Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13050 del 23/06/2016

Cassazione civile sez. lav., 23/06/2016, (ud. 24/02/2016, dep. 23/06/2016), n.13050

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6587-2012 proposto da:

DE NARDIS ELEONORA, (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, LARGO MESSICO presso lo studio dell’avvocato PIERO

X., che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.G.I. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI

ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA”, C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo stadio dell’avvocato PAOLO

BOER, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA GERIT S.P.A., c.f. 00410080584, EQUITALIA SUD S.P.A.

(già EQUITALIA GERIT S.P.A.);

– intimate –

avverso la sentenza n. 16715/2011 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 19/10/2011 R.G.N. 18072/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;

udito l’Avvocato DE ANGELIS CARLO per delega Avvocato BOER PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELEBRANO Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 16715 in data 19 ottobre 2011 (corretta materialmente con ordinanza del 16 dicembre 2011) il giudice del lavoro di Roma rigettava l’opposizione a cartella proposta dalla Dott.ssa D.N. E. contro l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani Giovanni Amendola (INPGI) e la società concessionaria del servizio di riscossione, con la quale era stata comunicata l’iscrizione a ruolo per la complessiva somma di 1872,49 a titolo di contributi dovuti per l’anno 2005.

Nella specie, il tribunale, premesso che la questione relativa alla contestata nullità della notifica della cartella integrava gli estremi dell’opposizione agli atti esecutivi, però proposta oltre il termine perentorio di giorni venti ex art. 615 c.p.c., la riteneva inesaminabile, mentre nel merito giudicava, ad ogni modo, infondate le altre doglianze ed eccezioni mosse dalla D.N., implicitamente perciò riconosciuta sotto tale profilo la tempestività dell’opposizione nel termine di giorni 40. Dunque, l’opposizione veniva respinta, con conseguente conferma della cartella.

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost. la D.N. con DIECI motivi, cui resiste l’INPGI con controricorso. La società concessionaria del servizio di riscossione (EQUITALIA SUD spa già EQUITALIA GERIT spa –

EQUITALIA Gerit spa – entrambe con sede legale in (OMISSIS)) è rimasta intimata.

In seguito, è stata depositata memoria ex art. 378 c.p.c. dal solo Istituto in vista della pubblica udienza fissata al 24 febbraio 2016, per la quale sono stati dati rituali avvisi (in data 29 gennaio e primo febbraio, nonchè tramite fax del 25 gennaio 2016 all’avv. X. per la ricorrente, non comparsa all’udienza).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente ha dedotto:

A) violazione e/o falsa applicazione di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controrversia – omissione e/o Insufficienza, confusione ed inconferenza della motivazione su un punto decisivo della controversia – sull’asserito Inammissibilità del ricorso in primo grado qualificato in termini di opposizione agli atti esecutivi – rilevanza dell’Inesistenza della notifica dell’atto gravato edegli atti presupposti;

B) omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia idem come sopra, deducendo che il D.Lgs. n. 546 del 1993, art. 19 che non impone, ma consente al Contribuente di sindacare anche il merito della pretesa, laddove Inopinatamente il giudice adito aveva qualificato il ricorso come opposizione agli atti esecutivi, con conseguente rigetto;

C) violazione e/o falsa applicazione… come sopra. Il ricorso non tempestivo, risultando per tabulas come la cartella esattoriale fosse avventurosamente pervenuta ad essa ricorrente, che, ciononostante, aveva proposto tempestive opposizione, con manifesta violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, comma 2. Infatti, il provvedimento gravato era stato notificato a (OMISSIS), che non era la residenza di essa ricorrente, giusta il certificato di residenza prodotto in atti, donde la nullità e la irritualità della comunicazione Impositiva, attesa l’insistenza della notificazione, vizio insanabile. Nella specie, inoltre, non era stato preventivamente notificato l’avviso bonario, richiesto a pena di nullità dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5.

La controparte non aveva nemmeno allegato il verbale di contestazione, nè l’avviso bonario, nè la cartella di pagamento e nemmeno le relata di notifica, donde la nullità assoluta, senza alcun termine decadenziale, di qualsivoglia atto impositivo presupposto e consequenziale. In ordine alla documentazione ex adverso prodotta il (rectius: la) ricorrente aveva tempestivamente contestato la conformità all’originale e disconosciuto la firma appostavi, ma su punto il giudice aveva omesso di deliberare.

La nullità della cartella discendeva dalla irritualità e/o inesistenza della notificazione dell’atto presupposto (avviso di accertamento o avviso bonario o verbale di contestazione) da parte dell’ente impositore, nella specie giammai notificato, come da citata giurisprudenza varia, soprattutto di provenienza tributaria;

D) violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – omissione e/o insufficienza, confusione ed incontrante della motivazione su un punto decisivo della controversia – sull’asserito inammissibilità del ricorso In primo grado qualificato in termini di opposizione agli atti esecutivi – rilevanza dell’inesistenza della notifica dell’atto gravato e degli atti Presupposti. nullità per difetto di notificai violazione di legge: art. 139 c.p.c.. Eccesso di potere per illogicità ed insussistenza dei presupposti. Infatti, la notifica del verbale di accertamento dell’avviso bonario non era avvenuto presso la residenza di parte ricorrente, giusta l’allegato certificato storico di residenza, nè nelle ne mani nè di un suo incaricato nè ad una persona di famiglia, donde la nullità della predetta contestazione, insanabile come da citata giurisprudenza (Casa Sez. 5, ordinanza n. 10637 del 25/01 – 13/05/2011, che confermava il principio consolidato di questa Corte, secondo cui la notificazione è inesistente quando sia stata effettuata in un luogo o con riguardo ad una persona che non presentino alcun riferimento con il destinatario dell’atto, risultando a costui del tutto estranei, mentre è affetta da nullità sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso M rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice, quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un simile collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario; infatti il vizio di notificazione importante nullità sanabile ai sensi del combinato disposto degli artt. 160 e 156 c.p.c., si ha quando, nonostante la Inosservanza delle formalità o delle disposizioni di legge, tra cui quelle concernenti la persona alla quale può essere consegnata la copia dell’atto, la notificazione, tuttavia, è materialmente avvenuta mediante rilascio di copia nel luogo e a persona che possano avere un qualche riferimento con il vero destinatario della notificazione medesima; per contro, il vizio di notificazione è insanabile quando questa sia eseguita in luogo e presso persona che non siano in alcun modo e per nessuna via riferibili al soggetto passivo della notificazione medesima, ma a tutt’altro soggetto, assolutamente estraneo al destinatario e all’atto da notificare.

Nella notificazione in esame, effettuata nel luogo in cui la parte ha eletto domicilio, la consegna dell’atto risultava avvenuta a persona che, trovandosi in quello studio, certamente non poteva dirsi del tutto estranea al destinatario. Pertanto, il ricorso poteva essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente fondato, con conseguenti accoglimento, cessazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Sicilia);

E) idem come sopra – irrilevanza della dicotomia nullità/inesistenza della notifica dell’accertamento. Infatti, l’atto presupposto non risultava notificato, mentre nonostante l’eccezione al riguardo sollevata, il giudicante, omettendo di deliberare del tutto sul punto, aveva inopinatamente rigettato Il ricorso, qualificandolo In termini di opposizione agli alti esecutivi, poichè non tempestivamente proposto. La ricorrente, nel richiamare ancora una volta il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, riteneva infondata la tesi, secondo cui l’impugnazione della cartella comportava la sanatoria della nullità della notifica dell’accertamento, potendo tate principio trovare applicazione se il ricorso fosse stato proposto contro l’accertamento e non contro la successiva cartella, sicchè non aveva nemmeno rilievo, sempre In ordine alla notifica dell’accertamento, la dicotomia nullità/inesistenza della notifica;

F) idem come sopra – inesistenza della notifica dell’atto gravato degli atti presupposti inapplicabilità dell’art. 156 nonchè dell’art. 291 c.p.c.. Infatti, nella specie si trattava di inesistenza, e non già di nullità, che l’opponente aveva tempestivamente dedotto in relazione alle notifiche afferenti sia alla cartella impugnata sia all’atto presupposto, ma sul punto il giudice aveva omesso di deliberare. Di conseguenza, erano inapplicabili i succitati artt. 156 e 291, stante l’impossibilità di sanatoria per la notificazione degli avvisi di accertamento, essendo questi ultimi atti amministrativi, esplicativi della potestà impositiva degli uffici finanziari, e non già atti processuali. Era indubbio che il verbale di illecito costituiva atto amministrativo e non già processuale, sicchè la proposizione del ricorso avverso la cartella e/o il verbale non era idonea ad escludere la possibilità di rilevare la nullità della notifica afferente l’atto presupposto;

– G) idem come sopra – mancata compilazione della relata di notifica – violazione dell’art. 148 c.p.a nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40 – inesistenza della notificazione, avendo entrambe le parti resistenti omesso di produrre le matta di notifica concernenti il provvedimento gravato e i suoi atti presupposti;

H) idem come sopra – eccesso di potere per Insussistenza del presupposti – violazione dell’art. 139, comma 2, art. 2697 c.c., D.P.R. n. 602 del 1973, art. 27, L. n. 241 del 1990, art. 3, L. n. 212 del 2000, art. 7 nonchè art. 97 Cost. La nullità della notifica della pretesa lavorativa discendeva altresì dall’omessa attestazione a cura dell’ufficiale giudiziario del mancato rinvenimento delle persone indicate nel citato art. 139, comma 2 per cui l’agente della riscossione è tenuto ad assolvere al relativo onere probatorio, onere però rimasto insoddisfatto da parte di Equitalia GERIT spa e dell’ente creditore. Nè poteva sottacersi l’illegittimità della cartella esattoriale non contenente l’Indicazione precisa della data di esecutività. La mancata indicazione della data in cui sono stati consegnati i ruoli al concessionario rende l’atto illegittimo, poichè non consente al contribuente di verificare l’esatta quantificazione degli interessi liquidati e determina una carenza di motivazione della cartella notificata.

Nella specie, inoltre, la comunicazione di cui alla pretesa Impositiva era avventurosamente pervenuta alla D.N. senza la necessaria indicazione del termine e dell’autorità competente per l’Impugnazione, donde la nullità assoluta di Insanabile della stessa per carenza di un requisito indicato come tassativo dal legislatore a cui mancanza pregiudica di fatto il legittimo diritto di difesa. Per di più, l’anzidetta comunicazione era illegittima per assoluta carenza di motivazione, non avendo menzionato il titolo da cui derivava la pretesa creditoria, avendo evidenziato soltanto una generica locuzione astrattamente applicabile ad una pluralità indefinita ed interminabile di ipotesi, le motivazione, per contro, al sensi della L. n. 212 del 2000, artt. 1 e 7 costituisce elemento essenziale di ogni provvedimento impositivo con conseguente nullità D.P.R. n. 609 del 1973, ex art. 61. Infatti, l’atto impositivo può valere come primo atto di esercizi della pretesa creditoria a condizione che sia dotato di tutti gli elementi indispensabili, ivi compresa la motivazione, per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza della imposizione. Inoltre, nella specie l’agente della riscossione aveva omesso di allegare al presente atto l’avviso di accertamento di cui alla pretesa impositiva.

Nell’insistere, ancora, sulla mancata notifica del verbale e/o dell’avviso bonario o di accertamento, parte ricorrente sosteneva di aver contestato la conformità all’originale della documentazione ex adverso allegata alla comparsa di costituzione risposta, nonchè di aver tempestivamente disconosciuto – In caso anche di astratta riconducibilità – le eventuali firme apposte sulla documentazione prefata; in via subordinata, aveva arnesi proposto querela di falso sul medesimi documenti, indicando pure idonee scritture di comparazione, nonchè come mezzo di prova consulenza grafologica.

Circa il disconoscimento e la querela di falso, il giudice adito aveva omesso di deliberare, nonchè di assumere conseguenti determinazioni.

Ricorreva, altresi, nella specie l’eccesso di potere per motivazione Insufficiente contraddittoria, segnatamente per violazione di ed erronea applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e successive modificazioni, in presenza di motivazione Incongrua, stereotipa ed Insufficiente;

I) idem come sopra – eccesso di potere per insussistenza dei presupposti – violazione di legge – L. n. 890 del 1982, art. 8 stante l’omesso avviso, mediante raccomandata a.r., delle formalità prescritte da detto art. 8 di cui alla sentenza d’Illegittimità costituzionale n. 346/1998;

L) idem come sopra – nel merito, Insussistenza del presupposto impositivo, atteso che la cartelle impugnata afferiva a contributi relativi all’anno 2005, non versati all’INPGI perchè non dovuti dalla ricorrente, giusta la comunicazione d’Interruzione di attività giornalistica autonoma del 12-09-2006 diretta all’Istituto, a decorrere dal 31-12-2004, con seguente richiesto di sospensione dal versamento del contributi, come ad documentazione in atti (tra cui dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in data 20-10-2006, recante forma autenticata, circa la mancata percezione di alcun reddito per il periodo d’imposta 2005…).

Alla stregua dei succitati motivi, il ricorso va comunque respinto in forza delle seguenti considerazioni.

In via preliminare, il ricorso de quo appare in più punti carente, non risultando osservate le prescrizioni imposte dal codice di rito (art. 366 – il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità; 3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa;…6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda.

Art. 369 c.p.c., comma 11, – insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità; -.4) gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi “qual” ricorso si fonda.

Cfr., tra le altre, Cass. 1 civ. n. 16900 del 19/08/2015, secondo cui ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli, nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario specificare, in ossequio al principio di autosufficienza la sede in cui gli atti stessi sono rinvenibili –

fascicolo d’ufficio o di parte – provvedendo anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame. In senso analogo, v. altresì Cass. 5 civ. n. 23575 del 18/11/2015, secondo cui occorre, a pena d’inammissibilità, il diverso onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito.

Cfr. inoltre Cass. 1 civ. n. 4003 del 28/02/2006, secondo cui il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., n. 3 postula che il ricorso per cessazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della controversia, offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari del vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata. Conformi Cass. n. 12039 del 1998, n. 4998 del 1999, n. 8476 – 12681 – 14728 – n. 16163 del 2001, n. 2432 e n. 8154 del 2003, nn. 1959 e 7392 del 2000).

Dunque, la richiesta esposizione del fatti della causa, sebbene sommaria, nel senso della sinteticità, deve rivelarsi ad ogni modo sufficiente, con la precisa indicazione altresì degli atti e dei documenti, cui il ricorso per cassazione si riferisce, condizioni invero nel caso di specie assolutamente non soddisfatte, di guisa che detto ricorso non appare minimamente autosufficiente.

Invero, la D.N. contata la qualificazione di opposizione agli atti esecutivi, data dal giudicante, assumendo che nella specie trattavici di inesistenza che inficiava l’atto presupposto, peraltro non meglio indicato, senza ad ogni modo chiarire la portata dell’originario ricorso in opposizione, ma sostenendo tuttavia l’irrilevanza della tempestività dell’opposizione a cartella D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24. Per altro verso, la ricorrente deduce, anche promiscuamente, assente violazioni di carattere formale unitamente a questioni di merito, però attinenti alla fondatezza della pretesa obbligazione contributiva, ma confusamente in tema di tributi fiscali e di contributi previdenziali, senza peraltro neanche chiarire se abbia proposto separato appello avverso la sentenza de qua. La sentenza impugnata, d’altro canto, indica che la D.N. aveva in via preliminare eccepito la nullità della cartella per omessa notifica nel luogo di residenza; per violazione della L. n. 890 del 1982, art. 8 per il mancato rinvenimento delle persone di cui all’art. 139 c.p.c., comma 2, nonchè eccesso di potere per insussistenze del presupposti, assumendo nel merito che nell’anno 2005 ella non aveva svolto alcune attività giornalistica, nè autonomia e nemmeno subordinata. Inoltre, il giudice adito ben chiariva il panorama normativa relativo al sistema di tutela giurisdizionale per le entrate previdenziali (ed in genere per quelle non tributarie), richiamando in particolare il D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e 29 sicchè tra l’altro quanto alla riscossione dei crediti Contributivi non tributari, il debitore che intenda contestare la regolarità formale degli atti di esecuzione e della cartella (estratto del ruolo) deve necessariamente proporre opposizione agli atti esecutivi, In particolare ai sensi degli artt. 618 bis e 617 c.p.c., ossia nel termine perentorio di giorni venti, decorrente, quanto alla cartella, dalla notificazione della stessa.

Nella fattispecie, la sentenza de qua, premesso che non accennava minimamente ad ipotesi di notifica inesistente (e la ricorrente, come già in precedenza anticipato, ha del tutto omesso di riportare gli elementi salienti del suo atto di opposizione, così come per nulla ha chiarito le modalità, soprattutto di tempo, per cui sarebbe venuta avventurosamente in possesso della cartella di poi opposta), correttamente evidenziava come gli anzidetti motivi attinenti alla notifica (non eseguita nel luogo di residenza, violazione dei suddetti artt. 8 e 139), non potevano formare oggetto di esame, non essendo state tali doglianze, di carattere formale, tempestivamente proposte con apposite opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cit., dunque con l’osservanza del suddetto termine perentorio, la cui decisione è poi impugnabile con ricorso per cessazione ex art. 111 Cost., e non già mediante appello.

Per il resto, quanto al merito, l’opposizione era infondata, di modo che veniva rigettata per gli altri motivi indicati nella stessa sentenza del 19 ottobre 2011, ma che non possono evidentemente interessare, nè altrimenti riguardare il ricorso straordinario de quo, ex art. 111 Cost., trattandosi di decisione nel merito, come tale rimediabile ritualmente attraverso il proprio ordinario mezzo di gravame, cioè con appello (di cui peraltro la D.N. nel suo ricorso non ha fatto menzione alcuna). In altri termini, avendo il giudice di merito deciso la controversia, con distinta ed apposita motivazione, pure in relazione al fondamento del pretesa creditoria fatta valere dall’ente impositore con l’iscrizione a ruolo (cfr. in part. il già ricordato D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24), e quindi avverso la cartella (le quale, come opportunamente già indicato dal primo giudicante, non è altro che un estratto del ruolo iscritto nei confronti del contribuente inadempiente, al quale, d’altro canto, l’ente ha la mera facoltà di richiedere il pagamento mediante previo avviso bonario, donde pure l’insussistenza dell’obbligo di tale avviso, erroneamente preteso dalla ricorrente), sono inammissibili in sede di ricorso straordinario per cessazione censure diverse da quelle eccezionalmente consentite con tale mezzo d’impugnazione, in quanto tali soggette al solo appello ordinario, ancorchè con il rito speciale del lavoro (art. 433 c.p.c. e ss., per effetto del rinvio operato dal cit. art. 24, comma 6: Il giudizio di opposizione contro il ruolo per motivi Inerenti il merito della pretesa contributiva è regolato dall’art. 442 c.p.c. e segg…).

In conclusione, dunque, sono inammissibili tutte le censure di parte ricorrente direttamente o indirettamente attinenti al merito dell’obbligo contributivo di cui è processo.

Sono, parimenti, inammissibili ex art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6 (oltre che improcedibili ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) per carenti Specifiche indicazioni ed allegazioni le altre doglianze inerenti alla questione della notifica della cartella e degli altri atti, non meglio individuati, cui si riferisce la ricorrente, ivi compresa l’asserito inesistenza della stessa notifica, che non trova riscontro alcuno nella sentenza qui impugnata, nè adeguati, rituali e precisi riferimenti nel ricorso medesimo.

Le argomentazioni che precedono, d’altro canto, trovano conforto anche in taluni precedenti di questa Corte, relativi a questioni analoghe a quelle di cio è processo (cfr. in part. Cass. Sez. 6 – L, ordinanza n. 15116 del 17/07/2015, secondo cui in tema di opposizione a cartella esattoriale, relativa a contributi previdenziali, è possibile esperire, con un unico atto, sia un’opposizione sul merito della pretesa oggetto di riscossione, di cui al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24 sia un’opposizione agli atti esecutivi, inerente all’irregolarità formale della cartella, regolata dagli artt. 617 e 618 bis c.p.c., per il rinvio alle forme ordinarie operato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 29, comma 2. Ne consegue che, qualora l’opposizione sia stata depositata entro il termine perentorio di quaranta giorni, di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, ma oltre quello di venti giorni, di cui all’art. 617 c.p.c., va ritenuta la tardività delle eccezioni formali, ossia di quelle attinenti la regolarità della cartella di pagamento e della notificazione.

5. poi in part. Cass. 3 civ. n. 21080 in data 08/07 – 19/10/2015:”…

Con orientamento oramai consolidato ascrive al vizio di forma la mancanza di motivazione della cartella esattoriale, in quanto si risolve in una carenza del requisiti formali minimi di validità della stessa, cioè delle indicazioni necessarie per identificare il credito e per rendere possibile la difesa di merito (cosi, in motivazione, Cass. n. 27829/09, citata anche nella memoria della ricorrente). Col corollario per cui, ove sia dedotta l’irregolarità formale della cartella esattoriale – anche sotto il profilo della carenza di motivazione – l’opposizione deve essere qualificata come opposizione agli atti esecutivi, per la quale applicabile D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 29, comma 2, (che rinvia, per la relativa regolamentazione, alle forme ordinarie), e non il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 29 (che prevede il diverso termine di quaranta giorni e riguarda l’opposizione nel merito della pretesa azionata).

Ne consegue che l’opposizione prima dell’Inizio dell’esecuzione deve proporsi entro cinque glomi (ora venti a seguito delle modifiche apportate dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. n. 80 del 2005) dalla notifica della cartella (così, tra le tante, Cass. n. 18691/08, n. 25757/08, n. 25208/09, fino alla recente n. 13583/15, In motivazione).

3.1.- Questo orientamento va ribadito e si presta a regolare anche il caso di specie.

Escluso il riferimento alla norma speciale del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 applicabile soltanto alle cartelle esattoriali relative ai contributi previdenziali, è invece utile il riferimento all’art. 29 cit. D.Lgs., in quanto norma applicabile a tutte le entrate tributarie diverse da quelle elencate del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2 ed a tutte quelle non tributarie, che vengano riscosse seguendo il procedimento di cui al D.P.R. n. 602 del 1973.

Essa è quindi applicabile alla cartelle di pagamento notificata per il recupero delle spese di giustizia, oggetto del presente procedimento.

I vizi inerenti la motivazione della cartella di pagamento ne determinano un’irregolarità formale, poichè attengono alla mancanza di conformità della Stesa al modello legale. Il vizio di motivazione, anche ove consista in carenza assoluta di motivazione, non comporta, di per sè, l’inesistenza giuridica dell’atto. Questa si ha soltanto qualora l’atto non sia in alcun modo ascrivibile al suo modello legale, non cedo quando ne sia, in tutto o in parte, in particolare, in materia di esecuzione forzata, deve ritenersi giuridicamente Inesistente l’atto esecutivo che sia carente del requisiti indispensabili per il raggiungimento del suo scopo (cfr.

Cass. n. 7710/03 e n. 23683/08, tra le altre).

La cartella di pagamento nel procedimento di riscossione c.d.

esattoriale tiene luogo del precetto, ma, essendo un estratto del ruolo, che è il titolo esecutivo che fonda l’azione esecutiva speciale (arg. D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 49), è anche l’atto per il cui tramite il titolo esecutivo è notificato al soggetto passivo della riscossione coattiva. Il vizio di motivazione priva l’atto della sua riconducibilità al modello delineato dal legislatore e non osta al raggiungimento dello scopo di rendere edotto il destinatario della notificazione dell’avvio – dell’azione esecutiva esattoriale nei suoi confronti. Perciò, esso, come detto, dà luogo ad invalidità, non ad inesistenza.

I vizi che attengono alla regolarità formale della cartella di pagamento e della sua notificazione, qualora si verta in una delle ipotesi contemplate dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 29 (entrate di natura tributaria non di competenza delle commissioni tributarie ovvero entrate di natura non tributaria) devono essere fatti valere del soggetto nel cui confronti è minacciata l’esecuzione c.d.

esattoriale mediante il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, secondo le norme del codice di rito. Il termine per proporre tale azione è quello ordinario di venti giorni, decorrente dalla notificazione della cartella di pagamento, di cui all’art. 617 c.p.c., comma 1. OMISSIS. Il principio da applicare è invece quello per li quale nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo delle entrate non tributarie, di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, l’opposizione agli atti esecutivi – con la quale quale si fanno valere i vizi di forma dell’atto esecutivo, ivi compresa la carenza di motivazione della cartella esattoriale – è prevista dall’art. 29, comma 2, che per la relativa regolamentazione rinvia alle “forme ordinarie”. Ne consegue che l’opposizione agli atti esecutivi prima dell’inizio dell’esecuzione deve proporsi entro venti giorni dalla notificazione della cartella esattoriale, che contiene un estratto del molo costituente titolo esecutivo, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49.

L’opposizione agli atti esecutivi si configura proprio come il rimedio esperibile per far valere d vizio di motivazione della cartella esattoriale ed il termine di cui art. 617 c.p.c., rappresenta lo spatium entro il quale il debitore può dolersi dell’irregolarità formale.

La mancata conoscenza o conoscibilità delle ragioni dell’imposizione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del merito, rappresenta il motivo dell’opposizione stessa, in quanto questa si configura come reazione ad un atto di natura esecutiva che si ritenga non conforme al precetto normativa. Pertanto, non osti al suo esperimento tempestivo che il debitore non conforme al precetto normativo. Pertanto, non osta al suo esperimento tempestivo che il debitore non sia in grado di conoscere, per carenza di motivazione della cartella, l’oggetto e le ragion della riscossione coattiva, in quanto il rimedio è diretto a far valere proprio tale vizio….”.

Cfr. ancora Cass. 1 civ. n. 19166 del 28/09/2015, laddove si precisava che l’inesistenza della notificazione non incide sulla validità e sulla efficacia dell’ingiunzione, quale atto amministrativo contenente l’ordine di pagare una determinata somma, e quindi sulla legittimità e fondatezza della pretesa fatta valere dall’Amministrazione, ma solo sulla procedibilità dell’azione esecutiva).

Pertanto, il ricorso va respinto, con conseguente condanna di parte soccombente al pagamento delle relative spese, a favore della sola controricorrente, essendo rimasta intimata la società, concessionaria del servizio di riscossione.

PQM

La Corte RIGETTA il ricorso e condanna la ricorrente alle spese in favore dell’Istituto controricorrente, che liquida in Euro 1800,00 (milleottocento/00) per compensi professionali, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonchè accessori come per legge. NULLA per spese relativamente alle società rimaste intimate.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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