Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13050 del 10/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 13050 Anno 2014
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso 26220-2007 proposto da:
TOSATO

MASSIMO

TSTMSM54S27L736U,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA A. GRAMSCI 54, presso lo
studio dell’avvocato GRAZIADEI GIANFRANCO, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati FERRO
LUZZI PAOLO, SCANZANO FRANCESCO;
– ricorrente contro

BI-BANCA D’ITALIA in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
NAZIONALE 91, presso lo studio dell’avvocato CAPOLINO

Data pubblicazione: 10/06/2014

OLINA, che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati MARCUCCI MONICA, CECI STEFANIA RITA MARIA;
MINISTERO ECONOMIA FINANZE in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

– controricorrenti

avverso il decreto RG 50511/05 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 12/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/04/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito l’Avvocato SCANZANO Francesco, difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CECI Stefania, difensore della
resistente B.I. che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

che lo rappresenta e difende ope legis;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di opposizione notificato il 5-1-2006 Massimo Tosato chiedeva l’annullamento, la
dichiarazione di nullità, la revoca o la riforma del decreto emesso il 4-8-2005 dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze notificatogli il 5-12-2005 nonché di ogni altro atto presupposto e

Amministrazione della Banca Nazionale del Lavoro, tre sanzioni dell’Importo di euro 15.000.000
ciascuna per tre irregolarità riportate ai punti 1-4 e 5 dello stesso decreto e specificatamente:

1 – carenze nell’organizzazione e nei controlli interni da parte di componenti del Consiglio di
Amministrazione (art. 53 primo comma lett. d) TUB, tit. quarto, cap. 11, Istr. Vig.);
2 – errate segnalazioni all’Organo di Vigilanza (art. 51 TUB, tit. quarto, cap. 1, Istr. Vig.);
3 — carenze nei processi del credito (art. 53 primo comma lett. d) TUB, tit. quarto, cap. 11,
Istr. Vig.).

In via subordinata il Tosato chiedeva dichiararsi l’avvenuta estinzione della pretesa sanzionatoria
per prescrizione con riferimento alle condotte anteriori al 21-1-2000 ovvero, in via di ulteriore
subordine, ritenendo la violazione dell’art. 8 L. n. 689/1981, rimodulare le sanzioni irrogate
rendendole compatibili con la disposizione indicata; chiedeva in ogni caso una congrua riduzione
delle sanzioni.

Si costituivano in giudizio sia la Banca d’Italia che il Ministero dell’Economia e delle Finanze
chiedendo il rigetto della opposizione.

La Corte di Appello di Roma con decreto del 12-7-2006 ha rigettato il reclamo.

1

correlato con cui erano state irrogate al reclamante, quale componente del Consiglio di

Per la cassazione di tale decreto il Tosato ha proposto un ricorso articolato in otto motivi seguito
successivamente da una memoria cui la Banca d’Italia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze
hanno resistito con separati controricorsi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione preliminare del suddetto Ministero di
inammissibilità del ricorso, posto che il decreto della Corte di Appello di Roma emesso ai sensi
dell’art. 145 del TUB è impugnabile in cassazione esclusivamente con il ricorso straordinario ex art.
111 Cost. e non con il ricorso ordinario previsto dall’art. 360 c.p.c.; conseguentemente è
sindacabile in questa sede soltanto il vizio di motivazione che si concreta in una totale carenza
dell’apparato argomentativo, owero in una mera apparenza di esso, e non anche il vizio di
insufficiente motivazione.

L’eccezione è infondata.

Invero ai sensi dell’art. 360 ultimo comma c.p.c. come sostituito dall’art. 2 del D. LGS. 2-2-2006 n.
40 (applicabile ai sensi dell’art. 27 secondo comma dello stesso decreto legislativo ai ricorsi per
cassazione awerso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla entrata in
vigore del medesimo decreto, e quindi anche nella fattispecie, in presenza di un decreto della
Corte territoriale pubblicato il 12-7-2006) “Le disposizioni di cui al primo e terzo comma si

applicano alle sentenze ed ai provvedimento diversi dalla sentenza contro i quali è ammesso il
ricorso per cassazione per violazione di legge”; pertanto tale disposizione ha comportato una
equiparazione totale dei due tipi di ricorso per cassazione (ovvero quello ordinario e quello
straordinario) ai fini dei mezzi di censura con essi proponibili ai sensi dell’art. 360 n. 1 e 3 c.p.c. con
specifico riferimento, dunque, ai diversi vizi della motivazione.

2

Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con il primo motivo il ricorrente, deducendo
violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 18 della L. n. 689/1981 e della L. n. 241/1990 nonché
omessa o insufficiente motivazione, premesso che gli accertamenti ispettivi della Banca d’Italia
erano iniziati il 1-12-2003 e si erano conclusi il 29-10-2004 senza che il trascorrere di tale lasso di
tempo trovasse giustificazione nella natura e nella complessità delle indagini svolte, assume che il
diverso convincimento del decreto impugnato sulla congruità della durata degli accertamenti
ispettivi, costituenti tra l’altro il seguito di altri precedenti accertamenti ispettivi già svoltisi nel
1998, non è incentrato su effettivi riscontri in ordine alla complessità dei medesimi, ma soltanto
sul dato della complessità organizzativa della BNL e sull’ampiezza del periodo di gestione
esaminato, owero su aspetti di per sé non rilevanti.

La censura è infondata.

La Corte territoriale, premesso che il termine di legge per le contestazioni amministrative ex art.
14 della L. n. 689/1981 inizia a decorrere dal momento in cui si è conclusa l’attività di verifica
dell’esistenza delle infrazioni, ha rilevato che nella specie doveva considerarsi che la BNL era una
banca di notevoli dimensioni, diffusa su tutto il territorio nazionale, che il periodo di gestione
esaminato decorreva dal 1999 in poi, e che quindi l’ispezione si era rivelata particolarmente vasta
e complessa, e che la sua durata poteva senza dubbio ritenersi proporzionata alla natura ed alle
difficoltà delle indagini che gli ispettori avevano dovuto compiere.

Orbene anzitutto erroneamente il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 14 sopra menzionato,
posto che la censura da esso sollevata attiene alla durata dell’accertamento ispettivo, per la quale
dalla citata disposizione non può desumersi la previsione di un termine quale condizione di
legittimità dell’accertamento.

3

..

In ogni caso deve rilevarsi che il “dies a quo” del termine per la notifica degli estremi della
violazione non può coincidere con il momento in cui viene acquisito il ‘fatto” nella sua materialità,
ma deve essere inteso come comprensivo del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti
ed afferenti gli elementi (oggettivi e soggettivi) dell’infrazione e, quindi, della fase finale di

sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita sì da
valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione; compete, poi,
al giudice di merito — cui è consentito di esaminare tutti gli atti relativi all’accertamento e di
richiedere che l’autorità specifichi quali accertamenti, indispensabili ai fini delle indagini sopra
indicate, abbia eseguito e quale ne sia stata la durata — determinare il tempo ragionevolmente
necessario all’Amministrazione per giungere ad una simile, completa conoscenza, in modo da
individuare il “dies a quo” di decorrenza del termine, tenendo conto della maggiore o minore
difficoltà del caso concreto e della necessità, comunque, che tali indagini, pur nell’assenza di limiti
temporali predeterminati, avvengano entro un termine congruo; il relativo giudizio, conseguendo
ad un apprezzamento di fatto, è sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di
motivazione (Cass. 4-2-2005 n. 2363; Cass. 30-5-2006 n. 12830); orbene nella fattispecie la Corte
di Appello ha espresso esaurientemente le ragioni che la hanno indotta a ritenere non illegittima la
protrazione delle ispezioni oltre il termine di novanta giorni previsto dall’art. 14 citato, tenuto
conto delle rilevanti dimensioni della BNL, della complessità degli accertamenti e del
considerevole arco di tempo sottoposto ad indagine.

Con il secondo motivo il Tosato, denunciando violazione e falsa applicazione del D.M. del Tesoro
23-2-1992 n. 304 in relazione alla L. n. 241/1990 ed all’art. 145 del TUB, sostiene che,
contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, era rilevante il fatto che nella specie il
decreto ministeriale era stato adottato oltre il termine di trenta giorni fissato dall’art. 1 secondo
4

deliberazione correlata alla complessità, nella fattispecie, delle indagini tese a riscontrare la

comma del D.M. citato; neppure è fondato il riferimento del giudice di appello al termine di giorni
90 previsto dall’art. 2 della legge n. 241/1990 come modificato dalla L. n. 80/2005, in quanto la
pretesa consumazione dell’illecito era avvenuta nel periodo antecedente alla entrata in vigore di
tale legge.

Correttamente il decreto impugnato ha ritenuto che il termine di cui all’art. 2 terzo comma della L.
7-8-1990 n. 241, non è applicabile al procedimento regolato dalla L. 24-11-1981 n. 689,
conformemente all’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui detto
procedimento costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di
carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche
nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve (sentenza 27-4-2006 n. 9591).

Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione della legge n. 241/1990
in relazione all’art. 145 TUB ed al D.M. del Tesoro del 23-3-1992 n. 304 nonché omessa e/o
insufficiente motivazione, censura il decreto impugnato per aver ritenuto il prowedimento
sanzionatorio suddetto sufficientemente motivato “per relationem” agli atti ed ai documenti
adottati dalla Banca d’Italia, senza valutare se, sulla base del contenuto della proposta
sanzionatoria di quest’ultima, considerata come costituente parte integrante della motivazione del
prowedimento sanzionatorio, quest’ultimo potesse ritenersi congruamente motivato.

Sotto ulteriore profilo il Tosato rileva che ai sensi dell’art. 4 del D.M. menzionato l’esponente
avrebbe dovuto ricevere un awiso di awio del procedimento allo scopo di svolgere dinanzi al
Ministero il proprio apporto partecipativo come previsto dagli artt. 10 della legge n. 241/1990 e 5
D.M. citato.

5

Il motivo è infondato.

La censura è infondata.

La Corte territoriale, premesso che ai sensi dell’art. 18 della L. 24-11-1981 n. 689 l’obbligo di
motivazione ivi previsto è in funzione dello scopo di consentire all’ingiunto la tutela dei suoi diritti
mediante l’opposizione, e che, ove dall’ingiunzione risulti la violazione addebitata, si deve ritenere

suindicati, per effetto del richiamo espressamente contenuto nel decreto sanzionatorio alla
proposta di irrogazione della sanzione proveniente dalla Banca d’Italia n. 563214 del 7-6-2005, il
riferimento si estendeva anche alla lettera di contestazione delle irregolarità n. 67950 del 21-12005 esplicitamente richiamata e correttamente allegata alla proposta stessa; inoltre ha escluso
qualsiasi violazione per la mancata possibilità di replica del Tosato ai rilievi ed alle osservazioni
della Banca d’Italia nella proposta sanzionatoria diretta al Ministero, posto che nel procedimento
sanzionatorio ex art. 145 TUB la partecipazione dell’interessato è stata prevista nella particolare
forma delle controdeduzioni e difese presentate alla Banca d’Italia, mentre manca una previsione
legislativa di una fase istruttoria davanti al Ministero che sola potrebbe consentire la suddetta
partecipazione.

Tale convincimento è corretto sotto entrambi i profili richiamati.

Anzitutto deve rilevarsi che il decreto del Ministero del Tesoro con il quale è irrogata a carico dei
componenti del Consiglio di Amministrazione di una banca una sanzione amministrativa per le
violazioni previste dall’art. 145 del D. LGS. n. 385 del 1993 può essere motivato “per relationem”
mediante il rinvio alla proposta di applicazione della sanzione formulata dalla Banca d’Italia (Cass.
20-2-2004 n. 3396), e che nella specie la Corte di Appello ha accertato che il decreto sanzionatorio
conteneva un rinvio ad altri atti del procedimento pienamente conosciuti dall’opponente, il quale
in sede amministrativa aveva potuto compiutamente svolgere le sue difese.
6

assolto l’obbligo richiamato, ha anzitutto rilevato che nella fattispecie, in applicazione dei principi

Quanto poi alla doglianza concernente la mancata partecipazione dell’interessato alla fase del
procedimento svoltosi davanti al Ministero, occorre rilevare che il procedimento diretto
all’irrogazione di sanzioni commesse dai consiglieri di amministrazione degli istituti di credito
previsto dall’art. 145 del D. La. 1-9-1993 n. 385 non prescrive altro, prima dell’adesione con

dalla Banca d’Italia, che la contestazione, da parte della Banca, dell’addebito mosso e la
valutazione delle eventuali controdeduzioni dell’interessato, senza alcuna altra interlocuzione di
quest’ultimo prima del prowedimento Ministeriale (Cass. 18-4-2003 n. 6307; Cass. 22-12-2004 n.
23782).

Con il quarto motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 28 della legge
n. 689/1981 ed omessa motivazione, rileva che il provvedimento sanzionatorio presentava una
evidente genericità riguardo al tempo in cui sarebbero state poste in essere le condotte
addebitate non evidenziata dalla Corte territoriale; inoltre, poiché la contestazione degli addebiti
risaliva al 21-1-2005, la pretesa sanzionatoria riguardante azioni ed omissioni commesse
antecedentemente al 21-1-2000 avrebbe dovuto ritenersi estinta per decorrenza del termine
prescrizionale quinquennale.

Il motivo è infondato.

Il decreto impugnato ha affermato che la ripetitività e la continuatività dei comportamenti come
contestati al punto 1 (l’unica violazione eventualmente interessata alla contestazione del
ricorrente) riguardavano le politiche bancarie seguite fino alla data di conclusione degli
accertamenti, e che le violazioni individuate si ponevano come un comportamento esplicantesi
senza soluzione di continuità fino alla data di conclusione degli accertamenti stessi e, per tale
profilo, avevano carattere permanente; considerando quindi che le violazioni amministrative di
7

decreto motivato del Ministro del Tesoro alla proposta di applicazione della sanzione avanzata

carattere permanente il termine quinquennale di prescrizione ex art. 28 della L. n. 689 del 1981
decorre dalla cessazione della permanenza, la Corte di Appello ha concluso che nella fattispecie la
prescrizione aveva iniziato a decorrere dalla data di conclusione degli accertamenti.

Orbene il fatto che alcune delle contestazioni si riferissero alla gestione della banca a decorrere

medesima condotta si fosse protratta per gli anni successivi, come accertato nella fattispecie; in
altri termini l’applicazione della sanzione è awenuta con riferimento alla sanzione
complessivamente valutata, e certamente non prescritta alla data di applicazione, considerato che
in tema di sanzioni amministrative, allorché l’illecito abbia carattere permanente, la prescrizione
inizia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza (Cass. 21-11-2001 n. 14633).

Con il quinto motivo il Tosato, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1 della legge
n. 689/1981 e 3-25 e 97 Cost. nonché carenza totale ed insufficienza della motivazione, assume
che la Corte territoriale non ha adeguatamente tenuto conto delle censure sollevate dall’istante
avverso la proposta sanzionatoria formulata dalla Banca d’Italia riguardo alla genericità sia delle
disposizioni asseritamente violate, sia degli addebiti, sia dei criteri di imputazione degli addebiti a
carico di ciascuno degli incolpati; in particolare non è stata esaminata la censura relativa al
riferimento in blocco ad interi capitoli delle Istruzioni di Vigilanza; al riguardo ribadisce il principio
secondo il quale la specifica indicazione delle disposizioni asseritamente violate costituisce un
requisito di legittimità del prowedimento amministrativo, con la conseguenza che la sua
inosservanza configura una violazione di legge sindacabile in cassazione; a conclusione del motivo
poi viene formulato il seguente quesito di diritto: ‘Dica la Suprema Corte se nel procedimento

sanzionatorio previsto dagli arti. 144 e 145 TUB deve ritenersi necessaria a carico dell’autorità
procedente, sin dalla contestazione degli addebiti, e nei successivi stadi del procedimento
(proposta di sanzioni, decreto irrogante la sanzione) la specifica individuazione della norma delle
8

dal 1999 non comporta che l’accertamento dovesse essere ritenuto precluso, una volta che la

Istruzioni di Vigilanza asseritamente violata dall’esponente, o se deve ritenersi sufficiente un
richiamo “in blocco” ad interi capitoli delle Istruzioni di Vigilanza”.

Il motivo è infondato.

La Corte di Appello ha rilevato che le prescrizioni violate erano espressamente riportate sia nelle
lettere di contestazione sia nella proposta della Banca d’Italia sia nel decreto sanzionatorio,
osservando che nei suddetti atti erano dettagliatamente descritte le condotte irregolari
riscontrate, poste in relazione alle disposizioni violate; in particolare nelle lettere di contestazioni
l’indicazione delle norme violate era accompagnata dalla analitica descrizione dei fatti addebitati,
distinti in due gruppi, quello riferito agli amministratori e quello riferito ai componenti del collegio
sindacale, corrispondenti alle violazioni delle relative norme di vigilanza espressamente indicate;
quanto ai fatti contestati, poi, gli stessi erano individuati mediante riferimento alle contestazioni
formulate nel rapporto ispettivo.

Si è quindi in presenza di un accertamento di fatto adeguatamente e logicamente motivato,
rispetto al quale le censure del ricorrente si rivelano generiche; il quesito di diritto, poi, non
appare idoneamente formulato, atteso che lo stesso muove da una premessa — quella che la
individuazione delle norme violate non sarebbe stata specifica — che non corrisponde
all’accertamento di fatto compiuto dalla Corte di Appello.

Con il sesto motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1 della legge
n. 689/1981-3-25 e 97 Cost. e 144 TUB nonché carenza totale ed insufficienza della motivazione,
rileva che la Banca d’Italia, nel procedere alla contestazione nei confronti dell’esponente, aveva
omesso non solo l’individuazione dello specifico precetto che assumeva violato, ma addirittura
una puntuale descrizione della condotta attribuita al Tosato; pertanto la Banca d’Italia si era
limitata a formulare generiche valutazioni circa la inidoneità dell’attività di gestione rispetto al
9

.

raggiungimento di determinati obiettivi neppure individuati e l’inadeguatezza dei comportamenti
tenuti dall’istante, con ciò aggiungendo all’oggettiva incertezza di individuazione del precetto una
valutazione talmente discrezionale da apparire arbitraria in quanto priva di parametri di
riferimento; inoltre, avendo attribuito all’esponente la responsabilità per criticità aziendali

conclusione del motivo il ricorrente poi formula il seguente quesito di diritto:

“Dica la Suprema

Corte se nel procedimento sanzionatorio previsto dagli artt. 144 e 145 TUB deve ritenersi
necessaria a carico dell’autorità procedente, sin dalla contestazione degli addebiti, e nei successivi
stadi del procedimento (proposta di sanzioni, decreto irrogante la sanzione) la specifica
individuazione di condotte riferibili agli esponenti aziendali ed a questi imputabili a titolo di dolo o
colpa, o se è consentito a tal fine formulare giudizi di valore di inidoneità o di insufficienza delle
politiche aziendali con riferimento al raggiungimento di obiettivi non prescritti da alcuna norma”.

Il motivo è infondato.

preesistenti, ha configurato a carico dell’intimato una vera e propria responsabilità oggettiva; a

,f‘
La Corte di Appello ha escluso la sussistenza della denunciata indeterminatezza, rilevando che la
descrizione delle condotte sanzionate che compariva sia nelle lettere di contestazione, sia nella
proposta della Banca d’Italia, sia nel decreto ministeriale (ovvero carenza nell’organizzazione
amministrativa e contabile, errate segnalazioni all’organo di vigilanza, carenze nei processi di
credito) era specificamente riferita a fattispecie corrispondenti non solo a diverse norme del TU13,
espressamente citate nei richiamati atti, ma anche alle istruzioni di vigilanza, sicché ben potevano
riscontrarsi, anche nelle disposizioni secondarie, le regole violate; inoltre la Corte territoriale ha
aggiunto che non era seriamente ipotizzabile che il componente del consiglio di amministrazione
di una grande banca quale la BNL, dotato evidentemente dei necessari requisiti di esperienza e di
professionalità, non fosse in grado di comprendere il significato delle prescrizioni impartite dalle
istruzioni di vigilanza, la cui violazione aveva determinato l’irrogazione delle sanzioni
10

amministrative, e che dalle difese presentate con lettere di controdeduzioni e dallo stesso atto di
opposizione era evidente che l’opponente aveva ben compreso gli addebiti a lui mossi, attesa
l’analiticità delle controdeduzioni e dell’atto di opposizione, entrambi incompatibili con una
eventuale indeterminatezza delle contestazioni della Banca d’Italia e, di conseguenza, del decreto

Con specifico riferimento poi alla asserita configurazione a carico del ricorrente di una
responsabilità oggettiva, occorre replicare che l’evidenziata specificità delle violazioni contestate
al Tosatto, e dunque l’insussistenza di generici addebiti di disvalore all’attiva posta in essere da
quest’ultimo quale componente del Consiglio di Amministrazione della BNL, esclude in radice
qualsiasi fondatezza a tale prospettazione.

Infine deve rilevarsi che il quesito di diritto, oltre a non compendiare il complesso delle
argomentazioni sviluppate nel motivo in esame, muove da una premessa — quella che nel corso del
procedimento non si sarebbe avuta la specificazione di condotte riferibili al Tosatto ed a questo
imputabile a titolo di dolo o colpa — che la Corte di Appello ha escluso sulla base di una
motivazione congrua ed immune da vizi logico — giuridici.

Con il settimo motivo il Tosato, deducendo violazione dell’art. 8 della legge n. 689/1981 e carenza
totale ed insufficienza della motivazione, rileva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte
territoriale, il prowedimento sanzionatorio aveva violato la disciplina del concorso formale in
materia di sanzioni amministrative, per essere stato sanzionato l’esponente due volte per le stesse
violazioni, ovvero per le carenze nell’organizzazione e nei controlli interni (punto 1 delle
contestazioni) e per aver inviato errate segnalazioni all’organo di vigilanza (punto 4 delle
contestazioni); invero l’erroneità delle informazioni fornite non era stata ascritta ad un
comportamento doloso degli interessati, ma era stata correttamente ricondotta dalla stessa Banca
li

sanzionatorio.

d’Italia alle disfunzioni del sistema amministrativo — contabile e dei relativi controlli; il motivo si
conclude con il seguente quesito di diritto:

“Dica la Suprema Corte se nel procedimento

sanzionatorio previsto dagli artt. 144 e 145 TUB, debba applicarsi il principio generale stabilito in
materia di sanzioni amministrative dall’art. 8 L. 689/81”.

Invero ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. il quesito inerente ad una censura di diritto — dovendo
assolvere alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio giuridico generale — non può essere meramente generico e teorico, ma
deve essere calato nella fattispecie concreta per mettere la Corte in grado di poter comprendere
dalla sua sola lettura l’errore asseritamente compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile;
ne consegue che esso non può consistere in una semplice richiesta di accoglimento del motivo
ovvero nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di
principio o della censura così come illustrata nello svolgimento del motivo.

Orbene nella fattispecie la Corte territoriale ha affermato che dalla stessa esposizione
dell’esponente emergeva che le violazioni erano diverse, riguardando la prima il comportamento
omissivo posto in essere nell’attività propria di componente del Consiglio di Amministrazione nei
confronti della banca di cui costituiva organo apicale, e la seconda l’attività svolta dal componente
del Consiglio di Amministrazione nel rapporto con l’Autorità di vigilanza; pertanto appare evidente
che, anche in ipotesi di risposta affermativa al quesito di diritto sopra formulato, nessuna ricaduta
utile ai fini della decisione potrebbe discendere da essa, essendo del tutto carente il profilo
attinente alla sussistenza, nel caso di specie, di una situazione di concorso formale, che invece
costituisce il punto sul quale si incentra la censura.

12

Il motivo è inammissibile per la inidoneità del quesito con il quale esso si conclude.

Con l’ottavo motivo il ricorrente, deducendo violazione degli artt. 3 ed 11 della legge n. 689/1981
nonché carenza totale ed insufficiente motivazione, censura il decreto impugnato per non avere la
Corte di Appello esaminato il motivo di opposizione con il quale si denunciava carenza di
motivazione del decreto sanzionatorio in ordine alla misura delle sanzioni, essendo stato

delle dimensioni aziendali e della complessiva situazione tecnica dell’intermediario emersa nel
corso degli accertamenti; pertanto il decreto impugnato ha fatto riferimento ad elementi (quali
appunto le dimensioni aziendali e la situazione tecnica dell’intermediario) che non vengono in
considerazione tra quelli che devono essere seguiti per graduare la sanzione ai sensi dell’art. 11
sopra menzionato; a conclusione del motivo il ricorrente formula il seguente quesito:

“Dica la

Suprema Corte se — con riferimento alla determinazione della misura delle sanzioni amministrative
pecuniarie a carico di esponenti bancari nell’ambito del procedimento sanzionatorio previsto dagli
artt. 144 e 145 TUB – deve ritenersi consentito o meno fare ricorso a criteri non previsti dall’art. 11
L 689/81 quali le dimensioni aziendali o la complessiva situazione tecnica dell’intermediario”.

Il motivo è inammissibile.

Atteso che la censura in esame si risolve in una omessa pronuncia su di un motivo di opposizione,
il ricorrente avrebbe dovuto dedurre la violazione dell’art. 112 c.p.c. onde consentire al Collegio,
attraverso la denuncia di un “error in procedendo”, di esaminare e verificare se ed in quali termini
la censura era stata proposta e se rispetto alla suddetta censura il decreto impugnato evidenziasse
omissioni di pronuncia.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.

P.Q.M.
13

determinato l’importo della sanzione in considerazione della gravità della violazioni, tenuto conto

La Corte
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di giudizio che liquida, in favore
della Banca d’Italia, in euro 200,00 per esborsi ed in euro 4.000,00 per compensi e, in favore del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate

Così deciso in Roma l’I1-4-2014

Il Presidente

a debito.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA