Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13049 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13049 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA

sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:
ZADNIK Branko, rappresentato e difeso,

per procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Nicola
Staniscia, presso lo studio del quale in Roma, via
Crescenzio n. 20, è elettivamente domiciliato;
STANISCIA Nicola, rappresentato e difeso da se medesimo ai
sensi dell’art. 86 cod. proc. civ., elettivamente
domiciliato presso il proprio studio in Roma, via
Crescenzio n. 20;
ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

q09„,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale

Data pubblicazione: 10/06/2014

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– con troricorrente avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia n. 927

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10 aprile 2014 dal Presidente relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Aurelio Golia, che ha chiesto il rigetto
del ricorso.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 21

gennaio 2008 presso la Corte d’appello di Perugia, Zadnik
Branko, quale erede di Zadnik Albina, già erede di Zadnik
Silvester, chiedeva la condanna del Ministero della
giustizia al pagamento del danno non patrimoniale derivato
dalla irragionevole durata di un giudizio iniziato
dinnanzi al Tribunale di Roma e conclusosi con sentenza
della Corte di cassazione;
che si costituiva il Ministero della giustizia
eccependo la nullità della procura conferita dalle
ricorrenti sul presupposto che la stessa era stata
rilasciata fuori del territorio italiano e chiedendo
l’ammissione di interrogatorio formale delle ricorrenti;

del 2011, depositato in data 6 ottobre 2011.

che l’adita Corte d’appello disponeva l’espletamento
di una rogatoria internazionale al fine di poter
interrogare le ricorrenti sul luogo di rilascio della
procura;

ordine all’espletamento della disposta rogatoria;
che la difesa del ricorrente sollecitava la revoca
delle ordinanze con le quali era stata disposta la proroga
dei termini per l’assunzione della prova;
che l’istanza veniva rigettata e nel corso del
procedimento veniva acquisita documentazione;
che ricevuta risposta alla rogatoria, la Corte
d’appello, disattese tutte le eccezioni formulate dalla
difesa del ricorrente, riteneva che le dichiarazioni della
parte non consentissero di affermare che egli aveva
sottoscritto la procura per la proposizione del ricorso
per equa riparazione, sicché la procura stessa doveva
ritenersi inesistente, con conseguente inammissibilità del
ricorso e condannava l’Avvocato Staniscia in proprio al
pagamento delle spese del giudizio;
che avverso questo dec r eto Zadnik Branko e l’Avvocato
Staniscia, in proprio, hanno proposto ricorso affidato a
cinque motivi;
che il Ministero della giustizia ha resistito con
controricorso.

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che seguivano numerosi rinvii non avendosi notizie in

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti

cod. proc. civ., come modificato dalla legge n. 69 del
2009, nonché degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.,
rilevando che per effetto della modificazione dell’art.
182 cod. proc. civ. deve ormai ritenersi introdotto nel
nostro ordinamento processuale il principio della
sanabilità della procura alle liti, con effetto

ex tunc,

ovvero dal momento della instaurazione del giudizio; con
la precisazione che, secondo l’interpretazione offerta in
proposito dalle Sezioni Unite di questa Corte, il giudice

non ha una mera facoltà di aaaegnare un termìnu per la
regolarizzazione della

procura, ma un vero e proprio

dovere di assegnazione di un termine alla parte a tal
fine;
che, in ogni caso, i ricorrenti producono in sede di
legittimità procura speciale al fine di ratificare quella
originariamente apposta al ricorso introduttivo,
sostenendo che la detta sanatoria possa operare anche in
sede di legittimità;
che con il secondo motivo i ricorrenti denunciano
violazione o falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 112

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denunciano violazione o falsa applicazione dell’art. 182

e 203 cod. proc. civ., dolendosi del fatto che la Corte
d’appello non abbia accertato la nullità della rogatoria,
svolta in violazione delle stesse disposizioni impartite
dalla Corte d’appello in sede di ammissione, e

essere sottoposta in visione la procura rilasciata a
margine della domanda di equa riparazione; nonché del
fatto che nessun avviso era stato dato al difensore in
ordine ai tempi e al luogo di svolgimento della rogatoria;
che con il terzo motivo di ricorso, con il quale si
deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 154,
184-bis,

204 e 294 cod. proc. civ., i ricorrenti si

dolgono poiché la mancata tempestiva istanza di proroga
avrebbe determinato la decadenza dell’Avvocatura dal
diritto di far assumere la prova che era stata delegata,
decadenza, peraltro, tempestivamente eccepita;
con il quarto motivo i ricorrenti deducono violazione
o falsa applicazione degli artt. 83 e 221 cod. proc. civ.,
dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto
necessaria la querela di falso essendo stati posti in
discussione sia il luogo che la data di rilascio della
procura;
che con il quinto motivo, l’Avvocato Staniscia
denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 162,
83 e 91 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione, in

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segnatamente di quella per cui alla parte avrebbe dovuto

ordine al capo del decreto impugnato con il quale è stata
disposta la sua condanna in proprio al pagamento delle
spese processuali;
che il primo motivo di ricorso è infondato;

ha avuto inizio prima del 4 luglio 2009, deve escludersi
che in quel giudizio potesse trovare applicazione l’art.
182, secondo coma, cod. proc. civ., come modificato
dall’art. 46 della legge n. 69 del 2009, a norma del quale
«quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza
o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la
nullità della procura al difensore, il giudice assegna
alle parti un termine perentorio per la costituzione della
persona alla quale spetta la rappresentanza o
l’assistenza, per il rilascio delle necessarie
autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle
liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del
termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e
processuali della domanda si producono fin dal momento
della prima notificazione»;
che la citata disposizione, ai sensi dell’art. 58
della legge n. 69 del 2009, trova applicazione ai
procedimenti iniziati successivamente alla entrata in
vigore delle medesima legge, e cioè dopo il 4 luglio 2009;

che, invero, posto che il giudizio di equa riparazione

che non potrebbe neanche ritenersi che la citata
disposizione dovesse essere applicata seguendo
l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa
Corte (Cass., S.U., n. 9217 del 2010), hanno affermato che

applicabile

ratione temporis,

introdotte dalla

legge

anteriore alle modifiche

n. 69 del 2009), secondo cui il

giudice che rilevi un difetto di rappresentanza,
assistenza o autorizzazione “può” assegnare un termine per
la regolarizzazione della costituzione in giudizio,
dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica
apportata dall’art. 46, comma secondo, della legge n. 69
del 2009, nel senso che il giudice “deve” promuovere la
sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e
indipendentemente dalle cause del predetto difetto,
assegnando un termine alla parte che non vi abbia già
provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc,

senza

il limite delle preclusioni derivanti da decadenze
processuali»;
che tale principio, all’evidenza, offre un criterio
interpretativo dell’art. 182, secondo comma, cod. proc.
civ. relativamente al contenuto di tale disposizione prima
della entrata in vigore delle modificazioni apportate nel
2009, non anche con riferimento ad un contenuto normativo
per l’innanzi inesistente, quale è quello relativo alla

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«l’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo

rilevazione di un vizio che determina la nullità della
procura al difensore;
che deve quindi escludersi la sussistenza, nel caso di
specie, dell’obbligo, che i ricorrenti ritengono sia stato

per la regolarizzazione della procura;
che, d’altra parte il rilascio del nuovo mandato
riprodotto nel testo del ricorso per cassazione è
evidentemente irrilevante ai fini dell’applicazione
dell’art. 182 cod. proc. civ., perché è avvenuto dopo la
pronuncia della Corte di appello impugnata per cassazione;
che il terzo motivo, all’esame del quale deve
procedersi in ordine logico, è fondato;
che, come già chiarito da questa Corte, il termine
fissato dal giudice istruttore per l’assunzione dei mezzi
di prova fuori della circoscrizione del tribunale (art.203
cod. proc. civ.) ha carattere ordinatorio, sicché la
relativa istanza di proroga (da rivolgersi all’autorità
delegante, ex art. 203, ultimo comma, cod. proc. civ.,
richiamato, in tema di rogatorie ad autorità estere o
consolari, dal successivo art. 204, ultimo comma) deve
essere presentata prima della scadenza del termine stesso,
giusta disposto dell’art. 154 del codice di rito, con la
conseguenza che l’istanza presentata successivamente alla
sua scadenza comporta la decadenza della parte dal diritto

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violato, del giudice di concedere alla parte un termine

di far assumere la prova delegata, e non soltanto dal
diritto di far assumere, per delega, la prova medesima (v.
Cass., sent. n. 4877 del 2005; Cass. n. 4613 del 2013);
che, dunque, essendo stato, nella specie, il termine

fissato al 30 novembre 2008, e prorogato di ufficio al 31
dicembre 2009, al momento della esecuzione della prova,
trasmessa tra il mese di aprile e quello di giugno 2010,
si era già verificata la decadenza dall’assunzione della
stessa;
che l’accoglimento del terzo motivo comporta
l’assorbimento del secondo e del quinto, concernente la
condanna del difensore in proprio al pagamento delle
spese;
che il quarto motivo è infondato, atteso che la
questione sollevata dall’Avvocatura dello Stato in
relazione alla quale era stata disposta la rogatoria dalla quale essa è risultata, poi, decaduta, con
conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni ivi
contenute – non concerneva la veridicità della procura, ma
solo la mancata indicazione del luogo di rilascio della
stessa;
che, conclusivamente, rigettato il primo e il quarto
motivo, accolto il terzo, assorbiti il secondo e il
quinto, il decreto impugnato deve essere cassato in

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per il completamento della rogatoria, originariamente

relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte
d’appello di Perugia che, in diversa composizione,
riesaminerà la controversia tenendo conto della
intervenuta decadenza dell’Avvocatura dello Stato dalla

nell’interrogatorio formale del ricorrente, nel luogo di
residenza dello stesso, in ordine alla circostanza
relativa al luogo di rilascio della procura nel giudizio
di equa riparazione di cui si tratta;
che al giudice del rinvio è demandata altresì la
regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte
ricorso,
quinto;

rigetta

accoglie
cassa

il primo e il quarto motivo di

il terzo, assorbiti il secondo e il

il decreto impugnato in relazione alle

censure accolte e rinvia,

anche per le spese del giudizio

di legittimità, alla Corte d’appello di Perugia, in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione,
il 10 aprile 2014.

assunzione della prova delegata consistente

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