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 19, presso lo studio degli avvocati SCALIA

GEMMA e CATTANEO LEONARDO, che la rappresentano e difendono, giusta

procura a margine della seconda pagina del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 121/2 009 della CORTE D’APPELLO di GENOVA

dell’11/2/09, depositata il 15/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FILIPPO CURCURUTO;

udito per la ricorrente l’Avvocato Adriano Barbato che si riporta ai

motivi del ricorso;

udito per la controricorrente l’Avvocato Gemma Scalia che si riporta

ai motivi del controricorso;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PATRONE

Ignazio che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

che:

La Corte d’Appello di Genova pronunziando sull’appello di G. C. contro la COBEBRO s.r.l., riconosciuta l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato di natura dirigenziale fra la G. e la società appellata, ha dichiarato inefficace il licenziamento intimato oralmente alla G. ed ha condannato la COBEBRO a pagare alla dipendente una determinata somma per differenze retributive, indennità di preavviso e indennità supplementare.

La COBEBRO chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per sette motivi.

La G. resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

La sentenza impugnata è stata pubblicata il 15 aprile 2009. Quindi l’ammissibilità del ricorso deve essere vagliata a norma dell’art. 366 bis c.p.c. che è stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 47 (riforma rito civile) ma senza effetto retroattivo, motivo per cui – diversamente da quanto la parte ricorrente sostiene nella memoria – è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della riforma (Cass. 13 gennaio 2010 n. 428, che in applicazione del suesposto principio, ha respinto il ricorso di un lavoratore che aveva impugnato il suo licenziamento perchè nella formulazione dei motivi, in sede di legittimità, difettava una sintesi idonea a circoscrivere i fatti controversi ed i vizi logici della motivazione come richiesto dall’art. 366 bis c.p.c.).

I primi cinque motivi di ricorso denunziano violazione di varie norme di diritto unitamente a vizio di motivazione.

In nessuno di essi la relativa illustrazione si conclude con la formulazione del quesito di diritto previsto dal citato art. 366 bis c.p.c..

Come noto, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di ricorso per cassazione, secondo il cit. art. 366 bis cod. proc. civ., è necessaria, in base a quanto disposto dall’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, la formulazione del quesito di diritto anche nei ricorsi per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Non può, infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto può implicitamente desumersi dal motivo di ricorso, perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. che ha introdotto, anche per l’ipotesi di ricorso in esame, il rispetto del requisito formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte (per tutte, Cass. Sez. Un., 16 novembre 2007, n.. 23732; Cass. 24 luglio 2008, n 20409).

Quanto alla denunzia di vizio di motivazione, è del pari consolidato l’orientamento secondo cui nella norma dell’art. 366-bis cod. proc. Civ., nonostante la mancanza di riferimento alla conclusività (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al precedente art. 360, n. 5 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass. 18 luglio 2007, n. 16002).

Nel medesimo ordine di idee è stato quindi affermato che in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

(Cass. Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603).

Anche tale momento di sintesi manca sicchè i motivi in esame sono inammissibili sotto entrambe i profili richiamati.

La medesima considerazione vale per il sesto motivo che denunzia “omessa pronuncia motivazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto il rapporto di lavoro intercorso tra le parti a tempo pieno”.

Il settimo motivo di ricorso denunzia nel corpo del motivo vizi di motivazione e vizi di violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Anche in questo caso manca totalmente la formulazione conclusiva di un quesito di diritto. Quanto alla sintesi del fatto controverso essa è totalmente carente in tutti i casi denunziati salvo quello concernente la palese contraddittorietà fra la statuizione contenuta nella motivazione della sentenza, secondo la quale la somma dovuta alla signora G. avrebbe dovuto essere scontata di quanto la G. aveva percepito a titolo di collaborazione coordinata e continuativa, e l’assenza di ogni riferimento a tale detrazione nel dispositivo, dove la somma dovuta alla G. viene indicata nella stessa cifra dalla quale, in motivazione si afferma debba operarsi la sottrazione anzidetta.

Quindi in accoglimento parziale, in tali specifici termini, del settimo motivo di ricorso la sentenza impugnata va cassata nei limiti del motivo accolto, e la causa va rinviata per nuovo esame alla stessa corte di appello, che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese.

P.Q.M.

Accoglie parzialmente, nei sensi di cui in motivazione, il settimo motivo di ricorso. Cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa per nuovo esame alla corte d’appello di Genova in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011

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