Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13048 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. III, 14/05/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 14/05/2021), n.13048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33792-2019 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in Crotone, via Libertà

27/b, presso lo studio dell’avv. Assunta Fico, che lo rappresenta e

difende per procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1683/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 04/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1- A.S. propone ricorso, articolato in quattro motivi, notificato il 28 ottobre 2019, avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 1683/2019, pubblicata il 4 settembre 2019, con la quale si è confermato il diniego di tutte le varie forme di protezione internazionale richieste.

Il ricorrente, proveniente dal (OMISSIS), riferisce nel ricorso la propria vicenda personale. Egli, come riferito già alla Commissione territoriale, lasciava la propria regione di origine, il (OMISSIS), a seguito di un episodio di violenza verificatosi nel negozio di barbiere della sua famiglia nel quale rimaneva ucciso il fratello, aggredito da tre clienti ubriachi. Affermava che gli aggressori minacciavano la sua famiglia e picchiavano il padre per dissuadere il ricorrente dal testimoniare contro di loro. Per questo, essendo consapevole di non poter contare sulla difesa della polizia, fuggiva.

Sostiene di aver anche prodotto documenti a sostegno della ricostruzione della propria vicenda personale, quali il certificato di morte del fratello e la propria denuncia alla polizia, e anche di aver compiuto un proficuo percorso di integrazione in Italia, arrivando a conseguire un posto di lavoro stabile, percorso del quale non si era tenuto alcun conto, come pure non era stata rinnovata la audizione del ricorrente, pur da lui richiesta.

2. Il Ministero ha depositato un atto con il quale si dichiara disponibile alla discussione orale.

3. La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la sussistenza del vizio di motivazione. Denuncia di aver chiesto che la sua audizione fosse rinnovata, e che la corte d’appello abbia respinto la sua richiesta motivando nel senso che egli fosse stato messo in condizioni di riferire ogni circostanza utile già dinanzi alla Commissione, e che abbia in effetti illustrato con chiarezza le ragioni del suo espatrio, per cui la rinnovazione dell’audizione è stata ritenuta superflua; però poi alla pagina successiva della stessa motivazione, le domande di protezione internazionale sono state tutte rigettate perchè le dichiarazioni rese sono state ritenute “carenti dei requisiti di veridicità, appositamente previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e non sono sufficientemente circostanziate”: il primo motivo è fondato e va accolto, in quanto la motivazione è totalmente contraddittoria laddove dapprima afferma la superfluità della audizione e poi rigetta le domande perchè alcune circostanze non sono state sufficientemente chiarite: per poter porre queste valutazioni a sostegno della propria decisione avrebbe dovuto previamente risentire il richiedente, per dargli l’opportunità – come da lui richiesto – di chiarire gli aspetti poco chiari e solo se all’esito dell’audizione avesse ritenuto non sufficientemente limpida la vicenda e convincente il racconto avrebbe potuto legittimamente rigettare la domanda.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa valutazione dei documenti prodotti e cioè del certificato di morte del fratello e della denuncia fatta in (OMISSIS). Sostiene che la corte d’appello non ha dato atto dell’avvenuto deposito dei suddetti documenti e successivamente non li ha tenuti in alcun conto.

Il motivo deve ritenersi inammissibile in quanto, in violazione delle prescrizioni contenute nell’art. 366 c.p.c., n. 6, il ricorrente non specifica come prescritto quando sono stati prodotti i documenti cui fa riferimento, quale sia la loro collocazione nel fascicolo di merito, e neppure ne riproduce il contenuto in questa sede.

Con il terzo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 – 3 – 5 – 6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, degli artt. 8 – 27 in quanto manca la valutazione in ordine alla sussistenza o meno delle condizioni per fruire della protezione sussidiaria. La corte d’appello ritiene che la sua sia una vicenda di rilevanza meramente privata, che avrebbe potuto risolversi con l’intervento delle forze di polizia, mentre il ricorrente afferma di essere fuggito non sentendosi protetto, ed al contrario essendo esposto al rischio di subire danni gravi alla persona, anche a causa dell’inidoneità a tutelarlo della forze di polizia del proprio paese e la mancanza di una indagine officiosa sul punto.

Anche questo motivo deve essere accolto, perchè il provvedimento impugnato non dà atto, nell’esporre le conclusioni cui è giunto e sulla base di una motivazione inidonea, come discende dall’accoglimento del primo motivo, ad escludere la credibilità del soggetto, di aver compiuto alcun accertamento officioso, nel dispiegamento del proprio dovere di cooperazione istruttoria, per verificare le condizioni di sicurezza del paese di provenienza del ricorrente, l’affidabilità del sistema di polizia, nè contiene alcun riferimento alle COI (Country of Origin Informations) sulla base delle quali abbia fondato il proprio convincimento.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3. Censura la sentenza impugnata per non aver adeguatamente valutato nella motivazione le gravi ragioni di ordine umanitario e le condizioni di vulnerabilità del richiedente alla luce del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.

L’accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del quarto. Atteso che dovrà essere rinnovata la valutazione sulla sussistenza del diritto alla più ampia protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 nel caso in cui questa, a conclusione del nuovo esame del merito, non potesse essere concessa, il giudice dovrà provvedere a verificare se sussistono i presupposti della residuale protezione minore.

Conclusivamente, il primo e il terzo motivo di ricorso sono accolti, il secondo è inammissibile, il quarto è assorbito. La sentenza è di conseguenza cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, assorbito il quarto.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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