Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13049 del 27/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 27/05/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 27/05/2010), n.13049

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentate pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.I.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 578/2008 della CORTE D’APPELLO di MESSINA

dell’8/05/08, depositata il 30/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Letta la sentenza con cui la Corte d’appello di Messina, confermando la statuizione di primo grado, dichiarava il diritto di D. I.G. alla trasformazione – dal momento della relativa domanda – della pensione di invalidità di cui alla L. n. 1272 del 1939, in pensione di vecchiaia, affermando che i periodi di godimento di quella prestazione erano utili ai fini del diritto alla maturazione della pensione di vecchiaia; soggiungeva la Corte che l’interesse alla trasformazione consisteva nel vantaggio di ottenere una prestazione definitiva, essendo invece revocabile la pensione di invalidità, e nel fatto che vi era comunque salvezza del trattamento previdenziale più favorevole;

Letto il ricorso dell’Inps;

Letta la relazione resa e art. 380 bis c.p.c., di manifesta fondatezza del ricorso;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili;

E’ stato infatti già affermato (Cass. n. 18580 del 07/07/2008, n. 21292 del 06/10/2009) che “La trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione di invalidità. Infatti, deve escludersi la possibilità di applicare alla pensione di invalidità la diversa regola prevista dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, in riferimento all’assegno di invalidità – secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia – giacchè ostano a siffatta operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione di invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento dell’anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di attività lavorativa e di versamento di contributi, nonchè le differenze esistenti tra la disciplina sulla pensione di invalidità e quella sull’assegno di invalidità, là dove quest’ultimo, segnatamente, è sottoposto a condizioni più rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti.” Ritenuto che va ulteriormente precisato che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, non esiste la regola del mantenimento del trattamento previdenziale più favorevole – per cui la pensione di vecchiaia, avente origine dalla trasformazione non può essere di importo inferiore rispetto a quello di cui alla pensione di invalidità già in godimento – perchè detta regola è stata dettata dalla L. n. 222 del 1984 (art. 1, comma 10) solo per il caso di trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia, mentre nulla è previsto per la pensione di invalidità di cui alla L. n. 1272 del 1939.

Invero, è già stato chiarito (Cass. 18580/2008) che la applicazione alla pensione di invalidità delle stesse regole previste per l’assegno dalla L. n. 222 del 1984, appare da escludere considerando le profonde differenze che corrono tra le due prestazioni e che ne giustificano la diversa disciplina, essendo la prima molto più favorevole rispetto alla seconda: in primo luogo cambiano le condizioni relative alla misura dello stato invalidante, giacchè la riduzione della capacità di “guadagno” prevista per la pensione investiva un ambito di operatività più ampio rispetto alla riduzione della capacità di “lavoro” prevista per l’assegno; inoltre la pensione di invalidità era prestazione a carattere definitivo, soggetta solo a revoca per riacquisto della capacità di guadagno (R.D.L. n. 636 del 1939, art. 10), mentre l’assegno ha durata triennale, confermabile su domanda dell’interessato; inoltre la pensione è integrabile al minimo, mentre l’assegno non lo è nella stessa misura; più oneroso è il requisito contributivo, poichè, se per entrambi è previsto il quinquennio di contribuzione, per l’assegno sono necessari tre anni di contribuzione nell’ultimo quinquennio (L. n. 222 del 1984, art 4), mentre per la pensione era sufficiente un solo anno.(L. n. 1272 del 1939, art. 9, n. 2, lett. b); inoltre, vi è una ulteriore peculiarità che giustifica la diversità di disciplina, e cioè che la pensione di invalidità era reversibile ai superstiti, mentre l’assegno non lo è. Inoltre la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 18 del 1998 ha affermato che “…nessun principio costituzionale -ne, del resto, la disciplina previdenziale nel suo complesso – accordano tutela alla pretesa dell’assicurato al trattamento pensionistico complessivo più favorevole.”.

Ritenuto che, pertanto, il titolare della pensione di invalidità che chieda la trasformazione di questa in pensione di vecchiaia, ne avrà diritto, dalla data della domanda, se in possesso dei requisiti previsti per la pensione di vecchiaia medesima, senza il computo dei periodi di godimento della prestazione precedente e nella misura spettante, che potrà essere quindi anche inferiore rispetto a quella della pensione di invalidità di cui godeva;

Ritenuto che pertanto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla medesima C.A. di Messina in diversa composizione, a cui è rimesso di accertare il possesso dei requisiti per il diritto a pensione di vecchiaia, nei termini sopra stabiliti, rimettendo al Giudice del rinvio anche la statuizione delle spese del presente processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2010

 

 

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