Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13049 del 24/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13049 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 18906-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona

del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
1780

PELLACANI RAFFAELLA;
– intimata

avverso la sentenza n. 75/2009 della COMM.TRIB.REG.

di GENOVA, depositata il 26/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 24/06/2015

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udienza del

06/05/2015 dal Consigliere Dott.

FRANCESCO TERRUSI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS che ha
chiesto raccoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per

18906-10

Svolgimento del processo
La contribuente impugnava dinanzi al giudice
tributario una deliberazione dell’agenzia delle entrate
con la quale era stata revocata la sospensione di una
cartella esattoriale per l’omesso versamento del
contributo per il SSN dell’anno 1997, e comunicato il
mancato riconoscimento della dichiarazione integrativa
presentata ai sensi dell’art. 8 della 1. n. 289 del 2002.
L’adita commissione tributaria provinciale di La
Spezia accoglieva il ricorso.
La sentenza veniva appellata dall’agenzia delle
entrate sul rilievo che la cartella di pagamento, seppure
provvisoriamente sospesa in via amministrativa, non era
stata mai impugnata, sicché il ricorso della contribuente
non avrebbe potuto determinare l’annullamento
dell’iscrizione a ruolo.
La commissione tributaria regionale della Liguria ha
respinto l’appello dell’amministrazione ponendo in
rilievo: (i) che il provvedimento dal quale la
controversia era originata, contenendo un diniego di
condono, rientrava tra gli atti impugnabili ai sensi
dell’art. 19, l ° co., lett. h), del d.lgs. n. 546-92; (ii)
che l’ufficio avrebbe dovuto emettere un avviso di
accertamento, avendo la parte negato, di fatto, qualunque
debenza in ordine al contributo al SSN, e dunque non
avrebbe potuto utilizzare lo strumento dell’art. 36-bis
del d.p.r. n. 600 del 1973; (iii) che l’amministrazione,

Cartella di
pagamento —
condono ex art. 8
della I. n. 289-02
diniego—
mancata
impugnazione
della cartella —
inammissibilità
del ricorso contro
il diniego

con la comunicazione inviata alla contribuente, aveva
inteso riattivare gli effetti della cartella esattoriale
illegittima, da intendersi annullati dal fruito condono;
(iv) che infine occorreva tener conto del comportamento
corretto del contribuente nell’intera vicenda, anche ai
sensi della l. n. 212 del 2000.
L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per
cassazione articolando due motivi.
La parte intimata non ha svolto difese.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo di ricorso, deducendo
violazione dell’art. 21, 1 0 co., del d.lgs. n. 546 del
1992, l’amministrazione nuovamente eccepisce che la
cartella di pagamento di cui si discute era divenuta
definitiva per mancata impugnazione, donde nessuna censura
era più possibile muovere avverso l’iscrizione a ruolo.
Col secondo motivo di ricorso, deducendo violazione
dell’art. 112 c.p.c., in combinato disposto all’art. 21,
1 ° co., del d.lgs. n. 546-92, l’amministrazione censura la
sentenza per aver omesso di pronunciarsi sull’eccezione
preliminare di inammissibilità dell’avverso ricorso ai
sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 546-92, giustappunto in
quanto la cartella esattoriale oggetto del giudizio non
era stata impugnata.
– Il ricorso, i cui motivi possono essere
esaminati congiuntamente perché connessi, è fondato nei
termini che seguono.

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La controversia – per quanto si apprende – origina da
una cartella esattoriale notificata ai sensi dell’art. 36bis del d.p.r. n. 600 del 1973.
Dalla sentenza non risulta esplicitamente considerata
la questione, ivi dall’amministrazione eccepita, della
mancata impugnazione della cartella suddetta. Risulta
invero che la cartella era stata semplicemente sospesa in
via amministrativa, e che la controversia aveva avuto a
oggetto il provvedimento di revoca della sospensione e di
comunicazione del diniego di condono.
La decisione del giudice d’appello è incentrata sul
rilievo secondo cui, mediante la comunicazione di revoca
della sospensione e di disconoscimento del condono,
l’amministrazione aveva inteso “riattivare gli effetti di
un provvedimento (cartella esattoriale) illegittimo”.
Tale rilievo tuttavia non consente di superare
l’elemento critico sollevato dall’amministrazione fin
dalla costituzione in primo grado, vale a dire che la
cartella non era stata impugnata.
III. – Occorre evidenziare che l’impugnata sentenza
contiene anche una seconda considerazione. Dice che “gli
effetti della cartella” dovevano intendersi “annullati dal
condono adito dal contribuente”.
Si impone di stabilire se tale seconda considerazione
assuma o meno dignità di

ratio decidendi

autonoma,

suscettibile, cioè, di sostenere di per sé la decisione
giurisdizionale di annullamento dell’iscrizione a ruolo a

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prescindere dalla questione della mancata impugnazione
della cartella.
All’interrogativo va data risposta negativa.
Si discuteva infatti del condono di cui all’art. 8
della 1. n. 289 del 2002 (dichiarazioni integrative degli
imponibili per gli anni pregressi), ai fini del cui
perfezionamento costituisce adempimento imprescindibile la
presentazione di una dichiarazione integrativa nei termini
previsti dalla medesima disposizione, non essendo
sufficiente il solo pagamento dei maggiori importi dovuti,
pur se tempestivamente versati. La presentazione di detta
dichiarazione è finalizzata a consentire all’erario di
determinare correttamente la base imponibile e di
stabilire se le somme corrisposte dal contribuente siano
state esattamente calcolate (v. Sez. 5^ n. 26506-11).
Come questa corte ha avuto modo di stabilire, la
domanda di condono presentata ai sensi dell’art. 8 1. 27
dicembre 2002 n. 289 (riguardante l’integrazione degli
imponibili negli anni pregressi) preclude in virtù di
quanto poi stabilito dalla lett. a) del 6 ° coma —
l’attività di accertamento dell’amministrazione
finanziaria ma non la liquidazione delle imposte ex art.
36-bis d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600.
Nell’art. 8 cit. non è prevista una specifica
clausola di salvezza per tale forma di liquidazione. Ma
questo si è sempre ritenuto irrilevante perché la
previsione di una simile clausola evidentemente non era
necessaria per essere quest’ultima attività del tutto

4

t

diversa e distinta dall’accertamento,

a differenza

dell’ipotesi del condono tombale previsto dall’art. 9
della 1. n. 289-02, nel quale (al 9 0 comma) una previsione
espressa di salvezza dell’attività liquidatoria è stata
stabilita per il fatto che, in tal caso, il legislatore ha
ritenuto possibile il sorgere di qualche dubbio

interpretativo, così da decidere di indicarla
esplicitamente (v. Sez. 5″ n. 12360-11, ma anche, al
riguardo, Sez. 5^ n. 647-14).
In

sostanza,

quanto

alla

integrazione

degli

imponibili per gli anni pregressi, la legge inibisce
l’esercizio dei poteri di accertamento degli uffici
finanziari, ma non gli effetti della liquidazione delle
imposte e del controllo formale in base all’art. 36-bis
del d.p.r, 29 settembre 1973, n. 600.
Tali effetti restano salvi. Sicché le variazioni dei
dati dichiarati non rilevano ai fini del calcolo delle
maggiori imposte dovute ai sensi della predetta norma.
IV. – Finanche ipotizzata, allora, una dichiarazione

integrativa rilevante ai sensi dell’art. 8 della 1. n.
289-02, poteva sempre essere notificata la cartella
esattoriale a seguito del controllo automatizzato ex art.
36-bis. E in tal- caso la cartella non restava affatto
travolta dal condono. Per cui, onde contestare il
legittimo esercizio del potere liquidatorio (o di
rettifica cartolare), era comunque necessario impugnarla.
Il punto qualificante della controversia non è stato
considerato dalla commissione tributaria regionale.

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Tenuto conto dei superiori principi, è errata e
apodittica la considerazione secondo cui la cartella
dovevasi ritenere “annullata” dal condono fruito dal
contribuente; e una simile considerazione resta infine
travolta dall’eccezione secondo la quale la cartella non
era stata direttamente impugnata, così da aver determinato

la cristallizzazione del debito tributario.
V. – L’impugnata sentenza va dunque cassata e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (posto
che è pacifico che la cartella di pagamento non era stata
impugnata), può la corte decidere la controversia anche
nel merito, provvedendo a dichiarare l’inammissibilità
dell’originario ricorso della parte contribuente avverso
la comunicazione contenente, in unico contesto, la revoca
della sospensione della cartella e il diniego di condono.
La intrinseca difficoltà della questione sottostante,
sulla quale non si registrano specifici precedenti della
corte, giustifica, per l’intero giudizio, la compensazione
delle spese processuali.
p.q.m.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata
sentenza e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile
l’originaria impugnazione del contribuente avverso la
comunicazione di revoca della sospensione della cartella
esattoriale e di

diniego di

condono; compensa le spese

dell’intero giudizio.
Deciso in Roma, nella camera di

consiglio

della

quinta sezione civile, addì 6 maggio 2015.

6

Il
nsigliere estensore
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