Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13051 del 23/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 23/06/2016, (ud. 16/03/2016, dep. 23/06/2016), n.13051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

sul ricorso 3163-2011 proposto da:

V.R., (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI GRACCHI 187, presso lo

studio dell’avvocato PASQUALE LANDOLFI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato AMALIO LANDOLFI, giusta delega in

atti;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore

pro tempore, e per MINISTERO DELL’ECONOMIA e DELLE FINANZE C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, domiciliati in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1135/2009 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 28/01/2010 r.g.n. 726/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato LANDOLFI PASQUALE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 28 gennaio 2010) in parziale accoglimento dell’appello proposto da V.R. e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 2077/2007, cosi decide: 1) dichiara l’ammissibilità della domanda proposta dagli appellanti nel ricorso Introduttivo del giudizio nella loro qualità di appartenenti alla 9^ qualifica funzionale, Area C, posizione economica C3 di cui ai ruoli del Ministero dell’Economia e delle Finanze – nei confronti sia del suddetto Ministero sia della Agenzia delle Entrate, al fine di ottenere l’equiparazione stipendiale al personale del soppresso ruolo generale ad esaurimento di ispettore generale o di direttore di divisione, con pagamento delle maturate differenze retributive; 2) rigetta nel merito la domanda stessa.

2.- Il ricorso di V.R. e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe domanda la cassazione della sentenza per quattro motivi; resistono, con un unico controricorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato.

I controricorrenti depositano anche memoria ex art. 378 od. proc. civ..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione del controricorrenti di inammissibilità del ricorso, ex art. 360-bis cod. proc. civ., n. 1, perchè la sentenza impugnata è conforme ad un consolidato indirizzo di questa Corte in materia (si citano: Cass. 29 settembre 2000, n. 12914; Cass. 26 novembre 2002, n. 16709; Cass. 17 maggio 2010, n. 11982) e l’esame dei motivi non offre argomenti per modificare tale orientamento.

Al riguardo va ricordato che questa Corte ha, fra l’altro, precisato che:

a) il ricorso scrutinato ai sensi dell’art. 360 bis cod. proc. civ., n. 1 deve essere rigettato per manifesta infondatezza e non dichiarato inammissibile, se la sentenza impugnata si presenta conforme alla giurisprudenza di legittimità e non vengono prospettati argomenti per modificarla, posto che anche in mancanza, nel ricorso, di argomenti idonei a superare la ragione di diritto cui si è attenuto il giudice del merito, il ricorso potrebbe trovare accoglimento ove, al momento della decisione della Corte, con riguardo alla quale deve essere verificata la corrispondenza tra la decisione impugnata e la giurisprudenza di legittimità, la prima risultasse non più conforme alla seconda nel frattempo mutata (Cass. SU 16 settembre 2010, n. 19051; Cass. 12 febbraio 2013, n. 3325);

b) in applicazione dell’art. 360-bis cod. proc. civ., comma 1, n. 1, deve essere dichiarato inammissibile, per contrasto con la suddetta disposizione, il ricorso per cassazione che non solo non è conforme allo schema di cui all’art. 360 cod. proc. civ. (e, per tale ragione, è inammissibile) ma le cui (Inammissibili) censure sono prospettate sul presupposto della contestazione dell’interpretazione della normativa applicabile adottata dalla sentenza impugnata – conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità – senza però offrire elementi validi a modificare i suddetti orientamenti (Cass. 17 settembre 2012, n. 15523).

Ne deriva, che l’ambito di dichiarazione di inammissibilità del ricorso per contrasto con l’art. 360-bis cod. proc. civ., comma 1, n. 1, risulta estremamente ristretto e condizionato alla sussistenza di presupposti che nella specie, con tutta evidenza, non ricorrono.

2.- Ricorrono peraltro i presupposti per pervenire, sulla base della medesima disposizione, ad un rigetta del ricorso per manifesta infondatezza, in quanto effettivamente la sentenza impugnata conforme alla giurisprudenza di legittimità che, esaminando questioni uguali a analoghe a quella che ha dato origine alla presente controversia, ha costantemente affermato il seguente principio:

“In materia di pubblico Impiego privatizzato, il principio espresso dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 45 secondo il quale le Amministrazioni Pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, opera nell’ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vieta trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede, in quanto la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive, come tali, della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritaria e sufficientemente istituzionalizzato, di regola sufficiente, salva l’applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete”.

3.- In applicazione di tale principio, sono state, fra l’altro, confermate le sentenze di merito le quali – al pari di quella attualmente impugnata – avevano ritenuto che la distinzione in termini stipendiali prevista dalla contrattazione collettiva fra il personale appartenente a ruoli ad esaurimento di ispettore generale odi direttore di divisione del Ministero dell’Economia e delle Finanze e gli altri dipendenti della ex 9^ qualifica funzionale, tutti ormai inseriti nell’area contrattuale “C” dai CCNL del 12 febbraio 1999 e del 12 giugno 2003, lungi dal determinare una violazione di legge, costituisse attuazione della norma transitoria contenuta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, (vedi, per tutte: Cass. 29 aprile 2013, n. 10105; Cass. 13 febbraio 2013, n. 3530; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22437, nonchè con riferimento ad analoga situazione verificatasi in altri Enti e/o Ministeri: Cass. 26 novembre 2002, n. 16709; Cass. 28 marzo 2012, n. 4971; Cass. 10 febbraio 2014, n. 2892).

4.- Il presente ricorso è articolato in quattro motivi, nei quali si denuncia: a) falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2, 45 e 69 e dell’art. 2907 cod. civ. (primo motivo); b) violazione e falsa applicazione del D.L. n. 9 del 1986, art. 2 convertito dalla L. n. 78 del 1986, del D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, art. 20 nonchè del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25 (abrogato) e del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 45 e 69 (semitici motivo); c) violazione e falsa applicazione, in particolare del CCNL 1998-2001 (terzo motivo)’ d) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 (quarto motivo).

Tutte le censure dei ricorrenti muovono dal presupposto di una asserita violazione delle disposizioni, legali e pattizie, in materia di parità di trattamento retributivo del dipendenti della PA, assunto che, come si è detto, non trova alcun riscontro nella richiamata giurisprudenza.

Nel presente ricorso tale giurisprudenza non viene neppure citata e neanche viene offerto alcun elemento idoneo a determinare un mutamento dell’indirizzo in essa espresso, ormai da più di un decennio e, quindi, assurto al rango di “diritto vivente”.

5.- Peraltro, come si è detto, la sentenza impugnata risulta essere del tutto conforme ai richiamati orientamenti giurisprudenziali, avendo la Corte territoriale escluso che la differenza retributiva del personale del ruolo ad esaurimento rispetto al personale dell’Area C3 comporti violazione dei principio di parità di trattamento tra pubblici dipendenti, proprio in relazione alle argomentazioni in precedenza evidenziate circa la natura “specialè della disciplina relativa allo stesso personale del ruolo ad esaurimento nonchè all’ambito di applicazione del principio di parità trattamento, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45.

6.- In sintesi il ricorso deve essere respinto perchè è manifestamente infondato in ragione della giurisprudenza di questa Corte, che sulle questioni oggi sollevate dai ricorrenti ha adottato orientamenti ormai consolidati – seguiti dalla sentenza Impugnata –

che neppure sono stati presi In considerazione dai ricorrenti (nello stesso senso, vedi per tutte: Cass. 15 ottobre 2015, n. 20861).

Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura Indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7000,00 (settemila/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 16 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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