Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13048 del 24/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/05/2017, (ud. 16/03/2017, dep.24/05/2017),  n. 13048

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22841/2010 R.G. proposto da:

F.R., rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Vulpiani, con

domicilio eletto in Roma, viale Angelico, n. 38, presso lo studio

dell’Avv. Ugo Ojetti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’economia e delle finanze e Agenzia delle entrate;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle

Marche, n. 105/2/09 depositata il 26 giugno 2009.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 marzo 2017

dal Consigliere Emilio Iannello.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.R. propone ricorso, con tre mezzi, nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle entrate, avverso la sentenza in epigrafe con la quale la C.T.R. delle Marche, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, ha ritenuto legittimo il diniego di rimborso dell’Irpef versata in eccesso per l’anno 1998 richiesto in ragione del minor valore del reddito di partecipazione nella società “Autotrasporti di P.P. di F.R. & C. s.n.c.” discendente dalla diminuzione del reddito societario a sua volta causata dalla perdita subita nello stesso anno dalla partecipata “Trasporti Parma s.n.c.”.

I giudici d’appello hanno infatti ritenuto che “la riduzione del valore della partecipata “Trasporti Parma s.n.c.” poteva essere apprezzata dalla “Trasporti P.P. di F.R. & C. s.n.c.” solamente in un momento successivo alla chiusura dell’esercizio 1998 e quindi nell’anno 1999″, ragione per cui “la minusvalenza sulla partecipazione non era di competenza dell’esercizio 1998”.

Gli enti intimati non hanno svolto difese nella presente sede; l’Agenzia delle entrate ha tuttavia depositato c.d. atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la contribuente deduce “nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5” per avere la C.T.R. omesso di pronunciarsi sulla eccezione di inammissibilità dell’appello proposto in ragione della novità dei motivi addotti dall’Ufficio relativamente alla asserita imputabilità della minusvalenza al successivo anno d’imposta e per non avere comunque illustrato il percorso logico attraverso il quale ha ritenuto tale eccezione fondata.

Formula i seguenti quesiti:

“i) sussiste nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., nonchè omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, per non avere il Giudice d’appello considerato le eccezioni di inammissibilità dell’appello sollevate dalla F. che aveva contestato il carattere della novità dei motivi addotti dall’Ufficio relativamente alla pretesa assenza delle condizioni per il riconoscimento del costo relativo alla sopravvenuta scoperta della perdita di esercizio;

“ii) sussiste nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., nonchè omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, per non avere proceduto il Giudice d’appello ad una approfondita disamina logico-giuridica degli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento così da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito”.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ. per non avere i giudici d’appello rilevato l’inammissibilità dell’ampliamento dei motivi di diniego operato dall’Ufficio in sede di gravame, in violazione del principio della domanda.

E’ formulato il seguente quesito:

“sussiste nullità della sentenza per vizio della pronuncia, per violazione da parte del Giudice di appello dell’art. 345 c.p.c. e falsa od omessa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, anche in relazione all’art. 112 c.p.c. per non avere il Giudice d’appello considerato che l’Agenzia delle entrate aveva illegittimamente integrato i motivi del diniego impugnato ed invece di dichiarare il motivo inammissibile, proprio sul quel motivo, sul quale non v’era stato rituale contraddittorio, in violazione del principio della domanda, ha pronunciato la sentenza”.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce infine violazione e falsa applicazione dell’art. 75 (ora 109) t.u.i.r., nonchè dell’art. 116 cod. proc. civ., e “correlato” vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione al suindicato convincimento espresso circa l’imputabilità della minusvalenza a diverso periodo di imposta.

Formula al riguardo i seguenti quesiti di diritto:

“i) va annullata la sentenza per violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109 TUIR) ed art. 116 c.p.c., e correlato vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver il Giudice d’appello considerato che a termini del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75: a) la copertura delle perdite afferiva all’esercizio 1998 e non poteva esser portata in deduzione nell’anno successivo; b) non è consentito al contribuente scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza;

“ii) va annullata la sentenza per violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109 TUIR), nonchè art. 116 c.p.c. e correlato vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver il Giudice d’appello considerato che la “Autotrasporti P. s.n.c.” aveva depositato nei termini la dichiarazione Unico 99, relativa ai redditi 1998, correttiva, inserendo le rettifiche per cui è causa e che tale dichiarazione, alla quale il socio si deve attenere sostituisce l’originaria dichiarazione, diventando essa stessa la dichiarazione originaria”.

4. Tutti i predetti motivi si appalesano inammissibili per inadeguatezza dei quesiti formulati.

4.1. In particolare, i quesiti di diritto sono inidonei ad assolvere la precipua funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale (v. Cass. 19/11/2010, n. 23448); manca in particolare un riferimento compiuto alle peculiarità del caso specifico necessario al fine di comprendere la pertinenza e la decisività dei principi che si chiede siano enunciati: essi stessi del resto a ben vedere mancanti o comunque formulati in maniera del tutto generica attraverso la mera proposizione di astratti quesiti giuridici, in relazione ai quali – piuttosto che individuarsi la diversa o incompatibile regula iuris che sarebbe stata applicata in sentenza e l’errore in cui pertanto essa sarebbe incorsa – si richiede sostanzialmente un nuovo esame nel merito della controversia, ovviamente non consentito in questa sede.

Varrà al riguardo rammentare che una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso, la parte – dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso – esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (Cass. Sez. U. 26/03/2007, n. 7258). E’ perciò inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass. Sez. U. 11/03/2008, n. 6420; Cass. 20/06/2008, n. 16941); come è parimenti inammissibile il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi sia accompagnata dalla formulazione di un quesito di diritto che si risolve in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso sub iudice (Cass. Sez. U. 02/12/2008, n. 28536).

4.2. Anche i momenti di sintesi formulati in relazione al primo e al terzo motivo di ricorso, con i quali si denuncia anche vizio di motivazione, si appalesano inadeguati a svolgere la funzione per la quale essi erano prescritti, ovvero quella di consentire – attraverso la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione” – la immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente (v. e pluribus Cass. 18/12/2013, n. 28242; Cass. 08/03/2013, n. 5858).

Essi invece si risolvono nella mera generica sollecitazione, rivolta alla Corte, di una valutazione della fondatezza delle censure.

5. Varrà comunque soggiungere che i primi due motivi, muovendo dal presupposto della novità del rilievo relativo alla imputabilità della minusvalenza a diverso esercizio, postulano infondatamente un onere di specifica contestazione dello stesso sin dal primo grado di giudizio.

E’ bensì vero, infatti, che, anche al processo tributario – caratterizzato, al pari di quello civile, dalla necessità della difesa tecnica e da un sistema di preclusioni, nonchè dal rinvio alle norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili – è applicabile il principio generale di non contestazione che informa il sistema processuale civile (con il relativo corollario del dovere del giudice di ritenere non bisognevoli di prova i fatti non espressamente contestati), il quale trova fondamento non solo negli artt. 115, 167 e 416 cod. proc. civ., ma anche nel carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena, nella generale organizzazione per preclusioni successive, che caratterizza in misura maggiore o minore ogni sistema processuale, nel dovere di lealtà e di probità previsto dall’art. 88 cod. proc. civ., il quale impone alle parti di collaborare fin dall’inizio a circoscrivere la materia effettivamente controversa, e nel generale principio di economia che deve sempre informare il processo, soprattutto alla luce del novellato art. 111 Cost..

Ciò non toglie, però, che tale principio opera sul piano della prova, cosicchè nel processo tributario esso non elide l’operatività dell’altro principio – operante sul piano dell’allegazione e collegato alla specialità del contenzioso tributario – secondo cui la mancata presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione delle affermazioni che tali motivi sostanziano, nè determina il restringimento del thema decidendum ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del contribuente consente all’Ufficio impositore, qualora le questioni da quello dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, le diverse argomentazioni difensive da opporre alle domande subordinate avversarie (v. Cass. 18/06/2014, n. 13834; Cass. 03/04/2006, n. 7789).

Nè il fatto che nella specie si tratti di diniego di rimborso muta i termini della questione.

Anche in tal caso, infatti, il processo tributario, benchè sub specie di giudizio di rimborso, costituisce sempre un giudizio d’impugnazione di un atto autoritativo dell’amministrazione finanziaria sull’istanza del contribuente. Per cui è l’atto impugnato (finanche nella forma del silenzio-rifiuto) a esprimere la posizione processuale dell’amministrazione nel giudizio, posizione che non può essere modificata se non attraverso un idoneo atto di autotutela. Pertanto, ove il peso dei fatti costitutivi della pretesa fatta valere in giudizio non incomba, come nella specie, sull’amministrazione finanziaria, questa non ha l’onere di contestare espressamente i fatti affermati dal contribuente (cfr. Cass. 18/11/2011, n. 24262; Cass. 06/09/2006, n. 19187).

6. La censura di vizio motivazionale, poi, pure svolta sul punto con il primo motivo, si appalesa infondata apparendo esposte in modo chiaro ancorchè sintetico le ragioni della ritenuta diversa imputabilità temporale della minusvalenza e non avendo per contro la ricorrente indicato gli elementi che, idonei a condurre a diversa conclusione, sarebbero stati trascurati o incongruamente valutati; l’assunto anzi si rivela contraddetto dall’esplicito riconoscimento (a pagina 2 del ricorso) che “la perdita subita nell’anno in esame dalla partecipata “Trasporti Parma”” costituisce “fatto di cui si veniva a conoscenza solo in data successiva alla presentazione della dichiarazione”.

7. L’affermazione poi della idoneità di tale circostanza a giustificare l’imputazione del componente negativo di reddito di che trattasi all’anno successivo d’imposta si rivela pienamente rispettosa del disposto di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 (ora 109), comma 1, a mente del quale “i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme del presente capo non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni”.

Si ricava da tale disposizione che, ai fini della imputazione dei componenti negativi di reddito, in mancanza di diverse disposizioni specifiche, la regola è rappresentata dal principio di competenza e che la stessa può essere derogata, in favore del principio di cassa, solo laddove vi sia incertezza nell’an o indeterminabilità nel quantum. In altri termini, i componenti negativi che concorrono a formare il reddito possono essere imputati all’anno di esercizio in cui ne diviene certa l’esistenza – o determinabile in modo obiettivo l’ammontare – qualora di tali qualità fossero privi nel corso dell’esercizio di competenza (Cass. 12/02/2013, n. 3368).

Nel caso di specie è pacifico che, come espressamente ammesso anche dalla ricorrente, la componente negativa di reddito di che trattasi si è manifestata, “con elementi certi e precisi”, solo a seguito delle comunicazioni del 5/5/1999 e del 19/7/1999 della soc. Trasporti Parma (v. ricorso, pag. 3).

8. Non è dato comprendere infine – nè la ricorrente lo spiega – il rilievo che ai fini predetti (e segnatamente sia riguarda alla corretta applicazione delle norme, sia con riguardo alla ricostruzione della fattispecie) dovrebbe assumere la circostanza (peraltro a quanto consta non oggetto di dibattito nel giudizio di merito) che la “Autotrasporti P. s.n.c.” aveva depositato nei termini la dichiarazione Unico 99, relativa ai redditi 1998, correttiva, inserendo le rettifiche per cui è causa e che tale dichiarazione, alla quale il socio si deve attenere, sostituisce l’originaria dichiarazione, diventando essa stessa la dichiarazione originaria.

9. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Non avendo gli intimati svolto difese nella presente sede, non v’è luogo a provvedere in ordine al regolamento delle spese.

PQM

 

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2017

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