Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13051 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13051 Anno 2014
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso 16341-2008 proposto da:
031-‘901.13 0 V32
e_ pCa–5-4a0 e4 3
BANCO POPOLARE COOP SOC, BANCA P LODI SPA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.PISANELLI 4,
presso lo studio dell’avvocato GIGLI GIUSEPPE, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MERCANTI
GIUSEPPE;
– ricorrenti –

2014
984

contro

BI-BANCA D’ITALIA, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA NAZIONALE 91, presso lo studio dell’avvocato CECI
STEFANIA RITA MARIA, che lo rappresenta e difende

Data pubblicazione: 10/06/2014

unitamente agli avvocati MARCO MANCINI, D’AMBROSIO
RAFFAELE;
– controricorrente nonchè contro

ARALDI ROBERTO, BONAZZI PAOLO GIACINTO, BENEVENTO

FERRARI FRANCESCO, GATTONI CARLO, LANZONI DOMENICO,
MAYR ERICH, OLMO GIORGIO, PAVESI CARLO, PREMOLI
ANTONIO, SAVOLDI OSVALDO, TESSERA ENRICO, VISCONTI DI
MODRONE GIANMARIA, ZONCADA DESIDERIO, ZUCCHETTI
DOMENICO, PROCGEN CODAPPELLO ROMA ;
– intimati –

avverso il decreto RG59358/06 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 23/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/04/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito l’Avvocato GIGLI Giuseppe,

difensore del

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato CECI Stefania difensore della
resistente che ha chiesto l’inammissibilità in
subordine il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

GIOVANNI, CASTELLOTTI GUIDO, CHIARAVALLE GIORGIO,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con provvedimento n. 345390 del 7-4-2005 la Banca d’Italia autorizzava, dettando particolari
condizioni, la Banca Popolare Italiana s.p.a. (all’epoca denominata Banca Popolare di Lodi) ad
incrementare fino al limite del 29.9% la propria partecipazione nella Banca Popolare Antoniano

Con provvedimento n. 125 del 10-7-2006 il Direttorio della Banca d’Italia, con riferimento alle
modalità con le quali la Banca Popolare Italiana (d’ora in avanti BPI) aveva dato attuazione al piano
di acquisto delle azioni Antonveneta, irrogava ai membri del consiglio di amministrazione ed ai
sindaci della BPI le seguenti sanzioni:

1) di euro 12.912,00 per aver omesso di rispettare i coefficienti prudenziali minimi obbligatori
nel periodo compreso tra l’ultima decade di aprile ed il 30-6-2005 (illecito previsto dall’art.
53 primo comma lett. a) D. LGS. 1-9-1993 n. 385, Testo Unico Bancario, e dal titolo quarto,
capitoli 2 e 4 delle Istruzioni di vigilanza);
2) di euro 12.912,00 per l’esistenza di difformità tra le comunicazioni effettuate alla vigilanza
e quanto attuato nell’esecuzione delle operazioni di rafforzamento patrimoniale finalizzate
al compimento senza rischi della progettata acquisizione del 29,9% del capitale
dell’Antonveneta (illecito previsto dall’art. 51 del D. LGS citato e dal titolo quarto, capitolo
2 delle Istruzioni di vigilanza);
3) di euro 12.912.,00 per avere omesso di comunicare all’organo di vigilanza l’esistenza
dell’opzione di put concessa alla Deutsche Bank in occasione della vendita a quest’ultima di
azioni della BPL (illecito previsto dall’art. 51 del D. LGS. menzionato e dal titolo quarto
capitolo 2 delle Istruzioni di vigilanza).

i

Veneta s.p.a (d’ora in avanti Antonveneta).

Avverso tale provvedimento proponevano opposizione con due separati ricorsi sia i destinatari
delle sanzioni suddette sia la BPI, quest’ultima quale ente obbligato al pagamento in solido con i
responsabili (ed obbligato anche ad esercitare l’azione di regresso).

Si costituivano in giudizio la Banca d’Italia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze chiedendo

Con decreto del 23-4-2007 la Corte di Appello di Roma ha rigettato l’opposizione.

Per quanto ancora interessa in questa sede la Corte territoriale ha ritenuto sussistente la colpa dei
sindaci, cui è demandata la funzione di controllare l’operato degli amministratori, ed ai quali le
norme legislative e amministrative impongono non un controllo meramente formale, ma di
accertare la rispondenza a verità di quanto emerge dai documenti ufficiali della società; nella
fattispecie i sindaci, per giustificare l’incapacità di conoscere il vero contenuto dei negozi stipulati
dalla società, avrebbero dovuto descrivere gli accorgimenti fraudolentemente adottati
dall’amministratore delegato per nascondere agli altri organi sociali il vero contenuto dei contratti
stipulati dalla BPI, ed invece sul punto nulla era stato allegato e provato dai ricorrenti, che si erano
limitati ad accennare genericamente al fatto che l’amministratore delegato di BPI era indagato,
senza fornire alcuna prova di ciò.

Con riferimento poi ai componenti del consiglio di amministrazione, la Corte territoriale ha rilevato
che l’inesistenza e/o l’inaffidabilità di un sistema informativo interno tale da consentire a ciascun
organo sociale di accedere autonomamente ad ogni informazione utile per lo svolgimento dei
compiti a lui affidati costituiscono illecito amministrativo ed espongono a sanzioni gli
amministratori; nella fattispecie il rispetto del coefficiente di solvibilità ed il controllo dei rischi,
nonché l’acquisizione e la dismissione di partecipazioni societarie costituivano materia di
competenza del consiglio di amministrazione; né la delega conferita all’amministratore
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il rigetto dell’opposizione in quanto infondata.

asseritamente infedele esonerava i consiglieri dal controllare che l’esercizio della delega avvenisse
nel rispetto delle norme che regolano la vita degli istituti di credito; pertanto il fatto che i membri
del consiglio di amministrazione non avessero preso effettiva conoscenza di ciò che stava
accadendo li costituiva comunque in colpa, o per non aver costruito per tempo il sistema

Avverso tale decreto la Coop. Banco Popolare ( derivata dalla fusione della Banca Popolare Italiana
con il Banco Popolare di Verona e Novara avvenuta il 27-6-2007 con rogito notaio Ruggero Piatelli)
e la s.p.a. Banca Popolare di Lodi (succeduta alla Banca Popolare Italiana per atto di conferimento
d’azienda con rogito notaio Carlo Marchetti) hanno proposto un ricorso straordinario per
cassazione ex art. 111 Cost. basato si di un unico articolato motivo seguito successivamente da
una memoria cui la Banca d’Italia ha resistito con controricorso; il ricorso è stato notificato anche
rispettivamente ai componenti del collegio sindacale e del consiglio di amministrazione della BPI
Roberto Araldi, Paolo Giacinto Bonazzi, Giovanni Benevento, Guido Castellotti, Giorgio Chiaravalle,
Francesco Ferrari, Carlo Gattoni, Domenico Lanzoni, Erich Mayr, Giorgio Olmo, Carlo Pavesi,
Antonio Premoli, Osvaldo Savoldi, Enrico Tessera, Gianmaria Visconti di Modrone, Desiderio
Zoncada e Zucchetti Domenico, che non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere esaminata la deduzione contenuta nella memoria delle ricorrenti
secondo cui, essendo deceduti successivamente alla notifica del ricorso per cassazione Gianandrea
Goisis e Francesco Vesce, occorre dichiarare la cessazione della materia del contendere
limitatamente alle sanzioni amministrative comminate a costoro.

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informativo suddetto oppure per non averlo saputo e/o voluto adoperare.

Tale richiesta deve essere disattesa, posto che i suddetti soggetti non risultano destinatari delle
e
sanzioni amministrative oggetto del presente giudizio, come si evince dalla intestazione del
decreto impugnato.

Venendo quindi all’esame del ricorso, si osserva che con l’unico motivo articolato le ricorrenti,

quali l’assemblea della Banca aveva deliberato l’azione di responsabilità in data 9-6-2007 (ovvero
per le sanzioni comminate a Gianpiero Fiorani, ex amministratore delegato, Giovanni Benevento,
ex Presidente della Banca, Desiderio Zoncada, ex vice Presidente della Banca, agli ex consiglieri
Osvaldo Savoldi e Francesco Ferrari ed all’ex sindaco Roberto Araldi), denuncia omessa ed
insufficiente motivazione circa l’affermazione di responsabilità degli esponenti non delegati e
violazione degli artt. 3 L. n. 689/1981-1176-1218-1453 e 2932 c.c.

I ricorrenti rilevano che nella fattispecie si era in presenza di una attività di occultamento, da parte
degli organi sociali delegati in collusione con quelli operativi, delle irregolarità costituenti il
contenuto della violazioni, cosicché la colpa dei componenti estranei non poteva essere desunta
automaticamente dall’esistenza delle irregolarità; infatti l’affermazione della responsabilità
dovrebbe quantomeno fondarsi sull’esistenza di una conoscibilità delle violazioni, che nella
fattispecie non è stata neppure affermata; pertanto nel decreto impugnato non è spiegato se ed in
qual modo le violazioni comminate dalla Banca d’Italia fossero conoscibili da parte degli
amministratori e dei sindaci della Banca estranei all’attività di occultamento delle irregolarità
costituenti il contenuto delle violazioni poste in essere dagli organi delegati in collusione con quelli
operativi.

La censura è infondata.

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premesso che il ricorso non riguarda le sanzioni comminate agli amministratori ed ai sindaci per i

Sotto un primo profilo, attinente alla affermata responsabilità dei sindaci, si rileva che detta
responsabilità trova il suo fondamento nel dovere di vigilanza imposto ad essi dall’art. 2407
secondo comma c.c., con riguardo nella fattispecie allo svolgimento, da parte dell’amministratore
delegato di BPI, di una attività protratta nel tempo al di fuori dei limiti consentiti dalla legge;

comportamenti dei medesimi, essendo sufficiente accertare, come evidenziato dalla Corte
territoriale, che i sindaci non avevano rilevato le violazioni poste in essere dal suddetto
amministratore delegato, o comunque non avevano in alcun modo reagito in proposito, ponendo
in essere ogni atto necessario all’assolvimento dell’incarico con diligenza, correttezza e buona
fede; al riguardo è opportuno rilevare che il collegio sindacale può, previa comunicazione al
presidente del consiglio di amministrazione, convocare l’assemblea qualora nell’espletamento del
suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente bisogno di provvedere (art.
2406 secondo comma c.c.); né d’altra parte le ricorrenti hanno censurato in termini specifici la
statuizione della Corte territoriale secondo cui i sindaci avrebbero dovuto indicare gli accorgimenti
fraudolentemente adottati dall’amministratore delegato per occultare agli altri organi sociali il
vero contenuto dei contratti stipulati dalla BPI, e che invece nulla in proposito era stato allegato e
tantomeno provato; in altri termini le ricorrenti non contestano il rilievo da parte del decreto
impugnato in ordine alla mancata allegazione di circostanze ed elementi che potessero
giustificare, in tutto o in parte, l’evidente omissione, da parte dei sindaci, dei loro obblighi di legge
di vigilare sull’operato dell’amministratore delegato e di denunciare le gravi violazioni riscontrate.

Neppure poi è fondato il profilo di censura relativo alla contestata responsabilità dei componenti
del consiglio di amministrazione privi di delega.

– L’art. 2381 comma terzo c.c. prevede che il consiglio di amministrazione “può sempre impartire
direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega” e “valuta, sulla base
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quindi al fine dell’affermazione di tale responsabilità non occorre l’individuazione di specifici

della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione”; il sesto comma dello

stesso articolo prevede l’obbligo di tutti gli amministratori di “agire in modo informato” stabilendo
che “ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite
informazioni relative alla gestione della società”; l’art. 2932 secondo comma c.c. poi stabilisce che

non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le
conseguenze dannose”.

Tale dovere dei consiglieri non esecutivi è particolarmente rilevante in materia bancaria anche in
ragione degli interessi protetti dall’art. 47 Cost., la cui rilevanza pubblicistica è alla base
dell’interpretazione delle norme codicistiche; infatti la diligenza richiesta agli amministratori è
correlata alla “natura dell’incarico” ed è commisurata alle “loro specifiche competenze” (art. 2392
primo comma c.c.); al riguardo deve rilevarsi che il D. LGS. n. 385 del 1993 esige il possesso, in
capo ai soggetti investiti di funzioni di amministrazione presso banche, di determinati requisiti di
professionalità (art. 26) e che le Istruzioni di Vigilanza (emanate dalla Banca d’Italia, in attuazione
del citato testo unico, con la circolare del 21-4-1999 n. 229 e successive integrazioni) attribuiscono
al consiglio di amministrazione tra l’altro il compito di approvare gli orientamenti strategici e le
politiche di gestione del rischio, di essere consapevole dei rischi cui la banca si espone, di
assicurarsi che venga definito un sistema informativo corretto, completo e tempestivo, e di
adottare con tempestività misure correttive nel caso emergano carenza o anomalie.

In tale contesto normativo è stato quindi affermato che in tema di sanzioni amministrative
previste dall’art. 144 del D. LGS. 1-9-1993 n. 385, il dovere di agire informati dei consiglieri non
esecutivi delle società bancarie non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni

provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i primi devono possedere ed
esprimere costante ed adeguata conoscenza del “business” bancario e, essendo compartecipi delle
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gli amministratori “sono solidamente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli,

decisioni di strategia gestionale assunte dall’intero consiglio, hanno l’obbligo di contribuire ad
assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter
efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi
non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini

concernenti operazioni rientranti nella delega (Cass. 5-2-2013 n. 2737).

A tale principi, del tutto condivisibili, si è attenuto il decreto impugnato attraverso le
argomentazioni sopra richiamate, cosicché i profili di censura dedotti dalle ricorrenti sono
infondati.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.

P.Q.M.

La Corte
Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento di euro 200,00 per esborsi e di
euro 4.000,00 per compensi.

Così deciso in Roma l’11-4-2014

Il Presidente

dell’esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione

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